Contro la rabbia popolare serve un’intesa politica. Come 40 anni fa

Pubblicato su” Il Foglio” il 16 marzo 2013

Al direttore-Un week-end di paura l’ultimo trascorso. Paura per la nostra economia, per la nostra democrazia, per l’intero nostro paese. Non ci getta nel panico la riduzione del rating italiano fatto dall’agenzia Fitch ma i tre milioni di disoccupati, gli otto milioni di poveri, la riduzione della ricchezza prodotta nell’ultimo anno, l’aumento vertiginoso del debito pubblico e le tante, troppe famiglie ed imprese che affannano e che muoiono. E’ ricomparsa la fame come testimonia la Caritas nel mentre giornali e settimanali danno spesso notizie patinate di ricchezze irragionevoli. Ecco uno dei punti che ci incute paura. Nella nostra storia politica e culturale non c’è mai stata la demonizzazione del profitto e della conseguente ricchezza ma ciò che ci indigna è la ricchezza irragionevole in un quadro di diseguaglianze crescenti dove milioni di persone diventano sempre più povere ed una piccola fortunata élite sempre più ricca. Né vorremmo che fossero tutti più uguali nella povertà. Il cattolicesimo politico, così come si è incarnato nella storia dell’Italia e dell’Europa, si è sempre mosso per liberare masse popolari crescenti dai fabbisogni elementari elevandone il tenore di vita e riducendo, per questa strada, le diseguaglianze sociali. Da vent’ anni in Italia accade il contrario. Dal 1995 si è fermata la crescita economica mentre è aumentato il peso di una finanza vorace che ingoia valore economico impoverendo produzione, lavoro e commercio. E lentamente si è avviato un processo di erosione della coesione sociale che lascia prevedere una paurosa implosione della società italiana. Una paura grande, dunque, che diventa terrore quando si pensi al destino della nostra giovane democrazia per la quale tantissimi hanno sacrificato una intera vita molte volte perdendola. L’ultima pillola di terrore l’ha detta Beppe Grillo. Vogliamo raggiungere il 100% dei consensi, occupare per intero il Parlamento e poi scioglierci, ha detto Grillo, in uno slancio onirico misto di superficialità e di settarismo autoritario alimentato dal sogno di una catarsi biblica del mondo intero. Ma quel che più ci fa paura è la debolezza dell’altra politica che dinanzi a questo tsunami di protesta che, disperata, si colloca in un cupio dissolvi economico e democratico, resta prigioniero di antiche liturgie. Nel 1976 Berlinguer e Moro dinanzi ad uno scenario per molti versi simile a quello di oggi ma aggravato dal terrorismo brigatista, seppero trovare quel minimo comune denominatore per salvare il paese con il consenso anche di Craxi e di Ugo La Malfa. La stessa cosa avvenne alcuni anni dopo in una Germania senza una maggioranza stabile tra i democristiani della CDU e i socialisti della SPD. Moro e Berlinguer pagarono prezzi altissimi in termini personali ( Moro fu ucciso per quella scelta) e in termini di consenso ma i loro partiti erano figli di culture politiche riconoscibili che affondavano le proprie radici nel cuore pulsante del paese e tutto potevano permettersi tranne che mandare l’Italia alla malora. I partiti di oggi hanno smarrito per strada ogni cultura di riferimento e sembrano che siano sempre di più solo una sovrastruttura organizzativa capace di catturare voti senz’anima mentre il paese brucia e si consuma. Gli sprovveduti avevano pensato che una tecnocrazia come quella di Monti potesse soppiantare il ruolo salvifico della politica al di là della bontà, vera o presunta, dei provvedimenti assunti, mentre piccoli spezzoni di culture antiche come quelli di Tabacci e Casini sono scomparsi sommersi dai propri errori e dalla propria arroganza cancellando, per la prima volta nella storia repubblicana, ogni significativa presenza di quel cattolicesimo politico che rese grande l’Italia recuperando unità, benessere e protagonismo internazionale. L’appello lanciato da qualche intellettuale a Grillo e a Casaleggio per un accordo con il Pd è subito caduto nel vuoto. Il movimento 5 stelle, se pur ricco di seguaci “brava gente”, tace dinanzi a quei proclami onirici prima richiamati prigioniero com’è di ubbidienza cieca ad un capo e al suo “divino ispiratore”. Il ventesimo secolo divampò sotto il fuoco delle camicie nere, di quelle brune e di quelle rosse. La stagione che stiamo vivendo, in particolare in Italia, rischia di essere bruciata dal fuoco di una rabbia popolare contro la crisi dell’economia reale dovuta alla voracità dei mercati finanziari. Non c’è molto tempo perché le forze democratiche riscoprano quel senso di responsabilità nazionale che salvò il paese quasi 40 anni senza indugiare più di tanto e ricercare un’intesa con un movimento come quello di Grillo che persegue il disegno di una democrazia senza partiti che vorrebbe dire prima il caos e poi la dittatura.

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