Legge elettorale e limiti dei partiti

Pubblicato su” Il Tempo” l’8 dicembre 2012

La riforma della legge elettorale si allontana, purtroppo, ogni giorno di più. In questi mesi, in verità, era diventata una tela di Penelope, come dicemmo già da queste colonne, e non crediamo che arriverà in tempo un Ulisse in grado di riportare onore e rispetto nella casa odierna di Penelope, quella della politica occupata dai Proci del terzo millennio. Mai come in questa legislatura la politica italiana ha mostrato tutto il suo drammatico limite su ogni fronte, da quello economico a quello istituzionale per finire appunto alla legge elettorale. Nel novembre scorso in Italia la politica è letteralmente fuggita dalla sua primaria responsabilità che, da che mondo è mondo, è quella di governare un Paese. Quando Mario Monti formò il governo chiese invano ai partiti che avevano deciso di appoggiarlo di entrare nell’esecutivo. La codardia impedì a tutti e tre i partiti che si apprestavano a sostenere Monti di corrispondere al loro dovere primario e sono fuggiti a gambe levate dalle proprie responsabilità di governo con un atteggiamento che non ha precedenti nella storia democratica dell’Europa. Finanche in Grecia nell’esecutivo del tecnico Papademos quasi tutti i partiti si sono assunti, pro-quota, la responsabilità di governo perché un paese che balla sul ciglio del burrone non può essere lasciato a se stesso e abbandonato da chi ha l’obbligo di governarlo. In Italia questo senso di responsabilità nazionale i partiti di oggi non l’hanno avuto. Spiace dirlo, ma in altri tempi, ci riferiamo al 1976, quei partiti che pure erano storicamente in contrapposizione durissima tra loro ebbero la capacità di guidare insieme il Paese attraverso una maggioranza di solidarietà nazionale facendolo così uscire da una crisi tanto grave da costringerci a dare l’oro della Banca d’Italia in pegno alla Bundesbank tedesca per avere un prestito corposo.  In quella stagione, inoltre, accanto alla crisi economico-finanziaria c’era la drammatica vicenda del terrorismo brigatista che ammazzava in prevalenza giudici, poliziotti e democratici-cristiani. Quel coraggio e quell’impegno politico i partiti di oggi lo hanno smarrito chiudendosi in piccole roccaforti personali senza storia e senza cultura. E’ vero, la mobilitazione che il Pd ha fatto con le sue primarie è stato un fatto positivo e un segnale in controtendenza allo sfarinamento partitico che si è via via accresciuto in questi venti anni. Siamo, però, ancora lontanissimi da quella solidità culturale dei sistemi politici europei e il motivo sta nel fatto che da venti anni i nostri partiti hanno messo in soffitta le rispettive culture politiche. Di qui il florilegio di nuovi raggruppamenti che sorgono come funghi  e spesso si somigliano anche nel nome che si danno. E così dopo il partito della libertà, son venuti fuori, Sinistra e libertà e Futuro e libertà e da poco è arrivato Italia Futura e, forse, la lista per l’Italia. E, chissà che nelle prossime settimane non vedremo anche qualche “ lista per l’Europa” o forse una” lista per la Germania” o una “ lista per la Francia”. Può sembrare una battuta irreverente ma chi sa scrutare sino in fondo ciò che accade nel Paese si accorgerà che c’è un fiume carsico che scorre sotto il nostro sistema politico in cui  sono trascinati a valle banalità, ovvietà, interessi personali o di conventicole che poco o nulla hanno a che fare con l’interesse nazionale. In quel fiume carsico scorre di tutto, anche nomi che ci inquietano per i ricordi che sollecitano involontariamente come il movimento cinque stelle. Molti nostri amici negli anni settanta e ottanta hanno perso la vita ammazzati da brigatisti che nel loro logo avevano una stella a cinque punte. Sappiamo più di ogni altro che il movimento di Grillo non c’entra nulla con le tragiche esperienze passate, ma un paese così martoriato come il nostro dal terrorismo brigatista non può che rimanere scosso quando vede in quel fiume carsico nomi senza storia e senza cultura e nomi che rievocano, involontariamente, un passato tragico e che strada facendo si trasforma in un nuovo autoritarismo. L’Italia è in grande difficoltà sotto ogni punto di vista  e mai come oggi vanno richiamate all’impegno politico le giovani generazioni e i migliori riservisti riscoprendo, però, insieme quelle culture europee che consentono ancora oggi agli Stati membri la capacità di reggere l’urto delle nuove drammatiche sfide che il mondo di oggi presenta alle classi dirigenti di ogni paese. Non accorgersi di tutto ciò e non facendo una legge elettorale che ridia ai cittadini l’onere di scegliere nominativamente i propri parlamentari lascerà aperte le porte ad un nuovo Parlamento sempre più privo di cultura politica e profondamente  instabile in uno dei momenti più difficili per l’Italia e per l’Europa.

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