articolo pubblicato su Il Foglio Quotidiano il 28 giugno 2017
A guardar bene il comportamento della Commissione europea e della BCE si fa presto a pensare ad una “regoletta” che ci spiegavano alle scuole elementari, la cosiddetta proprietà commutativa della moltiplicazione e dell’addizione, secondo cui invertendo l’ordine dei fattori il prodotto non cambia. A sette anni tutti già la sapevamo mentre sembra sia stata smarrita nei corridoi di Bruxelles e di Francoforte. Bce e Direzione generale della concorrenza hanno, infatti, impedito l’aiuto di Stato per ricapitalizzare le due banche venete fondendole perchè “lo dice la direttiva del “Bail-in” ma hanno suggerito e consigliato al nostro ministro del tesoro di dare a Banca Intesa tutto ciò che di buono c’era nelle due banche venete (depositi, crediti in bonis, altre attività non core, raccolta indiretta e obbligazioni senior per complessivi 60 miliardi di valore) con 5,2 miliardi subito per il rischio impresa e per la gestione degli esuberi oltre a 4 miliardi di garanzia per rischi futuri dei crediti in bonis. Alla bad bank andranno tutti gli scarti (crediti deteriorati, obbligazioni subordinate e via dicendo) con garanzie pubbliche di 6,3 miliardi. Ma con i 5,2 miliardi dati subito ad Intesa e le garanzie pubbliche di 12 miliardi da dividere tra Intesa e Bad Bank cosa fa lo Stato se non salvare la sostanza della banca ed i suoi protagonisti buttando a mare solo il fondo Atlante con i suoi miliardi e la reputazione del caro Alessandro Penati? Con quei soldi non si potevano salvare le due banche visto che erano state impegnate come azionisti la Cassa Depositi e Prestiti e altre banche e assicurazioni ed erano stati chiamati come amministratori nuovi autorevoli manager a cominciare da Fabrizio Viola e Gianni Mion? Ma il formalismo europeo gestisce quel mostro della Direttiva BRRD (cioè quella del Bail-in) in maniera insulsa e burocratica producendo lo stesso effetto che sarebbe stato prodotto dalla nazionalizzazione delle due stesse banche venete una volta fuse. Ecco perchè ci siamo ricordati della vecchia regoletta dell’aritmetica per cui invertendo i fattori il prodotto non cambia, con due chiose, però, in questo caso. La prima è il regalo, o se volete la cortesia, che si è fatta all’ultima grande banca italiana, Intesa SanPaolo che per la fatica di avere salvato la parte buona delle due banche venete prenderà un sacco di quattrini tra garanzie e soldi pubblici. La seconda è che si eliminano in una regione dinamica come il Veneto due banche territoriali che al di là dei pasticci degli ultimi tempi hanno garantito una forte crescita economica a quella parte d’Italia. Una levata di cappello a Carlo Messina che naturalmente ha fatto alla grande gli interessi dei suoi azionisti come ha documentato il mercato mentre abbiamo forse definitivamente compreso che possiamo fare a meno di un ministro del tesoro sempre più subalterno ai guardiani europei che non solo tutelano trattati e regolamenti ma prima di tutto le proprie cervellotiche interpretazioni degli stessi, come abbiamo documentato su queste colonne qualche giorno fa, misconoscendo finanche quelle piccole regole aritmetiche universali che ci avevano insegnato alle scuole elementari maestri di alta qualità. Morale della favola: tra soldi pubblici e garanzie altrettanto pubbliche per complessivi oltre 15 miliardi di euro si sono liquidate due banche invece che nazionalizzarle transitoriamente, come fanno alcune grandi democrazie come gli Stati Uniti d’America.
E come non pensare anche al “malvezzo” ricorrente di alcune imprese straniere che, col pretesto d’investire in Italia, rilevano delle belle nostre realtà produttive e, dopo averne acquisito il prezioso know how, chiudono baracca e burattini e lo portano in dote ad altri paesi dove le condizioni di lavoro sono decisamente più “vantaggiose”. Sempre tanta salute!