L’onore delle armi a Monti, ma pure molti numeri che dimostrano la debolezza del suo tecno-riformismo

Pubblicato su “Il Foglio” il 12 dicembre 2012

Non siamo tra coloro che parlano o scrivono per partito preso ma l’esperienza del governo Monti davvero lascia a desiderare. Ormai ne parlano tutti, anche coloro che lo hanno appoggiato e sostenuto a spada tratta quasi fosse il salvatore della patria. Siamo stati tra i primi a riconoscere a Monti il  merito  di una recuperata credibilità internazionale che l’Italia aveva perduto anche se  quella credibilità era più il frutto della sua posizione personale di presidente europeo della commissione Trilaterale ( quella che riunisce il gotha della finanza e dell’economia internazionale ) che non delle sue politiche economiche e di risanamento . Abbiamo anche detto, ad onore del vero che le prime misure (la riforma delle pensioni e il decreto salva Italia ) sortirono l’effetto voluto, e cioè quello di cambiare pagina rispetto al passato, e i mercati lo apprezzarono. La vicenda spread, comunque, è in larga parte figlia della confusione europea e della lungimiranza coraggiosa della BCE che ha sostenuto il sistema finanziario europeo con azioni ai limiti dei suoi obblighi statutari e non a caso ancora oggi è di 200 punti base maggiore di quanto era all’inizio del 2011 quando eravamo gia’  da oltre due anni in crisi internazionale conclamata. La parte deludente del governo Monti, pero’, è quella sul terreno della crescita e sul terreno dei tanti provvedimenti definiti “riformisti” ma che o sono confusi o ancora fermi al palo. Pensate che dai  suoi primi 33 decreti leggi devono nascere ben 400 decreti ministeriali attuativi la maggioranza dei quali è ancora in “mente Dei” con la conseguenza che anche quel poco di buono che poteva essere stato “ legiferato ” non trova ancora applicazione. Un esempio per tutti. La dismissione del patrimonio immobiliare pubblico è ancora in mezzo al guado per ritardi burocratici ma anche per insipienza governativa che non ha puntato a vendere subito quegli immobili che erano a reddito perché utilizzati dalla pubblica amministrazione. Anche un bambino saprebbe che è molto più facile vendere un immobile che ha un locatario di tutto rispetto, nel caso specifico lo Stato, che non una caserma dismessa con tutti i suoi problemi di cambio di destinazione e di quant’altro. Ma il versante nel quale Monti ha mostrato più che altrove la corda è sulla politica a medio termine. La politica dei due tempi, prima il rigore e poi lo sviluppo, può anche essere accettata sempre quando si veda in lontananza il secondo tempo. E per capire ciò che diciamo basta guardare la prima tabella del documento finanziario del governo annesso alla legge di stabilità in cui vi sono rappresentati gli obiettivi programmatici di Monti ( quelli cioè che spera di conseguire ) nei prossimi tre anni dopo l’anno già trascorso. Negli obiettivi di Monti c’è dunque un’ Italia che nel 2014 dovrebbe crescere dell’ 1,1 % e nel 2015 dell’ 1,3 % e cioè molto al di sotto della media europea e di quella dei paesi con i quali piu’ ci confrontiamo ( Francia e Germania). Nel 2013 la recessione dovrebbe essere, sempre secondo Monti, dello 0,2 % mentre l’ OCSE ha gia’ annunciato che la recessione italiana nel prossimo anno sarà dell’ 1 %. Il che significa che la già striminzita crescita nel 2014 dell’ 1,1% si ridurrà ancora di piu’  per l’effetto di trascinamento dell’anno precedente. Questi dati non sono solo un esercizio per gli addetti ai lavori. Al contrario essi rappresentano in termini numerici una disoccupazione che resta al di sopra del 10 %, una massa spendibile delle famiglie che si eroderà sempre più con la conseguente permanente caduta dei consumi e  un paese che non recupera in competitività sino ad oggi affidata da Monti solo all’organizzazione del lavoro in azienda ed ai livelli salariali. Il recupero di produttività, come tutti sanno, è ben altra cosa ed è garantita da una crescente innovazione nei processi produttivi e nel  prodotto finale e richiede forti investimenti nella ricerca applicata e nella formazione del capitale umano oltre che da un’ infrastrutturazione materiale e immateriale dell’intero territorio nazionale. Nulla di questo sta accadendo e nulla di questo sta programmando il presidente del consiglio che tutto il mondo ci invidia. E, tanto per finire, il deficit annuale nel 2015 sarà ancora di 1,3 punti di pil e il debito sarà del 119,9 % sempre sul pil, e cioè un punto in più di quanto era nel 2010 dopo cinque anni di politiche di risanamento durissime . Cosa avrà il mondo per invidiarci il nostro presidente del consiglio è davvero un mistero.

 

 

 

3 Comments on "L’onore delle armi a Monti, ma pure molti numeri che dimostrano la debolezza del suo tecno-riformismo"

  1. Sono sempre più spesso d’accordo con le sue analisi, anzi sto riscoprendo una sapienza politica là dove,trent’anni fa pensavo ci fosse un mondo da superare…le cose si apprezzano quando non ci sono più! Condivido anche i suoi frequenti appelli alla necessità che si torni alla politica, a partiti strutturati e legati a culture e anime precise di riferimento, capaci di selezionare la classe dirigente, di favorire la partecipazione e al tempo stesso esercitare una pedagogia sul popolo mentre ne si accoglie e interpreta le istanze più profonde.

    Però le chiedo, visto che lei è anche un politico pragmatico, che non prescinde dalle situazioni concrete, in questo momento, come è possibile portare avanti questi obiettivi? Quali spazi politici ci sono? Quanto può essere condivisa la sua visione?

    • Paolo Cirino Pomicino | 19 Dicembre 2012 at 19:08 | Rispondi

      Lo spazio politico possibile e’ quello di ripristinare le grandi politiche di stampo europeo quella cristiano democratica , quella socialista, quella liberale e quella ambientalista. Per quanto mi riguarda ho aiutato a ripristinare nelle scorse settimane la D.C. sotto la guida dell’ onorevole Fontana gia’ ministro dell’ agricoltura a seguito di una sentenza della cassazione a sezione unite nella quale si affermava che il partito di Sturzo e di De Gasperi di Fanfani e Moro non e’ mai stato sciolto. Tale onere e’ stato giustamente messo dalla cassazione sulle spalle degli iscritti alla D.c. del 1992 che riunitisi a congresso nel novembre scorso hanno deciso di non sciogliersi e di rilanciare il partito con il suo scudo crociato. In appena 30 giorni sono gia’ rientrati nella casa madre molti dirigenti democristiani variamente dislocati. Sappiamo che un’iniziativa di questo genere e’ come scalare una montagna, quella del conformismo e degli interessi forti che non amano un partito popolare di ispirazione cristiana e che verra’ battezzata rapidamente come un’operazione nostalgica, dimenticando che l’intera Europa centrale ( Germania, Austria, Belgio, Olanda, Lussemburgo ecc.) e’ governata, cosi’ come la Spagna, da partiti cristiano democratici e popolari. Detto questo mai come ora diventa d’attualità un nuovo grande appello ai liberi e ai forti per difendere la democrazia parlamentare e affrontare a viso aperto quelle intollerabili disuguaglianze sociali che la finanziarizzazione dell’economia ha prodotto particolarmente in Italia con l’impoverimento del ceto medio e la indicibile sofferenza dei ceti piu’ deboli. La speranza e’ che il riemergere di una cultura democratico cristiana abbia un effetto domino affinche’ ‘ riemergano anche le altre culture europee a cominciare da quella socialista

      • Penso che sarà dura riaffermare lo scudocrociato , anche per la scristanizzazione che sta vivendo tutta europa; penso anche che se cadrà il cristianesimo cattolico, cadrà la civiltà stessa.
        Personalmente (sono del 1960) credo che descriverò una curiosa parabola: sono partito 15 – 16 enne, trascinato nei cortei studenteschi degli anni ’70, gridando: ” il 25 aprile è nata una puttana e gli hanno messo nome democrazia cristiana”…finirò nel 2013…con in tasca una tessera scudocrociata!

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