Articolo pubblicato su “Il Foglio” il 23 /04 / 2013
Quel che è accaduto in Parlamento nell’ultima settimana non ha precedenti nella storia repubblicana. Ci riferiamo principalmente ai due effetti dello tsunami emerso nei tre giorni delle elezioni presidenziali, e cioè l’implosione del partito democratico e la crisi irreversibile dell’intero sistema politico italiano. Cominciamo da quest’ultimo. Partiti senza cultura, senza identità, senza democrazia e senza organi collegiali, sono apparsi per ciò che sono, pallidi spettri all’imbrunir del giorno per dirla con Ibsen. Il che, naturalmente, non nasconde la qualità della conduzione politica di Silvio Berlusconi e dell’intero PDL mentre quella di Beppe Grillo nello spazio di poche ore si è trasformato da una vittoria in una sconfitta come accade in ogni opera buffa. Berlusconi ha ripreso una centralità politica inimmaginabile appena sei mesi fa mentre Beppe Grillo ha dettato, sì, l’agenda quotidiana della tre giorni presidenziale ma poi è stato sconfitto dopo 40 giorni di insulti, raggiri e teatralità che hanno fatto emergere il pressappochismo autoritario del suo movimento. Una vittoria di Berlusconi, dunque, perché alla fine della giostra si è imposta l’unica linea possibile, quella di un esecutivo di responsabilità nazionale, o come cavolo lo si voglia chiamare, in cui due delle tre minoranze uscite dalle elezioni sono costrette a lavorare insieme per un tempo presumibilmente di due anni. Questa vittoria, però, è avvenuta sulle macerie di un parlamento frantumato e prigioniero, senza offesa per nessuno, di un nuovismo politicamente straccione ( il 63% dei parlamentari di prima nomina) che rischia di renderlo davvero un luogo per discorsi inconcludenti e per manifestazioni degradanti incompatibili con la serietà che il luogo della sovranità popolare dovrebbe richiedere. Quelle aule, è bene che tutti lo ricordino, sono state difese in 150 anni di vita unitaria del paese con il sangue di milioni di italiani e chi oggi le sfregia con i propri comportamenti non merita rispetto da nessuno. L’altro effetto dello tsunami della tre giorni presidenziale è stata l’implosione del partito democratico. Pochi giorni prima dell’inizio delle votazioni scrivemmo su queste colonne che si vedevano a occhio nudo le crepe della struttura politica del PD da noi definito da sempre come un Ogm, cioè un organismo geneticamente mutato, una sorta di pecora Dolly, l’indimenticabile mammifero clonato, vivo ma non vitale. Fummo facili profeti ben sapendo che una forza politica per essere tale ha bisogno di due cose semplici che nell’Italia di oggi sono addirittura rivoluzionarie e cioè una, e una sola, cultura politica unificante e una democrazia interna con organi collegiali in grado di assumerne decisioni valide per tutti. In un libero parlamento i franchi tiratori o i liberi pensatori vi sono sempre stati ma essi non solo erano al massimo alcune decine ma non avevano mai avuto la forza di fare implodere il partito di appartenenza come è, invece, accaduto per il partito democratico a testimonianza della sua innata fragilità. Due effetti, dunque, gravidi di rischi per il futuro prossimo del paese. Sarebbe un errore, infatti, se si pensasse che un governo d’emergenza si possa limitare solo ad affrontare la gravissima crisi economica che resta la priorità temporale assoluta. L’emergenza istituzionale e politica, infatti, è altrettanto grave e devastante. La crisi irreversibile dei partiti di oggi impedisce loro di trasferire autorevolezza alle istituzioni repubblicane che vengono, al contrario, contagiate dal degrado dei partiti. Qualcuno ha parlato del fantasma di Hindenburg, l’ultraottantenne maresciallo presidente della repubblica di Weimar, che anticipò l’arrivo di Hitler. Il contesto storico del nostro paese e della comunità europea, grazie a Dio, sgombra l’orizzonte da questo incubo anche se l’autoritarismo di questa stagione ha facce diverse. Aleggia, invece, sul nostro sistema il fantasma “buono” di Charles de Gaulle che con la riforma presidenziale mise fine alla quarta repubblica francese prigioniera anch’essa di una crisi irreversibile dei partiti e di un parlamento confuso e frantumato. E’ tempo, dunque, di metter mano ad un sistema presidenziale capace di ridare autorevolezza alle istituzioni e da qui trasferirla sul sistema dei partiti come è avvenuto in Francia che dopo la riforma presidenziale vide affermarsi grandi forze politiche e uomini del livello di Pompidou, di Mitterrand , di Chirac e di tantissimi altri. Alla stessa maniera è tempo che il PD si trasformi finalmente in un partito socialista di stampo europeo nel quale possono certamente esserci militanti cattolici socialisti come fu Jacques Delors ma non certo gli esponenti, vecchi e nuovi, del pensiero politico del cattolicesimo così come si è incarnato in Italia e in Europa. Il Pd di oggi, non sa cosa è e dove vuole andare stretto com’ è dalle sirene di un socialismo europeo che sta cercando di ritrovare la propria anima e dalle lusinghe di un pensiero liberista che ha prodotto guai inimmaginabili. Ci sono solo poche settimane o tutt’al più qualche mese di tempo per separare finalmente nel partito democratico i due filoni culturali, quello socialista e quello del cattolicesimo politico, per ridare stabilità e credibilità al nostro sistema politico sul modello delle grandi democrazie europee. In tutta Europa, infatti, i socialisti quando vincono, vincono da soli e poi se necessario fanno alleanze ma senza un’identità, vissuta e riconoscibile, ogni partito muore. Napolitano con la propria sofferta disponibilità ha salvato momentaneamente il sistema politico e istituzionale del paese. Attenti, però, perchè altre occasioni non ci saranno e il tempo per agire è davvero breve.
Caro Paolo,le vorrei porre una domanda dopo naturalmente averle fatto i complimenti,per i retroscena che ha svelato nei suoi 3 libri,fanno veramente riflettere,li ho letti tutti e tre e li ho trovati sorprendenti;ma torniamo a noi,ma secondo lei:è possibile salvare la repubblica senza trasformarla da parlamentare a presidenziale,riuscendo a ricostituire in Italia due grandi partiti,uno di cultura politica democratica cristiana ed uno di cultura politica socialista,certo costellati da 3/4 piccoli partiti ispirati dalle altre 3/4 grandi culture politiche,e rintroducendo un sistema elettorale in senso puramente proporzionale con voto di preferenza?
Un piccola postilla,io mi auguro che questo scenario si possa ancora prefigurare anche se sulla lei,sono realisticamente perplesso sulla riuscita della auspicata operazione,ma per questione di personalità che dovrebbero ricostituire questo scenario e tempo che penso sia quasi finito,ma come lei continuo ad essere un parlamentarista e un proporzionalista convinto… Un saluto cordiale,Tiziano Muliere.
Egr. On..
la differenza tra De Gaulle e Napolitano è simile a quella (abissale) che intercorre tra un pollo ruspante ed uno allevato in batteria.
Anche Lei ha incontrata la sua buccia di banana
La prossima volta non si spertichi in paragoni che non depongono a favore della Sua indiscussa intelligenza.
Con stima.