Perchè reputo la normativa salva-banche una vera follia

articolo pubblicato su Il Foglio Quotidiano il 28 novembre 2015

Una settimana fa il governo è stato costretto  ad emanare un decreto legge per affrontare la crisi delle banche regionali (Banca Marche, Etruria, CariChieti, Cassa di Risparmio di Ferrara) al fine di facilitare il loro salvataggio da un imminente default con l’intervento diretto delle tre maggiori banche italiane, Unicredit, Intesa e UBI. Giusto salvare questi istituti e più giusto ancora salvare gli obbligazionisti e i depositanti con oltre 100mila euro sui propri conti dall’obbligo (il cosiddetto bail in) di dover mettere mano alla tasca per gli errori di gestione ed evitare il fallimento. Tutto giusto, quindi, tranne una cosa, la disciplina prevista dall’Unione Bancaria europea. Quest’ultima approvata in un silenzio assordante del Parlamento e del Governo, prevede infatti che in caso di default di una banca paghino il conto non solo gli azionisti, come è naturale, ma anche gli obbligazionisti e i depositanti con oltre 100mila euro e solo dopo, qualora questi interventi non fossero sufficienti, potranno intervenire gli Stati nazionali. Dal 2007 per salvataggi bancari l’Unione europea ha investito oltre 3 mila miliardi di euro per ricapitalizzazioni e garanzie prevalentemente in Gran Bretagna, Francia, Olanda, Lussemburgo e Germania anche con diverse nazionalizzazioni mentre il nostro sistema  bancario si è avvantaggiato solo dei cosiddetti Tremonti bond pagati a caro prezzo (se il ricordo non ci tradisce l’interesse era del 9-10% annuo), bond del Tesoro peraltro presi solo da MPS e da qualche altra banca minore. Tanto per spiegare chi ha titolo a parlare con serietà e credibilità. In quest’ultimo anno, da queste colonne e a voce, abbiamo avvertito quasi tutti dei rischi che l’approvazione di questa disciplina comportava ma la politica si è guardata bene dal metterci le mani a cominciare dalla Commissione affari economici e monetari del parlamento di Strasburgo presieduto, peraltro, da un italiano, lo storico Roberto Gualtieri del partito democratico. Se per caso, invece, la politica ci avesse messo mano per davvero, la cosa sarebbe ancora più grave. E ci spieghiamo. Quale motivo culturale  od economico impedisce che, come è avvenuto nel passato anche nei paesi ultraliberisti, dopo l’intervento degli azionisti di una banca in default possa intervenire lo Stato nazionalizzando , anche in via transitoria, una banca per poi fonderla con altre o rimetterla sul mercato? Ma ciò non è accaduto anche con la crisi dell’auto negli USA e nel sistema finanziario anglo-americano? Ma qual è questo pensiero unico per cui il pubblico non possa esercitare attività creditizie e finanziarie, peraltro molto diffusa negli Stati europei nel mentre l’Oriente del pianeta con i suoi fondi sovrani ogni giorno compra pezzi rilevanti della industria e del sistema bancario dei paesi occidentali ed europei in particolare? Insomma anche il fondo sovrano di Dubai o del Quatar o della Cina o di Singapore sono fondi pubblici e perchè loro possono esercitare nei nostri paesi ciò che invece viene impedito ai fondi pubblici italiani ed europei? C’è qualcuno che si è fatto questa domanda ed eventualmente che risposta si è data? Insomma, tanto per rimanere nella tragica attualità, fondi sunniti, sciiti, cinesi, malesi e quant’altri possono comprarci mentre i nostri Stati nazionali non possono intervenire nel nostro sistema creditizio e finanziario? Follia pura. La politica, se ancora c’è, batta un colpo e ci spieghi perchè siamo in errore.   

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