Consigli sulle pensioni per evitare lotte inutili tra poveri e ceto medio

articolo pubblicato su Il Foglio Quotidiano il 17 novembre 2015

Il tema del rapporto tra i tecnici e la politica con le annesse polemiche ormai data da almeno due decenni e continuerà ancora per molto tempo con altalenanti fortune. La proposta “pensionistica” di Tito Boeri rilancia alla grande il tema visto che il governo,questa volta,scopre la saggezza della prudenza. Il simpatico e autorevole economista che presiede oggi l’istituto di previdenza testimonia infatti con la sua proposta il limite che finiscono per avere i tecnici quando si misurano con problemi complessi. E ci spieghiamo. Il presidente dell’Inps ha il diritto-dovere di trasmettere alla politica,e per essa,al governo pro tempore tutti i dati e le previsioni sull’andamento  della spesa previdenziale nei prossimi decenni con annessi suggerimenti ma sbaglia se offre una proposta non richiesta elaborandola nel chiuso della spesa previdenziale. Il tema pensionistico, infatti, è fortemente influenzato da grandi questioni esterne al perimetro della sua spesa, questioni che incidono non solo sul presente ma innanzitutto sulle previsioni future. Indichiamone qualcuna. Innanzitutto la crescita economica. Oggi la spesa previdenziale ha un rapporto del 15% sul Pil e la sua evoluzione  sarà difficilmente sostenibile nel tempo se il prodotto interno, e cioè la ricchezza prodotta dal paese, non aumenta nel tempo con tassi sufficienti. Tanto per capirci il tasso di crescita nel decennio 1982-1991 crebbe in termini reali del 27% e l’incidenza della sfera previdenziale sul Pil era del 10% mentre nel decennio successivo solo del 18% e nel decennio ancora successivo di circa il 2% e il rapporto spesa previdenziale/Pil è passato al 15%. Non v’è dubbio che in questo caso il tema della sostenibilità della spesa pensionistica esplode e non solo per l’aumento del tempo di vita. La crescita dunque resta uno dei pilastri fondamentali per ragionare in termini di sostenibilità della spesa pensionistica e, visti i dati appena ricordati, la politica dovrebbe ragionare sul come garantire al paese una crescita adeguata tenendo conto, naturalmente, del contesto esterno e delle politiche anti cicliche attivate anche dall’Europa comunitaria. Dal 1995 l’Italia è stata la cenerentola d’Europa per tasso di crescita dovuta in larga parte al mancato incremento della produttività del lavoro a sua volta legato al rallentamento della innovazione di processo e di prodotto. Tutto questo si è trasferito sui salari che sono stati compressi e a sua volta sulla sostenibilità della spesa previdenziale. Ma andiamo avanti nel nostro ragionamento. Altro elemento che incide non poco, direttamente e indirettamente, sulla spesa previdenziale è lo stock del debito cumulato che con gli enormi interessi pagati toglie risorse alla crescita, ai sistemi previdenziali ed assistenziali (negli ultimi 24 anni il debito è aumentato del 170% contestualmente all’impoverimento di massa ed in particolare del ceto medio). Altro elemento è la politica fiscale che incide non poco sui redditi da lavoro e su quelli previdenziali. Se, come capita ormai da 25 anni l’uso finanziario del capitale è largamente privilegiato sul suo uso produttivo, l’economia reale ristagna o ne soffre e a seguire la diffusione del benessere si riduce e la crescita si ferma dando luogo ad un’onda anomala di povertà che complica maledettamente la vita di un intero paese e rende insostenibile la spesa previdenziale. Ultimo dato la crescita delle disuguaglianze che sono il frutto di tutto quanto abbiamo citato sinora. Ed allora, venendo al dunque, si commette un errore se si pensa di recuperare equità ed efficienza nel sistema pensionistico incidendo solo su di esso e tralasciando le grandi cause ricordate. Il paese, e la stessa Europa, hanno bisogno di una visione d’assieme perché nella vita di una comunità nazionale tutto si tiene mentre se si esamina comparto per comparto si finisce fuori strada come credo sia avvenuto al nostro simpatico Boeri la cui autorevolezza scientifica è fuori discussione. Se è condivisibile un gesto di solidarietà per dare 500 euro agli over 55 fuori dal mercato del lavoro è altrettanto essenziale che tutti i redditi oltre una certa soglia siano coinvolti per evitare il falso storico che i ricchi veri in questo paese siano solo i pensionati con un reddito previdenziale di 5000 euro lordi al mese (poco più di 3000 netti). Ma accanto a questo gesto di solidarietà è urgente eliminare il prelievo fiscale sui rendimenti dei fondi pensione i quali concorrono al montante contributivo per una vera pensione complementare per le future generazioni onde evitare che con il solo sistema contributivo si prepari una ondata di pensionati “poveri”. Il prelievo fiscale avverrà quando questi rendimenti, nel tempo, si trasformeranno in reddito pensionistico. Come si vede nelle vicende previdenziali, come per tutta l’economia, c’è la necessità che vi sia una visione d’insieme senza la quale si scatenerà solo una guerra tra i poveri e il ceto medio mentre proliferano indisturbate  ricchezze notevoli totalmente esenti da una comune responsabilità civile.

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