Napoleone-Renzi corre e giganteggia coi nani. Ma s’imbroglia sui numeri.

pubblicato su Il Foglio martedì 25 marzo 2014

A distanza di quasi un mese dall’insediamento a palazzo Chigi di Matteo Renzi e dopo le sue prime uscite in sede europea, qualche considerazione un po’ più approfondita va fatta. Sul piano politico e su quello programmatico Renzi è una energia positiva per il paese con la sua determinazione e con una visione, non sempre condivisa, ma pur sempre una visione generale sullo stato del Paese. Renzi, inoltre, ha una forte capacità comunicativa che alcune volte prende finanche il sopravvento sulla sostanza dei contenuti. Infine, senza offesa per nessuno, Renzi giganteggia per il nanismo politico di un sistema che ha smarrito ogni riferimento culturale tanto da consentire a lui, figlio del cattolicesimo politico che ha uno dei suoi punti di riferimento in quel Giorgio La Pira più volte evocato da lui stesso, di guidare l’adesione del Pd al partito socialista europeo senza battere ciglio. La qualità migliore di Renzi sinora sembra essere la velocità della comprensione, dell’eloquio e delle decisioni. Un contrasto netto, dunque, con il passato prossimo. In questo quadro, però, vi sono dei rischi. Il primo è che la sua “velocità” si trasformi in “fretta” con tutto il suo carico di pressapochismo e di strafalcioni che oggi passano sotto silenzio ma che nel giro di pochi mesi, se continuassero, gli metterebbero il piombo nelle ali. La conferenza stampa di Palazzo Chigi con il suo cronoprogramma ne è stata la prima eloquente dimostrazione di questo rischio così come la carrellata europea dal valore quasi esclusivamente di conoscenza politica. A nessun presidente del consiglio sarebbe stato concesso impunemente, ad esempio, di presentare, dopo un lungo consiglio dei ministri, piuttosto che provvedimenti una relazione con delle slides. Non essendoci i provvedimenti, la velocità di Renzi si è trasformata in fretta, spingendolo a rispettare una data purchessia con un efficace show con molti errori, in particolare per quanto riguarda le coperture finanziarie indicate. E non a caso ora i nodi stanno venendo al pettine. Immaginare che i due grandi problemi del paese, mancata crescita ed aumento continuo del debito ( due facce della stessa medaglia) possano essere affrontate con l’elenco di Cottarelli, con la riduzione delle pensioni di reversibilità, con il giusto prelievo sulle cosiddette pensioni d’oro ( quelle veramente d’oro sono davvero poche) o con la riduzione del 10% dell’Irap, significa davvero sognare. Noi non siamo affiliati a quella perversa cultura del “ benaltrismo” e riteniamo che le misure sinora annunciate vadano nella giusta direzione. Esse, però, sono, per dirla alla Totò, “quisquilie” ed in più sono accompagnate da strafalcioni sulle coperture finanziarie degne di un peones. Immaginare, ad esempio, di utilizzare come copertura il gettito Iva proveniente dagli investimenti nell’edilizia scolastica e nell’assetto idro-geologico (previsti 5 miliardi di euro) significa andare incontro ad una reprimenda europea che metterebbe giustamente dietro la lavagna e faccia al muro il nostro ministro dell’economia. E così sarebbe anche l’utilizzo di entrate “una tantum” come quelle legate all’accordo con la Svizzera per coprire spese correnti ( l’accordo, peraltro, ancora non c’è) o dare per scontato quei risparmi di 3 miliardi di spesa pubblica nel corso del 2014. E potremmo continuare sottolineando anche aspetti positivi come quello dell’inizio di un riequilibro del carico fiscale tra lavoro, rendita finanziaria e rendita patrimoniale. Questo riequilibrio sarà tanto più sostenibile quanto più rapidamente l’Italia riprenderà quella crescita che manca dal 1995 perchè farlo in fase recessiva o di stagnazione troverà certamente forti resistenze. Il ministro Padoan lo sa bene tanto che ha detto in quel di Cernobbio che è la crescita il problema centrale del paese. Ma crescere significa certo ridurre la spesa pubblica, o, meglio ancora, riqualificarla per davvero, ma significa principalmente, nelle condizioni attuali, fare una manovra finanziaria straordinaria con un respiro politico tale da fare emergere le risorse necessarie per ridurre, ad un tempo, il debito e il costo dei fattori di produzione, dall’energia al lavoro e investendo in ricerca e innovazione, nella infrastrutturazione del territorio e nel suo assetto idrogeologico e nella formazione del capitale umano. E noi non pensiamo ad una patrimoniale che avrebbe effetti recessivi. Abbiamo fatto da queste colonne una proposta di natura diversa rivolta alla ricchezza nazionale per recuperare almeno 120/140 miliardi di euro. Il lavoro non lo creano le regole che possono incentivarlo o frenarlo ( il provvedimento sul mercato del lavoro considerandola una misura a carattere sperimentale va nella giusta direzione). La creazione di posti di lavoro è figlia dell’impresa e delle crescita economica del Paese. La flessibilità del lavoro è un fattore positivo in una economia che cresce mentre si trasforma in precarietà in una economia stagnante o regressiva. In altra occasione ragioneremo sul semestre europeo di presidenza italiana ma non possiamo tacere il rischio più grande che sta correndo il giovane premier e cioè quello di trasformare la sfilacciata democrazia italiana, figlia di una crisi politica dei partiti, in un sistema autoritario come prevede, di fatto, quella legge elettorale che non ha simili in nessuna altra democrazia europea. Mentre i tedeschi hanno, come elemento maggioritario, la soglia di accesso, gli spagnoli le circoscrizioni piccole, gli inglesi i collegi uninominali maggioritari, quel mostro della legge elettorale approvata qualche giorno fa li mette tutti e tre insieme con al posto dei collegi uninominali inglesi un premio di maggioranza del 15%. Noi sappiamo come si chiama un siffatto sistema politico e lo sa anche Renzi ed è assordante il silenzio compiacente di tantissimi intellettuali che somigliano sempre più a quell’intendenza napoleonica che seguiva pedissequamente i condottieri vincenti. Un silenzio e un conformismo compiacenti così diffusi e acritici perchè figli di un vizio italico, quello del “servo encomio” non sono un buon segno per il futuro dell’Italia.

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