Lo status coloniale

Pubblicato su “Il Foglio” il 20 dicembre 2012

Al direttore

Alla metà degli anni novanta, in piena follia privatizzatrice quando svendevamo di tutto e di più, spiegavamo che l’Italia stava procedendo a grandi passi verso un destino di colonia di rango della nuova Europa e della finanza e dell’economia internazionale.  Arriveremo ad essere senza accorgercene, dicevamo a quell’epoca, solo un mercato di consumo e di produttori per conto terzi. Non immaginavamo, in verità, di diventare in maniera così sgradevole una colonia anche in termini politici come ci sembra dopo gli ultimi avvenimenti. La convocazione da parte del partito popolare europeo di Mario Monti poteva essere un’anomalia nei rapporti internazionali finanche comprensibile vista la confusione che regna sovrana nei partiti italiani iscritti al PPE. Dall’antico nanismo di alcuni agli impulsi disgregatori di altri, mancava e manca un gruppo dirigente capace di ricomporre intorno ad un minimo comune denominatore, l’area democratico-cristiana e quella liberale, forze quasi sempre alleate in Italia ed in Europa. L’Italia è un grande paese e tutto ciò che la riguarda genera effetti sull’intera Europa e sui suoi equilibri politici ed è quindi più che comprensibile che il direttivo del PPE, zitto zitto quatto quatto, convocasse in occasione di un suo incontro, anche una personalità liberale ed europeista come Mario Monti. Tutto ciò, però, alla luce di quanto è accaduto sull’altro versante, sembra, a ben vedere, solo un’interpretazione minimalista. In questa settimana, infatti, Pierluigi Bersani non andrà presso il partito socialista europeo a chiedere il medesimo sostegno anche perché i leader socialisti sono già venuti a Roma qualche giorno fa. Bersani va, invece, a visitare il presidente del consiglio europeo Van Rompuy e Jean-Claude Juncker il presidente dell’eurogruppo, entrambi popolari e democratici cristiani, per rassicurarli sul valore del proprio programma, sulla vocazione europeista del partito democratico e sulla volontà di proseguire con qualche correzione piccina, piccina, picciò, lungo il percorso indicato da Monti. Questa iniziativa di Bersani getta, allora, un’ombra lunga anche sulla riunione tra il PPE e Monti e testimonia che, dopo essere diventata una sorta di colonia sul terreno economico-finanziario, lo siamo anche sul terreno politico ed in una maniera così lampante da non riscontrare alcun precedente nella vita dell’Europa comunitaria. Qui non si tratta di indignarsi per un sussulto di orgoglio a tutela della nostra sovranità nazionale ma, al contrario, di indignarci prima ancora di deprimerci, per la inconsistenza dell’intero nostro sistema politico. Ma come, ci siamo domandati, l’Europa non si è preoccupata del governo Zapatero in Spagna alcuni anni fa e meno che meno dell’elezione di Francois Hollande in Francia che preannunciava un prelievo fiscale del 75% sui guadagni superiori al milione di euro o delle confuse elezioni greche e si preoccupa, invece, dell’Italia? E la risposta non può che essere una ed una sola. Noi siamo l’unico paese europeo ad essere governato da partiti personali ed oligarchici eccezion fatta per il PD che nel tentativo di scrollarsi di dosso questa degenerazione personalistica, ha inventato le primarie che restano un’anomalia in una democrazia parlamentare come dimostra l’Europa intera, ma è pur sempre un fatto democratico. Ciò nonostante, però, anche il PD non riesce a definirsi in Italia come un partito socialista del tipo di quelli che hanno governato, negli ultimi decenni, la Germania, la Francia e la Spagna. Non riesce, cioè, a diventare un “normale” partito europeo capace, con la sua cultura socialista, di determinare un effetto domino sull’intero sistema politico e sulle sue culture dismesse, un po’ per convenienza e un po’ per inadeguatezza culturale. Questo scenario italiano, così privo di culture politiche e così affollato di partiti personali, danno all’intera Europa la sgradevole sensazione che l’Italia è una democrazia in disfacimento e come tale va guidata, costi quel che costi. Senza nulla togliere a Monti, il rischio è che la sua benedizione europea e l’effetto imitativo di Bersani finiscano con l’essere la cristallizzazione di uno status di colonia dell’Italia nel nuovo Commonwealth europeo. In tal caso avremmo perso, oltre al lavoro e allo sviluppo, anche l’onore e la dignità di paese fondatore facendo rivoltare nella tomba de gasperi, Adenauer e Schuman.

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