Yuan chiama Europa

Pubblicato venerdì 28 agosto 2015 su “Il Foglio Quotidiano”
La Cina la turbofinanza sregolata e la necessità di una nuova Bretton Woods
La svalutazione di quasi il 5% dello yuan, la moneta cinese, decisa dalla banca centrale di Pechino e il contestuale rallentamento del tasso di crescita del colosso asiatico hanno innescato una ondata di paura nelle borse di tutto il mondo con massicce vendite di titoli sgonfiando rapidamente bolle azionarie sparse un po’ in tutti i mercati finanziari. Abbiamo letto e continueremo a leggere analisi sofisticate e interrogativi senza risposta su questa volatilità dei mercati finanziari mondiali ma tutti evitano di indicare le ragioni di fondo di questa periodicità sempre più ravvicinata di crisi finanziarie che spesso innescano crisi recessive dell’economia reale. Il mondo ha due grandi problemi che i governi delle grandi aree del pianeta non vogliono affrontare, l’esigenza di un nuovo ordine monetario in grado di evitare la guerra tra le monete e una diversa disciplina dei mercati finanziari. Senza queste due misure la volatilità valutaria e finanziaria intrecciate tra loro costituiranno un perenne pericolo per il risparmio delle famiglie e per la stabilità delle imprese. Partiamo da un ricordo, quello del 1944 quando a Bretton Woods in piena Seconda guerra mondiale, il modo libero dell’epoca costruì un ordine monetario fondato su di un sistema di cambi fissi legato alla convertibilità del dollaro in oro. Quella lungimirante scelta garantiva alla prevedibile massiccia ripresa economica del dopoguerra una stabilità valutaria che dava certezze al mondo produttivo che per espandersi creando ricchezza reale e benessere diffuso aveva bisogno proprio di quell’ordine monetario che i governi dell’epoca decisero a Bretton Woods. Tra il 1971 ed il 1973 quel sistema finì con la decisione americana di non convertibilità del dollaro in oro per ragioni troppo lunghe da spiegare in questa sede ma a ridosso del primo grande shock petrolifero del 1973. Da quel momento iniziarono a presentarsi sui mercati mondiali alcune turbolenze valutarie ma sostanzialmente contenute perché non c’era ancora quella libera circolazione dei capitali che arriverà subito dopo il 1990 e che innescherà il processo di globalizzazione dell’economia mondiale con crescenti fenomeni di interdipendenza tra tutte le aree del pianeta. L’Europa rispose ai problemi posti dalla fine degli accordi di Bretton Woods con il sistema monetario europeo varato all’inizio del 1979, un sistema di cambi flessibili che ruotavano intorno ad una parità centrale predeterminata con una banda di oscillazione sopra e sotto del 2,5% o del 6,5%. Quel sistema europeo dette buoni risultati sino a quando resse e cioè fino a quando la Germania non lo fece saltare perché impegnata nello sforzo finanziario per la sua riunificazione e pertanto non era più in grado di mantenere fede alla reciproca garanzia di difendere le monete nazionali dello Sme ove mai fossero state sotto attacco speculativo come nel 1992 erano lira e sterlina. Da quel momento anche l’Europa si privò di un possibile nuovo ordine monetarioancorche limitato alla propria area, in grado di offrire qualche certezza al mondo produttivo. Proprio in quegli anni si completava la libera circolazione dei capitali, e spiccò il volo quel capitalismo finanziario che si rafforzò strada facendo con la progressiva deregolamentazione dei mercati finanziari e con la cosiddetta innovazione finanziaria che inondò il pianeta di prodotti opachi e poco liquidi come i cosiddetti derivati o con i prodotti della cartolarizzazione dei crediti bancari diffusi poi nel mondo al di fuori dei mercati regolamentati. Immaginate, allora, un mondo senza un ordine monetario che riduca al minimo la speculazione valutaria, con mercati finanziari sempre più privi di regole e con prodotti finanziari innovativi che sfuggono all’analisi  degli operatori perché venduti al di fuori dei mercati regolamentati con un valore deciso dalle agenzie di rating compiacenti i cui azionisti altri non sono che gruppi finanziari che fanno a loro volta profitti ragguardevoli nei mercati con attività quasi esclusivamente finanziarie senza rischiare i propri soldi ma solo quelli gestiti per conto di famiglie ed imprese

Di Parlamento in Parlamento

Anche un bambino capirebbe che questo intreccio senza regole produce incertezze, speculazioni e molto spesso veri e propri imbrogli che sono alla base di quella mutazione genetica della finanza che da infrastruttura al servizio della produzione e del commercio è diventata una industria a se stante che vive, specula e guadagna un metro sopra la testa del mondo produttivo del pianeta. Pochi elementari concetti, che spero siano chiari  e che  impongono due cose che abbiamo detto nel parlamento di Strasburgo, in quello nazionale e da queste colonne da almeno dieci anni, un nuovo sistema monetario mondiale che deve essere sollecitato dalla Europa comunitaria ai paesi del G20 ed una più ferrea disciplina dei mercati finanziari sui quali devono cadere divieti importanti, primi fra tutti, abolizione dei mercati non regolamentati per tutti i soggetti che operano in quelli regolamentati e di quei prodotti finanziari che hanno come sottostanti materie prime che sono la vita del mondo. Senza queste due misure le economie reali soffriranno sempre di più e l’incertezza regnerà sovrana.

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