Il salvataggio delle banche. La strada per fiducia e risparmio

articolo pubblicato su Il Sole24Ore il 5 gennaio 2016

Il salvataggio delle 4 banche locali (Etruria, Banca Marche, Carife e Carichieti) attuato con un decreto del governo che ha travolto migliaia di piccoli risparmiatori che avevano sottoscritto obbligazioni subordinate ha improvvisamente gettato una luce sinistra su di un perverso groviglio di norme europee di cui avvertimmo il pericolo proprio da queste colonne già nell’aprile del 2014. E così la politica, e in particolare il governo, è stato messo sul banco degli accusati o per ignoranza o per complicità. E ci spieghiamo. Il decreto in questione ha salvato ciò che era possibile salvare a quella data e cioè i depositanti oltre i centomila euro e gli altri obbligazionisti per cui scagliarsi contro quel provvedimento significa distogliere l’attenzione dalle grandi responsabilità che il governo, che è anche legislatore europeo attraverso il consiglio dei capi di stato e di governo, ha avuto nel definire quella folle disciplina della Unione bancaria entrata in vigore dal primo gennaio. Le follie di quella disciplina sono nell’ordine: a) si impedisce ad uno Stato membro della Unione Europea di entrare, anche transitoriamente, nel capitale di una banca in difficoltà per salvarla mentre nulla è vietato ai fondi sovrani dell’Oriente che possono quindi, se lo volessero, acquistare a prezzi stracciati pezzi importanti del nostro sistema bancario; b) la ratio di questo scellerato impedimento che non esiste in paesi liberisti come gli USA sta nel pensiero unico secondo il quale l’onere della  tutela dei risparmiatori deve essere lasciato al mercato senza però disciplinare quelle famose garanzie europee a tutela dei depositanti che pure dovevano essere contestuali alla nuova normativa sulla risoluzione delle banche in difficoltà; c) su quale base giuridica, logica e morale il peso di un default bancario si trasferisce anche sui depositanti per la parte eccedente oltre i 100mila euro non è noto. Questa è una norma in netto contrasto con l’articolo 47 della nostra costituzione che tutela il risparmio visto che i depositanti non hanno alcuna responsabilità nella nomina degli amministratori e quindi nella gestione della banca nè sono investitori se non per quella parte che avessero investito. E forse utile ricordare che i grandi depositanti nella stragrande maggioranza dei casi sono le aziende che hanno nei propri conti correnti il circolante necessario alla loro vita corrente; d) quarta ed ultima tra le maggiori follie è che si disciplina la Unione bancaria dimenticando di disciplinare i mercati finanziari con  i necessari divieti di diffondere attraverso il mercato degli sportelli bancari prodotti finanziari strutturati ed opachi la cui compravendita dovrebbe essere limitata solo agli investitori istituzionali a testimonianza di una intollerabile ed arrogante egemonia della industria finanziaria rispetto alla economia reale che sta alimentando bassa crescita, ricchezze elitarie e povertà di massa. Per brevità di spazio ci fermiamo qui indicando anche alcuni rimedi di pronto soccorso per evitare un contagio di diffidenza nei riguardi dell’intero sistema bancario. In attesa di una iniziativa forte ed immediata in Europa per una rivisitazione e completamento di questa sciagurata disciplina della Unione bancaria il governo deve sollecitare formalmente la cassa depositi e prestiti ed i fondi pensione ad intervenire nel capitale delle banche che dovessero avere difficoltà patrimoniali in particolare nel settore delle popolari che stanno trasformandosi in SPA favorendone in tal modo anche le possibili aggregazioni e facendo contestualmente saltare quello sciagurato accordo Padoan-Guzzetti secondo il quale le fondazioni dovrebbero ridurre la partecipazione nelle banche lasciando così spazio alla finanza internazionale. Lo stesso governo dovrà trovare il modo, anche con un decreto legge, per consentire al parlamento e a se stesso di adire la Corte Costituzionale su alcune norme europee che appaiono in netto contrasto con la nostra costituzione dichiarando nel contempo che la tutela del risparmio continuerà ad essere un obbligo morale e politico dal quale governo e parlamento non derogheranno. Solo in tal modo si ridarà  ai risparmiatori, alle famiglie ed alle imprese quella fiducia perduta per ignoranza, per noncuranza e forse per incaute complicità in attesa che torni la saggezza nella legislazione europea.

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