L’Italia consegnata a una minoranza

articolo pubblicato sul Corriere della Sera il 28 gennaio 2015

Caro direttore abbiamo letto  l’editoriale dell’ottimo Michele Ainis sulla legge elettorale. Aggiungerei questo. La nuova legge elettorale, infatti, modifica profondamente il nostro sistema politico trasformandolo in qualcosa che non ha precedenti nelle democrazie europee. Per meglio spiegarci sarà utile simulare ciò che accadrà all’indomani delle prossime elezioni politiche svolte con l’Italicum. La sera delle elezioni potremmo avere un partito che, toccando la soglia del 40% dei voti, avrà il 55% dei seggi (340 deputati) dell’unica Camera legislativa. Se, invece, nessuno dovesse toccare quella soglia della felicità si andrebbe al ballottaggio tra i due partiti maggiori. Il partito che dovesse prendere nel ballottaggio la maggioranza avrebbe sempre il 55% dei seggi. Per dirla in parole povere, il governo dell’Italia in questa maniera viene consegnato per sempre ad una minoranza che rappresenterebbe, nel migliore dei casi, il 40% dei votanti (in caso di grande affluenza, tipo 70%, quel partito rappresenterà meno del 30% del paese) diversamente, dopo il ballottaggio, ancora meno visto che nel secondo turno l’affluenza si riduce drasticamente. Ma non è finita. Quel partito che rappresentando poco meno o poco più un terzo del paese avrebbe la maggioranza assoluta dei seggi, avrebbe anche un gruppo parlamentare ad immagine e somiglianza del proprio segretario politico che da venti anni, in tutti i partiti, è il padre padrone che nominerà almeno cento deputati visto che i capolista sono nominati e non votati. Non sfugge a nessuno che ciascun segretario politico nominerà i suoi fedelissimi che dovranno a lui e non ai cittadini lo status di parlamentare. Per concludere un partito, minoranza nel paese, sarà maggioranza assoluta nell’unica Camera rimasta con una selezione cortigiana dei deputati e sarà governato da un uomo o da una donna che sarà premier e segretario di partito diventando così padrone del governo e dell’aula parlamentare e che nominerà da solo tutte le autorità di garanzia, compreso il presidente della Repubblica. Non sfugge a nessuno, ed in verità non è sfuggito ad Ainis nelle ultime righe del suo editoriale, il presidente della Repubblica non potrà più essere un arbitro ma dovrà gestire i suoi poteri in maniera più ficcante a cominciare dalla nomina dei ministri. Ma se il presidente della Repubblica sarà stato scelto in solitudine dal premier-segretario difficilmente lo potrà fare perché dovrà “servire” il dominus del paese. Questo sistema, che non ha eguali in una Europa nella quale non c’è un premio di maggioranza del 15% e i cui governi sono per la stragrande maggioranza dei paesi governi di coalizione, produrrà autoritarismi crescenti che porterà l’Italia ad essere ancora una volta un paese a rischio. I fans di questo sistema enfatizzano la governabilità, ma se questo fosse l’obiettivo vero, la cultura politica offre una soluzione democratica, un sistema presidenziale con un parlamento largamente rappresentativo della società come contrappeso del potere presidenziale, un contrappeso che nell’Italicum non esisterà più. I prodromi di questa involuzione autoritaria sono tutti presenti nell’ultimo ventennio con la nascita dei partiti personali e la qualità della politica si è progressivamente dissolta con risultati che sono sotto gli occhi di tutti e che non possono non essere visti dai tanti democristiani, socialisti e liberali che pure hanno costruito la democrazia politica in Italia e che oggi sono colpevolmente silenti. Un ultimo suggerimento ai lettori. Andate su internet e leggete cosa accadeva nel biennio 1923-1924 e rimarrete sconvolti per le somiglianze con il dibattito dell’epoca e con la legge Acerbo. Certo, oggi grazie a Dio, non c’è il fascismo ma l’eterna tentazione dell’uomo, l’autoritarismo, cambia spesso vestito a secondo delle stagioni e qualche volta veste da Prada e viene scambiato per modernità.

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