L’inchiesta USA sulle presunte tangenti in Kazakistan. Eni, quei sospetti a tutto gas.

kazakistanArticolo scritto il 30 maggio 2003 con lo pseudonimo di Geronimo di Paolo Cirino Pomicino pubblicato sulla rivista settimanale politica “il Mondo”.

Da mesi, ormai, molti giornali americani, tra cui gli autorevoli New York Times e Wall Street Journal Europe, ne parlano ma, almeno in Italia, sembra che nessuno voglia sentire. Dall’ autunno dello scorso anno, il dipartimento di giustizia americano ha messo in stato di accusa un uomo di affari newyorkese, James H. Giffen, arrestato nel marzo scorso e poi rilasciato dietro cauzione di 10 milioni di dollari, e un alto dirigente della vecchia Mobil-Oil incorporata oggi nella Exxon, J. Bryan Williams III, per aver pagato quasi 80 milioni di dollari di “commissioni” a funzionari del Kazakistan e allo stesso presidente Nursultan Abishevich Nazarbajev. Le commissioni, ritenute dal dipartimento di giustizia Usa e dall’FBI veri e propri compensi corruttivi, sarebbero state pagate a fronte di contratti per lo sfruttamento di alcuni grandi giacimenti di petrolio e di gas che sono la grande ricchezza del Kazakistan.
Nei documenti a sua disposizione, l’accusa parla di sei affari petroliferi chiusi in quel Paese con il pagamento di queste sospette commissioni e in due di questi vi sarebbero coinvolte anche alcune compagnie petrolifere europee tra cui la nostra Eni. In realtà di questa vicenda fummo tra i primi a scriverne nel libro Dietro le quinte avendone sentito parlare dallo stesso Gabriele Cagliari nel lontano 1991. Gli accordi con il governo del Kazakistan si sarebbero poi chiusi qualche anno più tardi con il pagamento, come sostiene il dipartimento di giustizia americano, di queste corpose commissioni. Quando parlammo nel nostro libro di questo episodio, riferimmo anche di uno scritto anonimo pervenutoci alcuni anni or sono secondo cui l’Eni avrebbe pagato una commissione a un generale giordano per riscuotere alcuni crediti dal vecchio regime di Saddam Hussein bloccati dalle misure di embargo attivate dopo la Guerra del golfo del 1991. Da quell’anonimo risulterebbe addirittura che alcune di queste commissioni sarebbero state pagate con l’assenso di un autorevole sostituto procuratore della Repubblica. Dopo le inchieste del dipartimento di giustizia americano che si muove sulla base del Foreign corrupt practices act del 1997, trova un’autorevole conferma quanto abbiamo scritto quasi un anno fa senza che nessuno, peraltro, ci abbia mai smentiti. Oggi tutta la storia viene ripresa e rilanciata da moltissimi quotidiani americani e francesi. E’ di questi giorni, infine, una nuova notizia che, come spesso capita, può essere ritenuta un fatto normale o un episodio inquietante.
Alcune settimane fa è passato per Roma il presidente Nazarbajev che ha ricevuto presso l’albergo Hilton un autorevolissimo responsabile dell’Eni. Se non ci trovassimo nel pieno di un’inchiesta americana su presunti fondi neri pagati al presidente del Kazakistan da molte compagnie petrolifere tra cui l’Eni, l’incontro sarebbe stato un semplice atto di omaggio verso un Paese in cui l’Eni ha forti e consolidati interessi. In queste condizioni, invece, sarebbe utile, proprio per diradare qualunque sospetto di intese per depistare le indagini americane, che l’Eni chiarisse ciò di cui parlano i giornali americani riportando gli atti di accusa del dipartimento di giustizia e comunicasse se davvero c’è stato quest’ultimo incontro di un suo autorevole rappresentante con il presidente Nazarbajev a Roma. L’Eni ha il 30% del suo capitale nelle mani dello Stato italiano, ma circa il 40% in quelle dei fondi americani. Ci dispiacerebbe se a risponderci fossero, tra qualche tempo, l’FBI e il dipartimento di giustizia di Washington.

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