Una nuova Yalta

articolo pubblicato su Il Foglio Quotidiano il 27 aprile 2017

La società internazionale è confusa e frantumata ed il vecchio bipolarismo sul quale poggiava il mondo dopo l’accordo di Yalta sembra cedere il passo ad una specie di terza guerra mondiale come profeticamente dice da anni Papa Bergoglio. Quel che sembra non abbiano compreso i due maggiori paesi Usa e Russia è che il multilateralismo ha bisogno di due punti di ancoraggio se non si vuole che il mondo scivoli in guerre regionali crescenti che improvvisamente possono appiccare il fuoco in aree molto più vaste. Dicemmo da tempo che la diplomazia americana, russa ed europea (se mai ci sarà) devono mettere in cantiere, preparandola per bene, una conferenza sull’intero medio oriente portando al tavolo delle trattative Iran, Turchia, Arabia Saudita, Qatar, Iraq e Siria. Quel tavolo potrà funzionare per ritrovare una coesistenza pacifica tra sunniti, sciiti, curdi ed altre etnie se Usa, Russia ed Europa gestiranno un unico fronte militare e finanziario perché nessuno di quei paesi senza l’aiuto di Russia e USA potrà continuare a finanziare guerre regionali. A quel tavolo va portata anche la Cina la cui espansione commerciale e finanziaria specialmente nel continente africano sta procedendo a passi da gigante. Insomma una nuova conferenza di Yalta integrata, dall’Unione europea e dalla Cina e conferenze di pace diverse ma unitarie (medioriente e Nordafrica ad esempio son cose distinte) per orientare tutti i protagonisti regionali ad una pace capace di dare a tutti un forte dividendo di crescita e di benessere. Ma ciò che accade nel mondo accade anche in Italia dove non è solo la politica ad aver perso la bussola ma è l’intera società che appare smarrita ed al seguito dei tanti ridicoli pifferai. Un indizio per tutti. Si è innescata nel paese una idea malsana qual è quella di essere tutti più eguali nella povertà. L’altro ieri i parlamentari, ieri i manager pubblici oggi gli artisti della Rai con un crescendo indecoroso e pericoloso perché tende a mettere l’Italia fuori dalla storia recuperando le vecchie storielle dell’egualitarismo dell’epoca di Mao Tse Tung annullando le differenze necessarie tra le varie funzioni. Le grandi disuguaglianze che da due decenni affliggono la società italiana hanno origini e dimensioni diverse dagli stipendi degli artisti Rai o dei manager pubblici. Esse, infatti, sono figlie legittime di quel capitalismo finanziario che arricchisce in maniera irragionevole una elite ed impoverisce una massa crescente della popolazione perché toglie respiro finanziario alla produzione di beni e servizi la cui diffusione è l’unica garanzia per diffondere benessere e ridurre le abissali disuguaglianze di questi ultimi 25 anni. Ebbene nessuno, davvero nessuno, avverte il rischio di ciò che diciamo mentre il paese viene avvelenato ogni giorno di più da una guerra di tutti contro tutti. Noi che da sempre abbiamo invocato il primato della politica non possiamo che chiamare alla sbarra le nuove forze politiche che tra insulti, querele, personalismi ed assenza di cultura politica dovunque ci si gira, dimostrano tutte la loro inconsistenza. E meraviglia che osservatori che pure ci avevano abituati ad opinioni diverse oggi possano dire con superficialità costituzionale che, se i 5stelle dovessero risultare il primo partito il presidente della repubblica dovrebbe in automatico dar loro l’incarico di formare il governo. Sarebbe innanzitutto saggio che quel premio di maggioranza venisse eliminato perché non c’è in nessuna grande democrazia parlamentare europea Se si eccettua la Grecia. Inoltre le consultazioni servono al capo dello Stato per capire chi potrebbe formare in parlamento una maggioranza stabile e se nessuna forza (?!?) politica fosse in grado di dare questa certezza ci sarebbe un governo del presidente che si presenterà al parlamento non quello di un partito fosse anche quello di maggioranza relativa. Questa è la prassi e la lettera della costituzione e quando alcuni giovani dirigenti già pensano di essere chiamati a formare un governo di minoranza per mettere il parlamento di fronte al fatto compiuto ci sembra di stare all’asilo infantile perché non vogliamo ricordare ciò che accadde in Italia ed in Germania nel primo dopoguerra. Inoltre c’è un’aggravante data dal fatto che nessuno dei giornali o degli opinionisti sottolineano questa superficialità costituzionale quasi a testimoniare un conformismo sciocco e servile. E mentre la politica annaspa nella lotta tra nani, altri poteri fanno e disfano a proprio piacimento, dall’economia alla magistratura inquirente (Napoli docet), dalle grandi corporazioni di interessi spiccioli al silenzio assordante della grande cultura italiana che ha avuto un sussulto solo al tempo del referendum quando cioè era visibile il rischio della trasformazione della nostra democrazia politica. La ricetta è sempre una sola e riguarda la politica i cui protagonisti, pur disarmati culturalmente, dovranno trovare un minimo comune denominatore per riportare l’Italia al ruolo ed alla crescita che la sua storia e le sue potenzialità hanno consentito nel primo quarantennio della vita repubblicana. Diversamente affonderemo sempre di più nelle sabbie mobili urlando uno contro l’altro facendo tornare il paese a quando il principe di Metternich disprezzandoci diceva che l’Italia era solo una mera espressione geografica.

paolocirinopomicino@gmail.com

1 Comment on "Una nuova Yalta"

  1. Francesco Gallo | 2 Maggio 2017 at 18:28 | Rispondi

    “Noi che da sempre abbiamo invocato il primato della politica non possiamo che chiamare alla sbarra le nuove forze politiche che tra insulti, querele, personalismi ed assenza di cultura politica dovunque ci si gira, dimostrano tutte la loro inconsistenza”…e a Voi, unitamente ai martiri, va il sentito grazie per aver difeso la nostra democrazia dalla deriva del disastro civile ad opera del terrorismo.

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