Dem senza identità, non bastano due candidati per rilanciarlo

Tanto tuonò che non piovve. Gira e rigira, parla e riparla ma l’annunciato congresso del Partito democratico sembra avviarsi in un clima modesto e surreale nel quale poco o nulla si discuterà di cosa è il PD e cosa dovrebbe essere. Perché è questo il vero tema del partito democratico  dopo oltre 17 anni di vita modesta  politicamente e culturalmente. È questo il frutto di quella scelta sciagurata  dei Veltroni e dei Rutelli che nel 2007, dopo tanto girovagare per trovare una terza via inesistente, mise insieme ex comunisti ed una spruzzatina di giovani e vecchi democristiani sperando finalmente di  vedere quel sol dell’avvenire sempre promesso dal comunismo internazionale e mai visto. Peraltro sin dall’inizio della Seconda Repubblica nel 1994 gli eredi del PCI misero mano alla svendita delle grandi eccellenze italiane nel settore manifatturiero, nel credito e nei servizi favorendo in particolare il capitalismo francese che per gratitudine ci ha sempre trattato come una colonia (vedi il caso dei cantieri navali di Saint-Nazaire acquistati da Fincantieri ma poi bloccati dal giovane Emmanuel Macron nuovo nume della grandeur d’oltralpe). Dopo trent’anni di fallimenti gravi  dovremmo essere giunti al punto di verità per capire cosa è mai questo partito democratico senza cultura e senza identità.  Un partito socialista di tipo europeo, un partito all’americana dove alberga qualche socialista alla Sanders ma con un corpaccione liberal e liberista, un partito che ha riscoperto che la identità politica è frutto del programma lasciando in soffitta gli orpelli culturali di una visione del mondo capace di muovere masse di militanti grazie ad un senso di appartenenza o non so cosa altro possa essere. Di tutto questo non sembra si voglia discutere. Anzi è già pronto un capro espiatorio, le correnti, le famose correnti. Ma come si fa a guidare  un partito di milioni di persone  (pochi in verità ma sempre milioni) senza le correnti? Bisognerebbe chiedere forse una consulenza a XI Jinping, quello sì che se ne intende. Forse per tentare di riprendere  nelle mani il capo per riannodare una storia politica degna di questo nome si potrebbe partire dall’esame spietato dei 19 anni di governo di questi ultimi 30 anni e della sua trasformazione lenta in un partito servente l’industria finanziaria, la sua egemonia e fonte delle gravi disuguaglianze. Fare l’esame del proprio passato è sempre una delle cose più difficili e richiede una solida cultura che non sembra esserci nell’attuale Partito democratico. Dovremo allora rassegnarci ad un congresso “ordinario” nel quale le uniche emozioni saranno il duello tra Stefano Bonaccini che ricorda la figura di vecchio e solido comunista, il Peppone del terzo millennio, che in mancanza di un don Camillo se la vedrà con  Elly Schlein che nel suo nome difficile evoca un romanticismo da terza internazionale. Quelle emozioni dureranno lo spazio del mattino ed il PD sarà sempre più irrilevante. E il gruppetto dei democristiani come pensano di concorrere  stando da tempo in casa altrui e dopo il disastro di Enrico Letta? Mistero!! La crisi del PD racchiude in se la crisi politica del paese. In Europa la sinistra nella quasi totalità è socialista mentre i nostri “democratici” parlano di riformismo, di progressismo, di campo largo e di amenità di ogni tipo senza mai avere il coraggio di dire esattamente chi sono. Ha ragione il vecchio Bossi quando rivolgendosi a Salvini ha detto “ senza identità un partito muore”.

11.12.2022 – IL MATTINO – Pd senza identità, il rito dei candidati – Dem senza identità, non bastano due candidati a rilanciarlo

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