Le riforme di Re Giorgio e il germe dell’autoritarismo

articolo pubblicato su Il Fatto Quotidiano il 24 luglio 2016

Durante i primi anni del secondo dopoguerra il popolo romano diceva “gratta il russo esce il cosacco”. Oggi va sempre più di moda “gratta Napolitano esce lo stalinista”. Una esagerazione? Forse, ma quale statista democratico potrebbe suggerire un cambio della legge elettorale solo per non far vincere una determinata forza politica, nel caso specifico, il movimento 5 stelle? Quel suggerimento dell’ex presidente della repubblica detta in un’intervista non smentita sembra una “voce dal sen fuggita” che testimonia una vecchia concezione autoritaria ed utilitaristica di chi dinanzi alle tragedie della storia si è sempre girato dall’altra parte. Se questa, dunque, è la sua vocazione abbiamo la conferma “per tabulas” che Napolitano, quando era presidente della repubblica, si è mosso con gli stessi obiettivi prima facendo senatore a vita Mario Monti per portarlo al governo ma più ancora quando, dopo una chiacchierata di due ore con Renzi, ha avallato una crisi extraparlamentare del governo Letta per mettere lo stesso Renzi a Palazzo Chigi e garantirgli poi una legge elettorale e una riforma costituzionale che fanno a pezzi i principi di fondo della democrazia politica perchè toglie al popolo il diritto di scegliere la maggioranza dei parlamentari e surrettiziamente cambiano, con il ballottaggio, la forma di governo trasformandolo da parlamentare in presidenziale. Durante il ballottaggio, infatti, i partiti dovranno indicare il nome del premier il quale, alla fine, potrà dire di essere stato eletto dal popolo e la fiducia del parlamento a quel punto sarà solo un dato formale grazie anche all’allucinante premio di maggioranza che farebbe impallidire finanche l’on. Acerbo. Giunti a questo punto, però, il presidente emerito si è accorto che forse quel disegno autoritario, pensato e cullato insieme a Renzi, potrebbe finire per avvantaggiare “il re di Prussia”, nel caso specifico i grillini. Ed allora contrordine vecchi compagni e nuovi democristiani, cambiamo la legge, ma naturalmente nel senso peggiorativo.  L’indecente premio di maggioranza può essere dato già al primo turno alla coalizione che prende più voti (il M5S, come si sa, non fa coalizione) o diversamente si faccia il ballottaggio a tre introducendo così una corsa presidenziale vera e propria tra più candidati. Insomma bisogna trovare il modo per far vincere Renzi, punto e basta! Vorremmo ricordare al nostro quasi coetaneo che la democrazia parlamentare si chiama tale perchè è il parlamento nella sua sovranità che forma e disfa la maggioranza di governo dando poi la fiducia al presidente del consiglio mentre se si vuole che dall’urna esca “il vincitore” capo dell’esecutivo come dicono gli ignoranti, si deve proporre una riforma costituzionale diversa che preveda l’elezione diretta del presidente della repubblica, con il contrappeso di un parlamento rappresentativo. Tutto il resto è noia avrebbe detto Califano mentre per noi è un tragico germe velenoso di un nuovo autoritarismo.

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