La crescita di Mario Monti somiglia alle brioches di Maria Antonietta

Pubblicato su “Il Foglio” il 25-09-2012

Adesso il governo  parla di una recessione per l’anno in corso pari a -2,1% del Pil a fronte di una  previsione iniziale della metà esatta. E’ ciò che capita quando si dicono le bugie  e non si vuole dire agli italiani le cose come stanno. Ma anche in questi giorni non si dice la verità. Infatti il-2,1% del Pil resterà tale a fine anno solo se la caduta dell’economia si arresterà. Cosa del tutto inverosimile visti gli andamenti della produzione industriale e dei consumi di beni durevoli. Se il ritmo di caduta dell’economia continuerà alla stessa velocità del primo semestre arriveremo al -2,6% a fine anno mentre se dovesse accelerare andremo quasi al -3% come diciamo dall’inizio dell’anno. Questi numeri, che sembrano aridi calcoli per gli addetti ai lavori, significano meno posti di lavoro per centinaia di migliaia di persone, una lenta erosione della massa spendibile delle famiglie del ceto medio impiegatizio e del lavoro autonomo, e, quel che è ancora più grave, una progressiva riduzione della speranza in uno con la crescita dell’area della povertà e dell’indigenza. Non a caso, infatti, la recessione del 2012 estenderà l’ombra lunga della decrescita anche nel 2013 nel quale  non ci sarà alcuna ripresa economica e i crescenti bisogni di oggi  delle famiglie e delle piccole imprese si accentueranno. Non si offenda il presidente Monti se gli diciamo che quando, con atteggiamento composto e serioso, dice agli italiani che la ripresa è dentro di noi ci ricorda moltissimo le “brioches “ di Maria Antonietta. Ma è il famoso destino cinico e baro che ci spinge verso una nuova povertà di massa o è possibile fare qualcosa?  Da sempre siamo stati convinti che la partenza a razzo di questo governo per contenere il deficit di bilancio, compreso l’aumento delle tasse, era un obbligo economico  prima ancora che politico ed europeo. Da sempre, però, abbiamo spiegato e richiesto che l’onere dell’aggiustamento dei conti pubblici non ricadesse solo sulla parte più debole e più sofferente del paese. Anche qui non si trattava solo di un bisogno di maggiore equità e giustizia sociale, di cui pure è necessario farsi carico, ma di una visione economica capace di unire rigore e austerità nel primissimo tempo e crescita e sviluppo nel tempo immediatamente successivo. Ed invece non c’è stata equità, e moltissime famiglie italiane cominciano ad avere fame, e non si è neanche accesa una fiammella di speranza per riprendere la crescita e l’occupazione. Come si può immaginare di non condividere l’onere dell’aggiustamento dei conti pubblici con la parte più ricca del paese, che peraltro si è anche dichiarata disponibile attraverso alcune sue voci autorevoli, e come si può pensare di fare sviluppo quando gli oltre 35 decreti legge per essere attuati hanno bisogno di 400 decreti ministeriali di cui sino ad oggi sono stati emessi poco meno di 100? Eppure proposte specifiche, a cominciare da quelle suggerite da noi su queste colonne, sono state fatte sia per ridurre il debito di almeno 120-150 miliardi di euro in tempi brevissimi sia per finanziare la ripresa dell’economia italiana  che resta molto al di sotto della media della zona euro e che la crisi della Fiat, figlia del fermo pluriennale della progettazione di nuovi modelli, aggraverà con l’assistenza compunta e composta del nostro governo come si evince dall’ermetico comunicato di Palazzo Chigi. La riduzione dello spread di cui siamo informati ogni minuto in tempo reale e che è ancora molto alto rispetto ai primi mesi del 2011, è strettamente legata all’azione della Bce di Mario Draghi e alle stentate decisioni del consiglio europeo del giugno scorso nel quale Monti ha svolto, per i suoi antichi collegamenti e servizi, un ruolo positivo. Detto questo, però, l’economia reale italiana sta miseramente crollando dinanzi ad un governo attonito nel mentre larga parte del sistema politico italiano intona il “magnificat” sull’amico Monti, per oggi e per sempre, portandoci con la memoria a quell’orchestra che continuava a suonare mentre il Titanic affondava.

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