La democrazia del leader e la scelta presidenziale

articolo pubblicato su Il Mattino il 9 settembre 2016

Errare è umano ma perseverare è diabolico come è noto dai tempi antichi. Dai primi anni novanta in Italia è emerso un pensiero unico che ha avuto come obiettivo la criminalizzazione dei partiti tradizionali ed ha alimentato l’idea salvifica di partiti personali senza cultura di riferimento e senza democrazia. I danni sono sotto gli occhi di tutti. In venti anni il paese si è impoverito vedendo crescere una disoccupazione ed una povertà di massa, un gruppo ristretto di milionari, una economia reale messa in affanno da un capitalismo finanziario di cui si è accorto finanche Marchionne mentre il debito pubblico rispetto al 1991 cresceva del 170% e l’Italia diventava la cenerentola di Europa per tasso di crescita. Questo pensiero unico trovava sostegno anche nella nostra città con politologi del calibro di Mauro Calise che anche alcuni mesi or sono ha edito un suo libro dal titolo “la democrazia del leader”. Ma in verità questo pensiero unico campeggiava in tutto il paese sia sul piano politico (il liderismo salvifico) sia sul piano economico (il mercato come unico redistributore di ricchezza). Il partito che più resisteva a questa involuzione lideristica era il partito democratico (culturalmente un organismo geneticamente mutato, vivo ma non vitale) sino a quando tre anni fa non è comparso sulla scena politica Matteo Renzi. Il presidente del consiglio con grande abilità narrativa ha rapidamente trasformato quel pensiero unico che idolatrava un certo modello di partito personale in un nuovo ordinamento costituzionale che con l’aiuto di una legge elettorale senza precedenti nell’Europa democratica, affida alla migliore minoranza la maggioranza assoluta del Parlamento consentendo inoltre ai leader di nominarsi la maggioranza dei parlamentari che così non verranno mai più scelti dai cittadini. E così la democrazia del leader diventa l’anticamera di un nuovo autoritarismo. Senza nostalgia noi ricordiamo leaders italiani ed europei di grandi democrazie nelle quali i leaders che emergevano erano quelli che convincevano, non ordinavano, a testimonianza che la democrazia dei leader è l’esatto contrario della democrazia politica. Certo, è possibile che le democrazie parlamentari affannano minando  la stabilità dell’esecutivo ma la cultura politica offre una soluzione democratica a questo stato di cose ed è la democrazia presidenziale in cui il popolo elegge direttamente sia il presidente sia un parlamento rappresentativo a far da contrappeso. La terza via non c’è, o, per meglio dire, è la via autoritaria verso la quale l’Italia, se mai dovesse vincere il SI, marcererebbe a passi spediti. Anche la lezione spagnola è altra rispetto alla interpretazione del pensiero unico. Quel che in questi anni è tramontato nelle democrazie parlamentari è il governo di un solo partito come erano abituate da tempo le democrazie inglesi e spagnole contrariamente a quelle del centro Europa, e a quella italiana, che da tempo avevano scoperto il valore della coalizione. La Gran Bretagna si è subito adeguata e da alcuni anni governa una coalizione, la Spagna, al contrario, è ancora in mezzo al guado e prima o poi dovrà scegliere se mantenere una democrazia parlamentare, ed allora dovrà fare una coalizione come la Germania, l’Austria e l’Italia di tanti anni fa, o dovrà scegliere una democrazia presidenziale trasformandosi in repubblica. La terza via, come dicevamo, sarebbe il ritorno di un Franco qualsiasi. Sappiamo di non avere la verità in tasca ma le nostre convinzioni sono forti, radicate nella storia e cementate dalla esperienza. La nostra età ci rende ancora più liberi di quando militavamo in un grande partito di massa come la DC che aveva nel suo dna il culto della libertà di pensiero e produceva continuamente pensiero politico e classe dirigente. Chi autorevolmente dovesse argomentare in maniera diversa dalla nostra farebbe cosa utile se dibattesse con noi pubblicamente o nelle aule universitarie il futuro della nostra democrazia tenendo sempre a mente che la libertà politica è come la salute, la si apprezza quando non c’è più.

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