L’Italicum e il rischio di un autoritarismo senza balcone

articolo pubblicato su Il Mattino il 20 aprile 2015

Dalle colonne del Corriere della Sera un autorevole costituzionalista, Michele Ainis, rileva le travi che sarebbero negli occhi della nuova legge elettorale, quell’italicum contro il quale da quasi un anno argomentiamo spesso nel silenzio complice di tanti. Meglio tardi che mai, naturalmente, potrebbero dire quanti hanno a cuore la democrazia politica di stampo europeo. Quel che colpisce, però, nell’analisi di Ainis non è tanto la diagnosi che condividiamo anche se la sua è molto più leggera della nostra, quanto la terapia che propone. Dice Ainis, infatti, con l’Italicum non solo si dà un premio sproporzionato al primo partito che, nel migliore dei casi avrebbe il 40% dei votanti (sulla base delle ultime affluenze alle urne parliamo del 20% dei cittadini) ma si frantumano le opposizioni grazie alla soglia di accesso del 3% per cui il risultato finale sarebbe la ratifica del signoraggio del segretario del primo partito che sarebbe padrone ad un tempo del primo gruppo parlamentare grazie ai capilista bloccati e, naturalmente, del governo oltre che della corte costituzionale e delle nomine delle autorità indipendenti che parlamento e governo dovranno indicare. Insomma un chiaro sistema autoritario senza precedenti nell’Europa comunitaria. Logica vorrebbe che a questo punto si eliminasse quel premio di maggioranza vergognoso che fa impallidire anche la legge Acerbo e si mettesse una soglia di accesso più alta come propone Ainis per favorire le ricomposizioni politiche dei piccoli partiti di guisa che sia la politica e non le tecnicalità elettorali a ridare all’Italia un sistema politico degno di questo nome. Ed invece l’autorevole costituzionalista prende una strada che, come si suol dire, aggiunge benzina sul fuoco. Infatti Ainis invece di aggredire quel premio di maggioranza inesistente nell’Europa democratica, propone di lasciare quella vergogna aggiungendo anche un premio per il secondo partito  in maniera tale da creare artificialmente un bipolarismo istituzionale in cui la somma dei due partiti molto probabilmente non raggiungerebbe la maggioranza dei cittadini marginalizzando tutte le altre opzioni politiche che pure esistono nella società italiana. La domanda che facciamo con grande amicizia e rispetto per Ainis è la seguente: perché, vista la crisi dei partiti, intestardirsi nel volere una democrazia parlamentare pasticciata che viene trasformata in una sorta di presidenzialismo autoritario privo di ogni contrappeso? Se la crisi dei partiti è  cosi forte non solo sul piano numerico ma anche sul piano culturale perché non seguire la strada della quarta Repubblica francese che dinanzi alla sua crisi che tanto somiglia a quella nostra attuale decise di cambiare la forma dello Stato approdando al semipresidenzialismo rifiutando di metter mano alla forma del potere come sta facendo l’attuale maggioranza? Francia e Germania, le due maggiori democrazie europee con le quali ci confrontiamo, hanno scelto ciascuna una delle due forme di democrazia. Scegliamone una tra quelle e non andiamo in cerca della terza via in un paese che ha già conosciuto l’orrore della dittatura e che oggi, continuando nella direzione sbagliata, andrebbe incontro ad un autoritarismo senza balcone e senza gagliardetti ma altrettanto soffocante con il rischio che un’altra minoranza del paese si armi contro le due minoranze parlamentari ed il loro duetto.

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