Le sciocchezze si susseguono in ogni occasione con lo stesso incipit di sempre evitando di informarsi su cosa accade e perché accade. Il casino sulla A22, l’autostrada del Brennero, ha evocato dal più pittoresco ministro di questo governo, Danilo Toninelli, il solito mantra, “la concessione è scaduta nazionalizziamo la gestione”. Ma come bisogna spiegare a questi signori che prima di parlare bisognerebbe conoscere e prima di decidere bisognerebbe pensare? Il ministro Toninelli ad esempio non sa che lo Stato, alias il concedente degli assi autostradali, è socio di minoranza dei concessionari autostradali al 35% tanto che incassa dall’intero comparto 2,3 miliardi di euro a fronte di ricavi per 5,9 miliardi (ricavi derivanti da IVA sul pedaggio, oneri di concessioni e sovrapprezzo pedaggio). Di questi 2,3 Mld di ricavi incassati dallo Stato 1,3 sono stati versati dal Gruppo ASPI a fronte di 3,6 Mld di ricavi. Ma c’è di più! Lo Stato non è solo un autorevole socio di minoranza sul piano economico di tutti i concessionari autostradali ma è anche il socio che ha una sostanziale golden share nella gestione delle imprese autostradali. Infatti non c’è decisione in chiave d’investimenti e manutenzioni che non debba essere approvata dal ministero vigilante, e cioè proprio quello del ministro Toninelli. Si da il caso che nella redazione dei piani finanziari annuali lo Stato spesso lesina le autorizzazioni per investimenti ancorché migliorativi solo perché questi produrrebbero nel tempo un aumento di pedaggi, e come si sa il populismo vorrebbe che tutto funzionasse senza che nessuno pagasse. Ma Toninelli non conosce neanche il fatto che la struttura vigilante del ministero è sempre più scarsa di risorse e di personale come denunciò qualche anno fa in parlamento un autorevole dirigente del ministero dei lavori pubblici, l’architetto Coletta creando così difficoltà agli obblighi di controllo e sicurezza che lo Stato dovrebbe avere. E continuando nell’ignoranza, Toninelli non ricorda uno degli errori che negli anni 60 fece la DC quando evitò che la Salerno/Reggio Calabria fosse finanziata da pedaggio. Ci sono voluti 40 anni per costruirla mentre la Roma Milano, con pedaggio, fu realizzata in appena 6 anni. Infine in un paese fortemente indebitato come il nostro, le uniche privatizzazioni decisamente utili sono quelle degli aeroporti, stazioni, autostrade e in genere delle grandi infrastrutture. L’utilità dello Stato nel privatizzare le concessioni che peraltro non possono essere delocalizzabili, nasce dal fatto che incassa miliardi di euro senza essere costretto ad anticipare risorse che non ha per investimenti e manutenzioni e mantiene un controllo ferreo sulla sicurezza, sulla trasparenza, su tariffe e su pedaggi. Perché dopo i fatti dell’autostrada del Brennero Toninelli non si domanda se l’attuale stato infrastrutturale del Paese sia adeguato o meno in particolare sul terreno della mobilità su ferro, su gomma sul mare e nell’aria e se finanche lui stesso, senza offesa, sia adeguato a parlare di tutto ciò? Questa sarebbe la politica ma essa è pressoché sconosciuta di questi tempi.
paolocirinopomicino@gmail.com
articolo pubblicato su Il Foglio Quotidiano il 5 febbraio 2019
Il tormentone: Sì Tav, No Tav.
Il tormentone della Tav, o del Tav (Treno ad alta velocità), come piace dire a quelli ‘precisi’ e che parlano bene, spacca il governo in due, con Salvini da una parte che dice Sì alla Tav e alle grandi opere, e con Di Maio dall’altra che gli risponde picche, finché il M5s starà al governo, la Lione-Torino non si farà.
E i gufi si appollaiano sul ‘tunnel della discordia’ sperando in nuovi scenari politici che ribaltino l’attuale maggioranza di governo, pronti a trasformarsi in falchi per piombare sulle poltrone liberate da una eventuale crisi di governo!
Ma ai cittadini, imbottigliati nel traffico di tutti i giorni e in attesa sulle banchine per salire su mezzi pubblici che non arrivano mai e che quando passano sono affollati peggio di un carro bestiame, sono ben altre le problematiche che stanno a cuore e che vorrebbero vedere risolte dalla politica: lavoro, scuola, salute e trasporti, per l’appunto.
Oltretutto la maggioranza degli italiani – per niente edotta ed aiutata a capire qualcosa sull’argomento dai professoroni, dai tecnici, dagli esperti e dagli stessi politici dei due schieramenti – ha scarse conoscenze sul ‘tunnel della discordia’ per poter prendere una posizione responsabile, e quindi poco gliene tange del ‘teatrino’ della Val di Susa.
Per cui il tormentone ‘Sì Tav, No Tav’, viene derubricato a grande opera di distrazione delle masse dai problemi di tutti i giorni.
L’ennesimo referendum politico su Lega e 5stelle che alla fine, pur di non perdere le poltrone un accordo lo troveranno e non potendo fare fifty-fifty come per reddito di cittadinanza, quota 100 e flat tax, perché quel buco nella montagna non può essere scavato per metà sì e metà no, rimanderanno ai posteri – come già fatto per debito pubblico e clausole di salvaguardia – ogni futura decisione. Insomma, chi vivrà… pagherà!
Il suv diesel, il tunnel del Brennero, il plastico di Vespa: le gaffe del ministro Toninelli!