L’asse May-Trump

articolo pubblicato su Il Foglio il 28 gennaio 2017

Dietro il braccio armato degli Stati Uniti c’è sempre una mente inglese. Era questa la convinzione dei circoli diplomatici ancor prima della seconda guerra mondiale e il secondo dopoguerra l’ha confermata più volte sino alla sciagurata guerra contro Gheddafi. Ultima conferma di questo assioma è l’incontro di qualche giorno fa tra Theresa May e Donald Trump. Quanti erano presenti alla conferenza stampa hanno avuto la sensazione netta che la May traducesse in maniera rassicurante il linguaggio scoppiettante e spesso contraddittorio di Donald Trump che assentiva con il capo ad ogni parola della May. E tutti hanno ricordato il binomio Reagan-Thachter che avviò quella politica economica e fiscale che dette origine a quel parto sciagurato del capitalismo finanziario. Insomma l’antico rapporto tra GB e Usa (la mente ed il braccio) si è consolidato con la Brexit ed il linguaggio rassicurante della May verso il ceto medio operaio e professionale e verso la NATO e l’Europa offre una copertura ed una garanzia al funambolismo spesso dilettantesco del nuovo presidente americano. D’altro canto la City e Wall Street sono le due maggiori piazze finanziarie e nel disordine economico creato proprio dal capitalismo finanziario i maggiori interessi si rispecchiano in quelle piazze ed in quelle piazze le leadership anglo-americane devono trovare un nuovo filo conduttore da imporre al mondo intero ed alle sue inquietudini. È un paradosso la diversità di linguaggio usato dal presidente cinese XI Jinping al Forum Economics di Davos sull’economia di mercato e sulla globalizzazione rispetto alla preannunciata opzione protezionistica di Donald Trump o è, invece, la logica conclusione di percorsi diversi delle due grandi potenze mondiali? La May indica una strada più graduale, meno isolazionista riscoprendo quasi una vecchia concezione imperiale nella quale lo slogan “America first” di Trump può trovarsi a suo agio ma sempre nel solco di una difesa del capitalismo finanziario mentre Xi Jinping difende la globalizzazione ed il libero mercato anche se la irragionevolezza dei mercati finanziari ha fatto aumentare il potere della Cina e dell’est asiatico grazie ai propri fondi sovrani statali. Questo rilancio della forza del binomio anglo-americano, peraltro mai appannatosi, avrà rapidamente i suoi effetti sullo scenario geopolitico e sull’intera economia internazionale. Il discrimine tra questa nuova politica e la sua alternativa è tra chi difende la prevalenza di una economia finanziarizzata e chi sostiene la assoluta prevalenza dell’economia produttiva. Per dirla in maniera ancora più chiara lo scontro che si affaccia all’orizzonte sarà tra chi vuol favorire l’uso produttivo del capitale e quanti, al contrario, vogliono continuare a favorire il suo uso finanziario non avvertendo che quest’ultimo da tempo alimenta le grandi disuguaglianze sociali nelle democrazie occidentali. Uno scontro vasto e profondo, dunque, tra chi mette sul banco degli imputati la globalizzazione e chi, come XI Jinping, i mercati finanziari. Un dibattito ancora agli inizi e che può modificare antiche alleanze o quanto meno allentarle e costruire nuovi rapporti sino a ieri impensabili. L’Unione Europea, per secoli ispiratrice della civiltà occidentale ed americana, dinanzi a questo chiamarsi fuori della Gran Bretagna ed alla rinnovata vocazione imperiale anglo-americana non deve certamente mettere in discussione i valori democratici e culturali profondi che legano i rispettivi popoli ma devono sempre più guardare all’est del pianeta, ed in particolare alla Cina, che, paradosso della storia, difende l’economia di mercato e vuole correggere i mercati finanziari. Un obiettivo che non può non essere che condiviso da una Unione Europea colta e moderna insidiata però sempre più da nazionalismi a loro volta alimentati da diseguaglianze intollerabili tra ricchezze elitarie e povertà di massa che coinvolge, insieme alle periferie metropolitane ed agricole, anche il ceto medio ed il mondo giovanile.

paolocirinopomicino@gmail.com

2 Comments on "L’asse May-Trump"

  1. Simonetta d'Alessandro | 6 Febbraio 2017 at 20:06 | Rispondi

    Sempre perfetto

  2. Non posso che ammirare a volte la lucidità delle sue analisi (in mezzo al pressapochismo che contraddistingue le cosiddette nuove leve). Penso che non affronti però il nocciolo del problema. Ovvero “Cosa è l’Europa?”… Non è la Gran Bretagna che si è allontanata dall’Europa. E’ l’Europa che si è allontanata dalla Gran Bretagna.

    https://youtu.be/Q0DzlEJFmns
    https://youtu.be/nTUAQ7X0kh0

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