Stroncatura amichevole (eufemismo) dell’agenda Monti firmata da un suo ex ministro d.c.

Pubblicato su ” il foglio” il 29 dicembre 2012

Eravamo molto curiosi di leggere la famosa agenda Monti, termine con il quale quei politici che sanno molto poco di tutto etichettavano il programma, sinora ignoto, del professore. Curiosi e senza pregiudizio alcuno, visto, peraltro, il decadimento dell’intera politica italiana. Abbiamo letto, dunque, quelle 25 cartelle con avida curiosità e dire che siamo rimasti delusi è poco. Non vogliamo usare termini che non ci appartengono e meno che meno nei riguardi del prof. Monti che 20 anni fa ci collaborò per tre lunghi anni al ministero del bilancio, ma quelle 25 cartelle sono un documentino che avrebbe potuto scrivere uno studente del 2° anno della facoltà di economia della Bocconi e non suoni offesa per nessuno. Un insieme ordinato e scolastico di obiettivi europei e nazionali talmente generici che potrebbero sottoscriverlo tutti, da Storace a Vendola. In quel documento, infatti, non c’è alcuna idea-forza, ma non c’è innanzitutto la consapevolezza che in politica la differenza non la fanno gli obiettivi ma gli strumenti per realizzarli. E ci spieghiamo partendo proprio dall’Europa. Scrive Monti, o chi per esso, che l’Europa deve essere più comunitaria e meno intergovernativa, più unita e non a più velocità, più democratica e meno distante dai cittadini. C’è qualcuno in Italia che vuole un’Europa dei governi o un’Europa a più velocità e meno democratica? E poi come si fa a raggiungere questi obiettivi, peraltro, condivisi da tutti? Un’ipotesi federale degli Stati Uniti d’Europa o un’ipotesi di una vera democrazia parlamentare europea nella quale è il parlamento di Strasburgo ad eleggere il governo della comunità europea? Silenzio assoluto. Ma c’è qualcosa che anche l’Italia deve chiedere all’Europa, scrive Monti o chi per esso, in particolare politiche orientate alla crescita e cioè l’esatto contrario di ciò che Monti e l’Europa hanno fatto sinora. Che bella parola la crescita, avrebbe detto Totò, ma con quali strumenti e con quali politiche la si può realizzare? Poco più di un balbettio tradizionale imperniato su finanze pubbliche risanate e solidarietà finanziaria oltre ad un mercato interno più integrato. Queste politiche in larga parte sono già in corso d’opera se si eccettua la mancata solidarietà finanziaria alla Grecia da almeno due anni, e i risultati recessivi sono sotto gli occhi di tutti. Quel che ci spaventa, però, non sono le tante ovvietà presenti nel documento quanto quello che non c’è scritto. Com’è possibile che un nostro amico (ci permettiamo la confidenza per l’antica collaborazione), rettore della Bocconi e che tutto il mondo ci invidia, non spenda, nella sua agenda programmatica una sola parola sull’eccesso della finanza nell’economia internazionale e sui guasti che essa comporta? Una finanziarizzazione dell’economia che sta impoverendo il ceto medio e quelli più deboli di tutte le democrazie occidentali nel mentre lascia crescere una ricchezza elitaria irragionevole che rischia di devastare la coesione sociale delle rispettive popolazioni diventando, nel suo intreccio con l’informazione, un nuovo potere autoritario. Non può essere questa una distrazione e ci rifiutiamo di pensare che questa omissione sia il frutto del  precedente incarico di Monti, quello di presidente della commissione Trilateral che riunisce in maniera riservata e quasi segreta parte della ricchezza internazionale. Ci rifiutiamo di pensarlo perché dovremmo subito dopo chiederci come fanno gli eredi delle due grandi culture popolari, quella socialista e quella democratico-cristiana, a vezzeggiare il nostro amato professore che omette di parlare della radice profonda dei mali del nostro tempo, di quella finanziarizzazione dell’economia, cioè, che sta mettendo a rischio anche i modelli democratici che l’occidente si è dato nel novecento versando il sangue di milioni di giovani, di donne, di bambini e di anziani. E andando oltre, che significato può avere il dire che bisogna ridurre il debito pubblico? C’è qualcuno che vuole aumentarlo? E poi come lo si riduce visto, peraltro, che al 2015 il debito pubblico, dopo la cura Monti, sarà superiore secondo le previsioni dello stesso Monti, ancora di un punto a quello che era nel 2010? E poi quante banalità disarmanti. Bisogna ridurre la spesa corrente e aumentare gli investimenti (si è fatto il contrario in questo anno), bisogna ridurre gli sprechi (c’è qualcuno che vuole aumentarli?), bisogna riformare il sistema tributario (come?!?), bisogna misurare con criteri oggettivi la ricchezza per evitare fughe di capitali e fare una patrimoniale (di che tipo, di che dimensioni e perché sinora tutto è stato messo sulle spalle del ceto medio e delle famiglie più deboli?), bisogna riformare la pubblica amministrazione attraverso una consultazione popolare per decidere nei primi 100 giorni quali sono le cento procedure da eliminare (una nuova versione extraparlamentare della democrazia liquida?!?), bisogna utilizzare meglio i fondi strutturali europei (c’è qualcuno che li vuole utilizzare peggio?) e infine bisogna liberalizzare mettendo al centro il consumatore (torneremo un’altra volta all’aumento del numero dei taxi e delle farmacie che con le liberalizzazioni c’entrano come il cavolo a merenda o di che altro si tratta?!?). Potremmo continuare ancora per 20 pagine descrivendo punto per punto gli obiettivi generici di un documento scolastico e le grandi omissioni che vi sono ma due cose ci colpiscono più di tutte. La prima ci offende ed è quando si afferma che bisogna potenziare l’assistenza domiciliare ai disabili dimenticando che qualche mese fa gli ammalati di sclerosi laterale amiotrofica (la terribile Sla) sono dovuti scendere in piazza anche intubati perché il professor Monti aveva loro tagliato parte dell’assistenza domiciliare. La seconda è quando si afferma che nei processi penali bisogna allungare la prescrizione immaginando che in 7 anni e mezzo i processi non debbano concludersi senza porsi il problema di accelerarne lo svolgimento per rovinare la vita agli innocenti ed alle vittime. Molte altre cose sono scritte in quelle 25 pagine ma tutte con lo stesso profilo un po’ sociologico, un po’ furbetto tentando una “captatio benevolentiae” ora verso la sinistra (patrimoniale) ora verso la destra (società aperta con la contendibilità di ogni posizione acquisita) e qualche volta verso il centro (la famiglia) ma sempre orientato a declamare obiettivi generici che appaiono più auspici che impegni programmatici. Un’agenda, dunque, sulla quale torneremo, ma certamente non all’altezza dei bisogni di un paese in grande affanno nel quale milioni di persone hanno perso la speranza e molte altre stanno per lasciarsi andare ad una rabbia incontrollata. Un documento senz’anima, insomma, come forse si conviene ad un grande amico tecnocrate che non ha disdegnato, dopo dieci anni di autorevole presenza nella commissione europea, di mettersi subito dopo sul libro paga della più chiacchierata e sanzionata banca d’affari, la Goldman Sacks.

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