La lezione di Brexit nell’Europa a due velocità

articolo pubblicato su Il Mattino il 28 giugno 2016

Il voto referendario che ha spaccato in due la società inglese ha gettato nel panico anche la parte vincente tanto che il governo Cameron e la stessa Camera dei Comuni vorrebbe rallentare al massimo le procedure del divorzio. La Merkel, intanto, frena i combattivi spiriti di quanti vorrebbero iniziare le procedure oggi e non domani ma l’incontro di Berlino ha dimostrato che gli Stati e la Unione europea non possono muoversi con l’impeto del vendicatore. Naturalmente niente sarà come prima innanzitutto per la Gran Bretagna che era riconosciuta come il centro finanziario dell’Unione e di parte rilevante del pianeta con una propria moneta ma anche con un mercato unico di quasi 500 milioni di abitanti alle spalle. Tutto questo in parte si ridurrà e alla lunga l’economia inglese non potrà che soffrirne. Ma la Gran Bretagna rischia anche sul terreno della sua unità perché la Scozia e l’Irlanda del Nord hanno votato per rimanere in Europa e hanno tirato subito dal cassetto la richiesta di indipendenza. Anche per l’Europa il voto inglese nel medio-lungo periodo può creare problemi non ancora ben definibili grazie agli effetti imitativi che possono trovare terreno fertile nella grande area popolare di insofferenza verso questo tipo di Europa. È il caso di dire che l’Europa continentale o si dà una mossa, o i venti distruttivi dell’Unione potranno soffiare anche su alcuni altri paesi. L’intervento immediato che si chiede all’Unione è innanzitutto la messa a punto di una garanzia europea sui depositi bancari che peraltro doveva accompagnare il Bail-in e la rivisitazione di quest’ultimo quale testimonianza di un ritrovato spirito comunitario. Nel contempo vanno messi a punto anche alcuni provvedimenti per i mercati finanziari come il divieto delle vendite allo scoperto visto che la speculazione ha già fatto guasti ribassando valori azionari senza alcun riferimento ai fondamentali delle aziende e innanzitutto delle banche. Ma c’è anche da aprire un cantiere di medio periodo per rafforzare l’Unione e farla diventare veramente tale. Tre sono le indicazioni prioritarie che possono risvegliare un nuovo virtuoso sentimento europeo. La prima è quella di dare finalmente poteri pieni al Parlamento che dovrà eleggere nell’arco di 2 anni la Commissione mettendo in cantiere un nuovo progetto di costituzione evitando gli errori del passato quando si dette ad un gruppo di “illuminati” presieduto da Giscard D’Estaing l’onere di redigere un testo costituzionale. Quell’organismo di quasi 100 persone aveva al proprio interno solo 16 deputati europei e il testo fu puntualmente bocciato da Francia ed Olanda morendo così prima di nascere. Quella vicenda testimonia che se l’Europa punta ad una unione politica vera a guidarla non può che essere il Parlamento e non più il Consiglio dei capi di Stato e di Governo che è il vero punto di crisi dal momento che si è ridotto ad una perenne negoziazione tra Stati nazionali senza più avere un respiro europeo. La seconda indicazione è quella della unione fiscale degli Stati membri per evitare politiche fiscali competitive e per dare al mercato unico un profilo fiscale altrettanto unico. Ci vorranno almeno 2 anni per realizzarlo ma è lo stesso tempo necessario per sciogliere i vincoli comunitari con la Gran Bretagna. Terza indicazione riguarda l’istruzione e la formazione delle nuove generazioni. Va messa in campo una piattaforma comune dell’istruzione scolastica sulla quale gli Stati membri possano aggiungere, se lo vogliono, alcune specificità nazionali per formare i futuri cittadini europei che alla lunga saranno la vera forza cementante della Unione europea. Certo, vi sono molte altre cose da correggere, ma queste indicate sono gli architravi futuri sui quali costruire quell’unione politica che in questi ultimi 20 anni si è lentamente sfarinata. La vicenda inglese, però, ci dice altre 2 cose che non dovremmo dimenticare. La prima è che su vicende complesse come quella dell’Unione europea una società non può essere chiamata ad esprimersi con un si o con un no. La democrazia diretta da che mondo è mondo produce fratture sociali, follie e, molto spesso, derive autoritarie mentre la democrazia rappresentativa riesce a filtrare gli umori della pancia per garantire il primato della ragione che ha sempre uno sguardo più lungo della pancia. La seconda lezione che non dovremmo dimenticare è che la fonte delle drammatiche disuguaglianze sociali che da diversi anni hanno alimentato il distacco tra società e governi in Europa e nell’Occidente sta tutta nell’egemonia di un capitalismo finanziario che sta mettendo in ginocchio l’economia reale producendo ricchezze elitarie e grandi povertà di massa. Ma di questo avremo tempo di riparlarne mentre ora bisognerà mettere “la mordacchia” alla speculazione sui mercati finanziari che è perennemente in agguato allertando tutte le autorità di controllo e con alcuni provvedimenti urgenti.

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