Scandali al sole. Altrove il potere dell’informazione se la vede con governi e politica. Qui è ormai padrone, nel vuoto

Articolo pubblicato su ” Il Foglio” il 23 luglio 2013
Al direttore- Giuliano Ferrara con la sua solita natura di bastian contrario (natura salutare per un Paese conformista come il nostro) si lamenta giustamente degli scandali italici che si gonfiano rapidamente come una mongolfiera salvo a sgonfiarsi in tempi più o meno rapidi. E cita, a testimonianza, i casi del Monte dei Paschi di Siena e dell’Ilva di Taranto. Senza entrare nello specifico di queste due complesse vicende, lo scandalismo mediatico condito di insulti e di carcerazioni preventive spadroneggia da venti anni a questa parte sulle nostre contrade come un perenne tsunami. E a furia di scandali, veri o presunti, la società italiana si ritrae, si impaurisce e si deprime nella sua parte migliore mentre quella minoranza maneggiona diventa sempre più spavalda nascondendosi spesso nell’ombra dei continui polveroni. Ma è, il nostro, un destino cinico e baro, o è qualcosa d’altro? Gli scandali, veri o presunti, avvengono sotto tutte le latitudini e i conseguenti polveroni sono cresciuti di numero e di potenza da quando l’informazione internazionale ha scalato i gradini del potere passando dal quarto al terzo posto o addirittura al secondo per usare i criteri di Montesquieu. Nella maggioranza dei paesi democratici, però, il potente intreccio finanza-informazione se la vede a brutto muso con gli altri due poteri, quelli dei governi e dei parlamenti, e nello scontro quotidiano si realizza quell’equilibrio che garantisce, per l’appunto, il profilo democratico di una società. Nessuno ignora che spesso i poteri, quali che essi siano, utilizzano strumenti a dir poco sgradevoli. Da venti anni a questa parte, però, nel nostro paese vengono viste solo le sgradevolezze dei poteri politici (che esistono e sono tante) mentre quelle degli altri poteri, in particolare giustizia e informazione, o passano sotto silenzio o addirittura non vengono neanche “avvistate” dalle cosiddette anime belle evangelicamente definite “sepolcri imbiancati”, belli di fuori e marci di dentro. Tutto ciò determina uno squilibrio democratico che fa del nostro un paese a sovranità limitata molto più di quanto si immaginava allorquando il mondo era diviso in due blocchi. Ne è ultima testimonianza la vicenda Kazaka. Mentre la perfida Albione dà lo stutus di rifugiato politico al dissidente kazako Ablyazov, al di là dei suoi discutibili profili, da noi gli uomini di Sultan Nazarbaev prendono in consegna sua moglie e sua figlia riportandole nella patria matrigna grazie all’aiuto indispensabile delle nostre forze dell’ordine che hanno tenuto all’oscuro l’intero governo. Eppure l’inglese Cameron ha gli stessi interessi economici ed energetici in Kazakistan del nostro paese. Spiace molto dirlo, ma la Gran Bretagna è stata ed è una nazione sovrana come era l’Italia ai tempi di Sigonella quando i nostri carabinieri circondarono i marines americani per mantenere fede ad una parole data dal nostro governo al premier egiziano Mubarak. Per dirla in parole povere, l’Italia politica da 20 anni a questa parte ha perso autorevolezza non solo sul piano internazionale ma anche su quello interno dove ogni spezzone di potere, dalla procure ai servizi, dalla finanza all’informazione, fa impunemente tutto ciò che crede senza che governo e parlamento sappiano fare valere quel loro primato che si concretizza essenzialmente nel chiedere a ciascuno conto delle proprie responsabilità.
D’altro canto quale primato può esercitare un sistema politico che ha smarrito ogni riferimento culturale e che oscilla, nella pratica quotidiana, tra l’assenza di ogni metodo democratico e l’utopia della democrazia diretta? Un sistema politico nel quale allignano acronimi senza senso e senza identità, da Scelta Civica a Forza Italia per finire al Partito Democratico e cioè termini sconosciuti alla grande cultura politica europea.
Vent’anni di questa democrazia delle parole e della virtualità, del leaderismo e della disarticolazione istituzionale, hanno azzerato la qualità della classe dirigente del paese e anche le personalità presenti nel governo e nel parlamento vengono risucchiate nel mulinello del pressapochismo e della inettitudine. Non a caso la personalità politica più forte del paese si ritrova in Giorgio Napolitano depositario di una cultura antica ampiamente democratizzata che nel suo ultimo discorso alle Camere veniva applaudito da chi impietosamente veniva scudisciato. E quell’applauso forse, per la consapevolezza del degrado che espresse, resta l’ultima speranza per un ritorno a quella smarrita normalità politica, capace di indignarsi senza scendere nel cortile dell’insulto e della calunnia, dell’impunità e dell’arroganza.

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