articolo pubblicato su Il Foglio Quotidiano il 7 dicembre 2016
Il voto referendario ha detto alcune cose chiarissime. La costituzione si può cambiare solo in meglio, il diritto di voto è un bene non negoziabile, il modello della legge elettorale del tipo italicum va respinto per gli elementi autoritari che contiene. Il tutto, poi, condito da una insoddisfazione sulla politica economica del governo se è vero che dopo quattro anni di governo, e cioè alla fine del 2017, l’Italia è ancora il fanalino d’Europa per tasso di crescita (appena l’1% se tutto va bene). Detto questo, però, oggi è il tempo della costruzione di un sistema politico capace di dare stabilità al paese. Ciò sarà possibile se si affrontano due aspetti fondamentali. Il primo è tutto politico e si identifica in un processo di ricomposizione di tante schegge politiche in partiti che abbiano una propria identità culturale ed una democrazia interna perché ciò che ha stufato gli italiani è anche il modello del partito personale nel quale il segretario protempore è un padre padrone. La leadership è altra cosa ed in genere si fa affiancare dalle migliori energie mentre il partito personale seleziona la classe dirigente sul terreno della cortigianeria e della fedeltà e quando questo accade la storia ci insegna che vince la mediocrità. L’altro aspetto urgentissimo è l’approvazione di una legge elettorale di stampo europeo. La prima decisione da prendere è se si vuole una democrazia parlamentare o una presidenziale. In occidente una terza forma di democrazia non c’è. Se, come sembra, quasi tutti vogliono rimanere in un sistema parlamentare bisognerà capire che una democrazia parlamentare si chiama così perché le maggioranze di governo si formano e si disfano in parlamento per cui ripetere la cantilena che la sera delle elezioni si deve sapere chi governa è una scempiaggine. Si saprà chi è il primo partito ma poi il segretario di quel partito dovrà trovare alleanze nel parlamento della repubblica. E qui sorge l’altro aspetto negativo che viene sbandierato ad ogni piè sospinto, e cioè un forte premio capace di trasformare una minoranza in maggioranza assoluta. Negli ultimi 20 anni si è sempre vista una maggioranza parlamentare che era minoranza del paese e puntualmente quelle maggioranze posticce venivano battute negli appuntamenti referendari più importanti. Piaccia o no la legge elettorale è come una macchina fotografica che rileva le opzioni politiche del paese. La fotografia la si può ritoccare (vedi soglia di accesso per evitare una frantumazione politica) ma non la si può stravolgere neanche con un ballottaggio perché andrebbe al governo del paese una minoranza del 25-30% degli elettori. Il sistema maggioritario funziona se la società è essa stessa bipartitica ma se nelle società europee vi sono più opzioni politiche il sistema proporzionale è la scelta migliore. Non a caso i grandi paesi del centro Europa e la Spagna hanno leggi elettorali proporzionali con correttivi che aiutano la stabilità politica come la soglia di accesso tra il 4% ed il 5%, la sfiducia costruttiva e collegi non immensi ma neanche piccolissimi. Possono esserci le preferenze o i collegi uninominali, ma una legge proporzionale evita coalizioni forzate che ancorché vincenti rischiano poi di non poter governare. Un’ultima considerazione. In Europa è tramontato nelle democrazie parlamentari il governo di un solo partito (ultima arrivata la Spagna) e quasi sempre le coalizioni sono maggioranze nel parlamento e nel paese. Tutto il resto in un paese come l’Italia è devastante, alimenta un intollerabile trasformismo già noto nello stato liberale prefascista quando appunto non c’erano i partiti generando incertezza e confusione. Le forze politiche di oggi hanno l’occasione per rimettere in sesto un sistema politico autorevole dopo venti anni di varie ubriacature e dopo un chiaro responso referendario per chi ne sa leggere i significati profondi. Per quanto concerne le elezioni anticipate tutto è nelle mani del partito di maggioranza relativa ed in quelle di Renzi nella speranza che il giovane segretario del PD abbandoni l’idea perversache dopo di lui nessuno del PD può essere presidente del consiglio. Questa idea è rovinosa per sé, per il partito e per il paese e la risposta referendaria dovrebbe avergli aperto gli occhi per non sciupare, corrodendola, una buona energia politica al servizio del paese.
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