Non è colpa di Draghi

articolo pubblicato su Il Foglio Quotidiano il giorno 11 dicembre 2015

Sembra un paradosso incomprensibile quello della caduta delle borse dopo che Mario Draghi ha allungato sino alla primavera del 2017 il programma del “quantitative easing” che prevede l’acquisto da parte della BCE di titoli del debito pubblico e privato per 60 miliardi di euro al mese. Ed invece non è nè un paradosso e meno che meno è incomprensibile. I commentatori più sempliciotti spiegano che i mercati aspettavano un acquisto mensile maggiore dei 60 miliardi-mese oltre che un allungamento del programma altrettanto maggiore e si fermano su questo dato senza trarne alcuna morale. La ragione profonda che ancora non emerge sui grandi giornali economici e men che meno nei governi dei paesi europei, invece, è l’avidità ed il potere di un capitalismo finanziario che vuole avere sempre più soldi a tasso zero non certo per rilanciare l’economia reale, e cioè la produzione di beni e servizi ed il settore immobiliare e delle costruzioni. Quel capitalismo finanziario, infatti, sta parcheggiando nel sistema bancario mondiale una liquidità enorme che pur producendo solo interessi negativi, non si orienta verso l’uso produttivo del capitale. Esso, infatti, aspetta, come un avvoltoio paziente ed affamato, le opportunità che l’industria finanziaria potrebbe offrirgli dimostrando ancora una volta la sua esclusiva vocazione speculativa. Di qui la decisione della BCE di Draghi di penalizzare con un tasso di interesse ancora più negativo (-0.30) quella liquidità immobile parcheggiata presso di sè nel tentativo disperato di disancorarla da un parcheggio improduttivo. Insomma il figlio drogato della economia di mercato, e cioè il capitalismo finanziario, vuole più droga (cioè più soldi a tasso zero) per immettere nei mercati prodotti finanziari strutturati in grado di produrre rendimenti irragionevoli come solo la finanza speculativa può dare. Per dirla in maniera ancora più semplice vuole aumentare il tasso di finanziarizzazione delle economie mondiali. Errori presenti e rimedi possibili in questo scenario. La BCE deve prendere atto che la sua politica monetaria espansiva, che non potrà essere eterna, non produrrà effetti reali fino a quando la vigilanza bancaria consentirà l’erogazione del credito solo sulla base di algoritmi un po’ d’antan e sostenuti da rating spesso incomprensibili. La riprova di questo errore della vigilanza sta nel fatto che mentre i mutui immobiliari crescono, i crediti alle imprese ristagnano grazie allo scadimento del merito creditizio necessariamente modesto dopo anni di recessione. Detto questo, però, i governi, a cominciare dal nostro, dovranno varare misure fiscali che favoriscano l’impiego produttivo del capitale e penalizzino il suo uso finanziario in modo tale da offrire alla liquidità internazionale la convenienza per tornare ad essere una infrastruttura al servizio dell’economia reale e non una industria a sè stante che produce valore per pochi e povertà per molti. Lo stesso capitalismo finanziario non si accorge che producendo macerie nella economia reale finirà per accendere la miccia della sua catastrofica implosione. Inoltre nei paesi fortemente indebitati come il nostro, in questo scontro mortale tra capitalismo finanziario, economia reale e banche centrali, i governi devono far scendere in campo la ricchezza nazionale per ridurre in maniera significativa lo stock del debito accumulato e quindi la spesa per interessi liberando così ingenti risorse non tanto per i consumi quanto per gli investimenti in grado di reggere nel tempo una diversa e più forte politica dell’offerta con una maggiore occupazione e quindi con una più forte domanda aggregata. La discesa in campo della ricchezza nazionale non va attuata con la patrimoniale che ha effetti recessivi, ma con modalità diverse alcune delle quali le abbiamo più volte descritte. Fuori da queste azioni tra loro coordinate difficilmente l’Italia e l’Europa verranno fuori da questo ciclo economico perverso che produce ad un tempo pochi milionari e moltissimi poveri come abbiamo documentato, con semplicità, nel nostro ultimo libro.

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