Terrore grilino

articolo pubblicato su il Foglio Quotidiano il 13 febbraio 2018

Ha ragione Claudio Cerasa quando richiama la classe dirigente ad esprimersi sui rischi che corre il paese dinanzi ad un possibile governo del movimento 5 stelle. Ha tanta ragione che lo stesso fondatore di questo movimento, immaginifico nel nome ma brutale nell’esercizio del potere, ha preso le distanze checchè se ne dica. Certo, la sua non è una scomunica perché non poteva esserlo pena la fine della sua carriera di attore comico ma è chiaramente iniziato un percorso di distacco per la forte preoccupazione di aver creato un movimento più autoritario di quanto lui stesso, forse, immaginava. D’altro canto è sufficiente ricordare i nomi dati alla piattaforma di Gianroberto Casaleggio, ai parlamentari e agli organi direttivi del movimento. La piattaforma si chiama Rousseau, il filosofo svizzero di origine francese fautore della democrazia diretta, i parlamentari si son fatti chiamare per molto tempo “cittadini”, l’organo principale del partito era “il direttorio”. Nomi celebri della storia della rivoluzione francese nel tentativo di ripercorrere la stessa strada senza neanche per un momento sorridere di sè stessi. Dopo “il cittadino” nel 1789 venne il terrore che, grazie a Dio ed al tempo che passa, oggi è mutato perché non ci sono più la ghigliottina e le teste che cadevano nel canestro con a fianco le “tricoteuses” ma vi sono le espulsioni e la gogna. Se la memoria non ci tradisce, ben 37 sono stati i parlamentari espulsi dal movimento oltre al primo sindaco pentastellato, il parmense Pizzarotti, e tantissimi altri militanti. Forse è utile ricordare che nella storia chi ha tolto la libertà ai parlamentari prima o poi l’ha tolta anche al paese. Certo, nessuno più si affaccerà da un balcone e meno che meno metterà per le strade i carri armati (anche questo lo dobbiamo all’Europa che abbiamo costruito) ma attenzione, l’autoritarismo cambia vestito ad ogni stagione e spesso mette il doppio petto o veste casual ma è sempre autoritarismo.  E tanto per continuare la comica similitudine delle parole usate dal movimento con quelle in uso durante la rivoluzione francese dopo il terrore arrivò il direttorio e dopo il direttorio arrivò Napoleone Bonaparte. Ora, più modestamente, è arrivato il Capo politico, Luigi Di Maio. Non sembri la nostra una strumentale caricatura perché le parole sono pietre e quelle che ciascuno di noi usa danno il profilo del nostro agire e del nostro essere. Non a caso il Capo politico ha fatto e disfatto liste e capilista nella grandezza (!?!) della sua solitudine a dispetto della ridicola liturgia delle parlamentarie con il clic. Ma non è finita. Accanto al Capo politico c’è il garante eletto a tempo indeterminato il quale è il depositario finale del bene e del male che potrà esserci nel vivere quotidiano del movimento e dei singoli parlamentari. Qui addirittura c’è un salto di secoli, dalla rivoluzione francese al discorso della montagna se non addirittura al Monte Sinai. Siamo, come si vede, davanti non ad un partito personale, degenerazione presente in quasi tutti i partiti, ma ad un movimento autoritario che usa contro i parlamentari multe, sanzioni ed espulsioni decise dal Capo politico con la benedizione del Santone. Non bastano le elezioni insomma per garantire la democrazia in un paese se anche i protagonisti della vita politica, partiti e candidati, non rispettano dentro sè stessi e dentro la propria comunità i fondamentali del vivere democratico. I partiti, tutti i partiti, adottano per sè modelli che pensano poi di trasferire nelle istituzioni e chi non vede questo cordone ombelicale tra partiti ed istituzioni o è cieco o è complice. Ma quali rapporti sociali e politici tenta di istituire un movimento autoritario? Non certamente con i corpi intermedi che una società democratica e moderna si dà e che li vincolerebbero a pratiche democratiche ma con la finta utopia del rapporto con ciascuno dialoga con la piazza e con i grandi poteri finanziari. Ed ecco allora che i pentastellati vanno a Davos o alla city di Londra, tranquillizzano le cancellerie di tutta Europa, fanno le liste con la pesca a strascico salvo poi la decisione del Capo. Avete mai visto o letto nello statuto di un partito dell’Italia repubblicana la parola Capo politico? Se dunque viene usata per la prima volta non può essere una licenza poetica ma solo l’espressione di un modello che oggi si impone al movimento e domani al paese. Noi non abbiamo mai demonizzato alcuno nella nostra vita politica, neanche quelli che ci ammazzavano ma come disse un giorno lontano della primavera del 1978 Ugo La Malfa “noi consentiamo tutte le libertà tranne quella di eliminare la nostra libertà”. Non sembri una esagerazione perché la storia è maestra di vita e intorno ad un movimento autoritario rapidamente si coagulano i peggiori interessi di un paese. 

paolocirinopomicino@mail.com

1 Comment on "Terrore grilino"

  1. Come sempre abbiamo il piacere di pubblicare su http://www.freeskipper.it

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