Giusto lasciare libertà di critica a una riforma copiata dal fascismo

articolo pubblicato su Il Giornale il 10 maggio 2016

Mai come questa volta alcuni magistrati come Armando Spataro, il capo della procura di Torino, ed altri ancora hanno sacrosanta ragione. E sembra strano che politici accorti come il Vicepresidente del CSM Giovanni Legnini ed il ministro di Grazia e Giustizia Andrea Orlando stiano per assumere comportamenti lesivi delle libertà personali. Ci riferiamo alla nota questione emersa in questi giorni sul diritto dei magistrati di partecipare o meno ai comitati del sì o del no sulla riforma costituzionale. Il buon Legnini dice che i magistrati possono esprimere la propria opinione (e ci mancherebbe altro!!!) ma non possono partecipare ad iniziative politiche in un senso o nell’altro. Non sappiamo se Orlando e Legnini abbiano fino in fondo consapevolezza che questa volta non si tratta di iniziative volte a bloccare o a lodare una legge qualunque (come, peraltro, ampiamente fatte nel passato nel silenzio assordante del CSM) ma ad approvare, in un referendum popolare previsto dalla legge, la carta fondamentale della nostra democrazia. Anzi, per essere più precisi, una riforma della carta costituzionale che modifica drasticamente la nostra democrazia politica. E ci spieghiamo. Per comprendere il senso vero di questa riforma essa va vista nel contesto istituzionale attuale e nelle nuove disposizioni della legge elettorale, il fatidico Italicum. Diciamo subito, tanto per essere chiari, che il combinato disposto della nuova riforma costituzionale e della legge elettorale già approvata comporta che gli italiani non voteranno mai più né i senatori né oltre la metà dei deputati entrambi nominati dalle segreterie di quelli che ancora oggi si chiamano impropriamente partiti. Ma non è finita. Se la riforma costituzionale venisse approvata, sempre per il richiamato combinato disposto con la legge elettorale, nell’unica camera, quella dei deputati, abilitata a dare la fiducia al governo, la maggioranza assoluta verrebbe data alla “migliore minoranza”, anche se dovesse rappresentare poco più o poco meno di un terzo dei votanti. Dinanzi a questo stravolgimento della nostra democrazia politica Orlando e Legnini vorrebbero mettere la museruola ad una categoria i cui rappresentanti associativi, peraltro, spesso offendono nel silenzio del CSM la generalità dei parlamentari italiani. Basterebbe, insomma, pensare solo a questi due effetti disastrosi, e cioè non scegliere più i nostri legislatori e consegnare il paese ad una minoranza, perché il paese insorgesse tutto intero. Purtroppo il conformismo e spesso la disperazione o le convenienze, lo impediscono ma resta il fatto che se passa questa riforma non avremo più né una democrazia parlamentare né una presidenziale. I sostenitori del sì, tra i tanti argomenti che portano, ce ne sono due che vanno stigmatizzati negativamente. Se si vuole rafforzare il governo rispetto al potere del parlamento la cultura politica ha una risposta democratica, il presidenzialismo all’americana che stabilizza l’esecutivo rafforzandolo, non certo il pasticcio di una democrazia parlamentare finta con un premio di maggioranza del 15% simile a quello presente nella sola Grecia. L’altro argomento è che si riducono i “politici” e si elimina il bicameralismo perfetto. La riduzione dei parlamentari può essere fatta anche con un sistema presidenziale che non consegnerebbe il paese ad una minoranza dei votanti ma alla maggioranza dei votanti. La seconda affermazione è falsa perché il Senato continua ad esistere anche se con funzioni ridotte. Noi non vogliamo scendere su altri aspetti pure importanti ma decisamente minori della nuova riforma costituzionale perché una democrazia snaturata dal mancato voto dei cittadini e governata da una minoranza dei votanti tutto sarà tranne che una democrazia di stampo occidentale. Se a tutto questo si aggiunge un sistema politico fatto di partiti personali, il cerchio si chiude e la democrazia politica per come esiste in Europa e negli USA sarà un doloroso ricordo. Ecco perché a Spataro e a chiunque altro ogni libertà va garantita. Una sfida però vogliamo lanciarla. I sostenitori del sì ci dicano qual è la differenza democratica tra la nuova riforma costituzionale accompagnata dalla nuova legge elettorale con il Regno d’Italia del 1923 quando fu varata la legge Acerbo di fascista memoria cui si opposero comunisti, socialisti e democristiani (allora “popolari”). Sino a quando non ci verrà spiegata noi ricorderemo a tutti che la storia si ripete sempre due volte, la prima come tragedia la seconda come farsa ma nella stagione della globalizzazione anche la farsa è una tragedia.

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