La zampata che manca

articolo pubblicato su il Foglio Quotidiano il 19 gennaio 2018

Abbiamo letto con scrupolosa attenzione le proposte dei rappresentanti dei maggiori partiti per la riduzione del debito. Molti punti sono in comune. Primo fra tutti la esigenza di avere una crescita più forte e più stabile di quanto registriamo dal 1995 ad oggi. Anche nel 2017, infatti, pur registrando un aumento del Pil dell’1,5% siamo tra gli ultimi nell’eurozona la cui media è del 2,2%. Abbiamo notato, poi, qualche pezzo di verità in tutte le proposte a cominciare dall’esigenza di aumentare gli investimenti pubblici. Negli ultimi 25 anni la spesa per investimenti è scesa in media di 2 punti l’anno privando così l’Italia di poco più di 600 miliardi di investimenti motivo per il quale il gap infrastrutturale e manutentivo dell’intero paese è paurosamente aumentato. Vi sono anche elementi di suggestione come quello in cui l’on. Borghi sottolinea che con il debito alto si può vivere tutta la vita perché esso non va eliminato ma rinnovato portando a testimonianza il Giappone che ha un rapporto debito/Pil molto più alto del nostro (200%). Se questo è vero va anche detto che dipende dalla quantità del debito (non a caso nell’eurozona si indica il rapporto ottimale del 60% nel rapporto debito/Pil) e dalla qualità dei detentori del debito di un paese. Nel caso del Giappone oltre il 90% è nelle mani delle famiglie e delle imprese giapponesi così come era peraltro anche in Italia sino al 1992. È il debito estero che mina la stabilità economica e riduce la sovranità di un paese. Inoltre la BCE se non può battere moneta è altrettanto vero che Draghi di fatto “ha battuto moneta” con il suo quantitative easing dando sollievo non solo ai debiti sovrani ma anche a grandi gruppi industriali per quasi 150 miliardi di euro. Infine tutti vogliono ridurre le tasse com’è peraltro nelle aspettative di tutti ma le proposte sono quasi tutte dubbie. Certo, vi sono anche differenze, tra chi vuole aumentare il deficit annuale con grande spavalderia (Lega e 5 stelle ma anche il partito di Grasso) e chi invece è molto più prudente come PD e Forza Italia. Detto tutto ciò, però, a nostro avviso manca “la zampata del leone” per innescare un circuito virtuoso fatto di crescita forte ma non “dopata” e perciò stabile nel tempo, di inflazione un po’ più spinta, e di una spesa decisamente più efficiente. Noi riteniamo che quella “zampata leonina” debba esserci per innescare una rapidissima e significativa riduzione del debito e avere un minore onere del servizio del debito e una più facile collocazione dei titoli pubblici liberando così risorse per fare gli investimenti che tutti propongono. Se invece si accentuasse il deficit annuale il debito aumenterebbe e l’economia italiana andrebbe in tensione finanziaria anche in considerazione che si è ridotto il quantitative easing (acquisto di titoli del debito pubblico per 30 miliardi al mese e non più 60 miliardi) e che quanto prima finirà. Pagare meno interessi, dunque, è essenziale e lo si può fare solo abbattendo una quota dello stock del debito che libera automaticamente una parte della spesa per interessi. Partendo da questa banale considerazione da tempo sollecitiamo una manovra di finanza straordinaria. Diciamo subito la nostra assoluta contrarietà a qualunque patrimoniale perché avrebbe effetti recessivi. La nostra scelta, al contrario, va verso un’offensiva di persuasione della ricchezza nazionale per dare alla Banca d’Italia per ammortizzare una parte del debito un contributo volontario a fondo perduto tra 30 mila e 10 milioni di euro a seconda della propria dichiarazione dei redditi, come persona fisica o persona giuridica, da versare in 2 annualità. Ai contribuenti che avessero fiducia nello Stato dando questo contributo volontario, lo Stato non potrebbe che rispondere con analoga fiducia evitando qualunque accertamento fiscale per 4 anni a condizione che l’ultimo reddito dichiarato aumenti dell’1,5% l’anno per il quadriennio successivo. Dalla storia dei contribuenti italiani noi stimiamo l’adesione del 40% della partita IVA e cioè 2 milioni di italiani. Calcolando una media bassa della forchetta indicata, e cioè di 80 mila euro pro-capite, il gettito sarebbe di almeno 160 miliardi di euro (oltre 10 punti di Pil) includendo l’aumento dell’imponibile e quindi del gettito fiscale nel quadriennio successivo. Tale riduzione dello stock del debito accumulato (cui andrebbe aggiunto anche la riduzione dello spread sul restante debito) libererebbe dalla spesa per interessi 6/8 miliardi di euro in ragion d’anno che in 4 anni darebbero al governo del paese 32 miliardi di euro per ridurre da subito le tasse e accentuare gli investimenti pubblici. Terminiamo la “zampata del leone” aggiungendo a tale iniziativa un vincolo di portafoglio del 50% degli investimenti delle casse previdenziali pubbliche e private (circa 10 miliardi l’anno) per acquistare immobili pubblici utilizzati dalla P.A. con un rendimento del 5% l’anno il cui onere, però, andrebbe per i primi 4 anni sulle spalle del ricavato dalla vendita. A conti fatti avremmo liberi nel quadriennio altri 32 miliardi che aggiunti ai risparmi della spesa per interessi avremmo una disponibilità complessiva di 64 miliardi di euro per ridurre tasse e finanziare lo sviluppo senza cambiare la vita di ciascuno ma solo quello della finanza pubblica e quindi del paese intero. Tutto ciò è possibile farlo in apertura di legislatura per poi attuare tutte quelle riforme di cui spesso si parla genericamente ma il cui cuore pulsante non è la riduzione della spesa quanto la più idonea allocazione della stessa per recuperare efficacia, efficienza e produttività dei servizi alla persona e dell’intera economia italiana. Con questa zampata di leone poi tutto sarà possibile diversamente tutto resterà nell’aria.

paolocirinopomicino@gmail.com

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