“Ve l’avevo detto”

articolo pubblicato su Il Foglio Quotidiano il 23 dicembre 2016

La forza delle cose sembra essere una sconosciuta al nostro sistema politico che dopo 20 anni riscopre il valore di un intervento pubblico nel sistema bancario italiano. Come giustamente ricorda Claudio Cerasa la nazionalizzazione non è più uno scandalo né per noi e meno che meno per quanti lo hanno già praticato a piene mani in questi anni, dalla Gran Bretagna agli USA, dalla Germania alla Francia ed all’Olanda. Noi arriviamo purtroppo ben ultimi e solo dopo aver creato macerie indebolendo il ruolo dell’Italia nel mercato mondiale. Infatti venti anni di pensiero unico sul piano economico hanno creato drammatici problemi nelle democrazie occidentali con la crescente egemonia del capitalismo finanziario a cui in Italia si è aggiunta la mistica delle privatizzazioni. Del capitalismo finanziario e dei suoi guasti nelle società occidentali abbiamo parlato più volte così come da anni abbiamo gridato alla luna quando mettevamo in guardia il paese dal completo ritiro dello Stato dalla economia nella stagione della globalizzazione. Ma il pensiero unico avanzava reclutando nella sua impetuosa cavalcata politici, economisti, opinionisti e così siamo giunti sul ciglio del baratro. In particolare in Italia. Da alcuni giorni la scalata ostile di Vivendi su Mediaset sembra che abbia aperto gli occhi un po’ a tutti e molti parlano di un rischio di colonizzazione mentre la vicenda MPS sta costringendo la politica a prendere atto di una drammatica realtà. Da anni siamo in un processo di colonizzazione del paese se è vero che in 23 anni abbiamo venduto eccellenze italiane per circa 200 miliardi di euro. Gli alibi erano due, la internazionalizzazione e la riduzione del debito pubblico. La internazionalizzazione è stata interpretata come vendita delle eccellenze pubbliche e private italiane alla industria ed alla finanza internazionale senza alcuna reciprocità. Il debito pubblico in 23 anni si è triplicato mentre il capitalismo finanziario alimentava intollerabili disuguaglianze e la povertà diventava un drammatico fenomeno di massa (le ultime statistiche parlano di 17 milioni di italiani a rischio povertà con 5 milioni in povertà assoluta). Abbiamo venduto di tutto e di più, dalle telecomunicazioni alla maggioranza del sistema bancario, dall’alimentare alla farmaceutica, da larga parte della produzione energetica alla chimica fine, dalle assicurazioni all’avionica per non parlare della Pirelli, della Parmalat e di tanti marchi del made in Italy a cominciare da quelli del lusso. E continuiamo imperterriti lungo questa strada rovinosa come dimostra la vendita di Pioneer (Unicredit) alla francese Amundi, un colosso del risparmio gestito senza che il governo abbia pensato di supportare con autorevolezza l’ultimo player nazionale, le Poste, che gestiscono 500 miliardi di risparmio postale. In questa drammatica cavalcata delle Valchirie abbiamo visto di tutto, il fallimento dei fondi pensioni come possibili investitori istituzionali e la guerra dei governi contro le fondazioni che pure si sono dissanguate nel tentativo di difendere una presenza italiana nel sistema finanziario. In questo quadro desolante la parte del leone l’hanno fatta i francesi, come ha già indicato il nostro direttore nei giorni scorsi, ricordando tutte le loro acquisizioni mentre difendevano addirittura la propria acqua minerale Perrier. Oggi si apprestano, attraverso il ruolo assunto in Mediobanca, a prendere le Generali secondando così un antico, desiderio contrastato sempre da Enrico Cuccia e dalla politica di un lontano passato. Ma come abbiamo detto all’inizio la forza delle cose travolge ogni pensiero debole come quello che ha guidato i governi nazionali negli ultimi anni. Guardando questa desolante carrellata vediamo ricomporsi, in un inquietante puzzle, i banchieri d’affari e i banchieri centrali che hanno ininterrottamente governato per 24 anni l’economia italiana al posto della politica, gli autorevoli laudatores del più marcato liberismo che hanno dimenticato le lettere di Croce ad Einaudi in cui si distingueva il liberalismo dal liberismo e la crescente inconsistenza della politica. Noi non siamo tra quelli che godono dicendo “l’avevamo detto” perché chi lo dice testimonia il proprio fallimento. Anche noi avvertiamo il fallimento per non aver convinto in quasi venti anni con i tanti articoli e libri quasi nessuno del tragico destino cui andava incontro l’Italia. Né ci conforta di aver resistito allo scorrere veloce degli anni, allo scadimento della salute ed alle tante violenze subite perché forse non abbiamo avuto il coraggio o la lucidità di descrivere fino in fondo l’album dei protagonisti di questa tragica storia nazionale. Non lo facciamo neanche ora perché forse la politica, cominciando dal partito di maggioranza relativa, ha ancora la possibilità di reagire avendo tra le mani strumenti pubblici come la Cassa depositi e prestiti e le Poste italiane per invertire la direzione di marcia come sembra finalmente voler fare il governo avendo chiesto ed ottenuto venti miliardi per salvare l’MPS e forse altre banche dal disastro e dai suoi effetti devastanti su tutta la economia. Nella stagione della globalizzazione e della perversa finanziarizzazione dell’economia internazionale che vede fondi sovrani orientali acquisire importanti quote di potere economico dell’occidente, o gli Stati si armano di strumenti pubblici di mercato o assisteranno, attoniti ed impietriti, alla colonizzazione dei propri paesi ed alla loro subalternità nel consesso delle istituzioni internazionali e l’Italia, dopo quasi due secoli, tornerà ad essere solo un espressione geografica nella versione moderna, e cioè un mercato di consumatori e di produttori per conto terzi.

paolocirinopomicino@gmail.com

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