Mail di Paolo Cirino Pomicino a Dagospia
L’arresto di Matteo Messina Denaro ha attivato una intensa attività mediatica sulle modalità della cattura, sui covi dell’imprendibile mafioso latitante e su tutto ciò che di intimo si trovava, su quanti avevano protetto la sua trentennale latitanza e via di questo passo.
In questa ricerca spasmodica dei dettagli e delle curiosità è sfuggita la cosa più importante, il nuovo profilo della procura della repubblica di Palermo.
L’andata in pensione del nucleo storico di quei procuratori (Scarpinato, Teresi, Principato e tantissimi altri) ha portato alla guida di quell’ufficio prima Francesco Lo Voi, da sempre vicino a Giuseppe Pignatone, ed ora Maurizio de Lucia e l’aggiunto Paolo Guido che sono riusciti a chiudere l’anello per catturare Messina Denaro con la strabiliante capacità dei Ros dei carabinieri.
Questa coppia di inquirenti hanno un profilo totalmente diverso dai predecessori. Parlano poco, non sembra che fantastichino, lavorano sodo parlando con gli atti ed i provvedimenti. Addirittura Paolo Guido nel passato si rifiutò di firmare la richiesta di rinvio a giudizio degli imputati della famosa trattativa Stato-mafia tra cui i vertici dei Ros che oggi sono sull’altare per l’abilità dimostrata.
Un cambio profondo, dunque, della guida della procura di Palermo non può che far piacere perché sostituisce le indagini con le interviste.
Oggi che si tenta di scoprire quanti concorsero alla latitanza di Messina Denaro forse si potrà anche capire chi sottrasse dalla cassaforte nell’ufficio della PM Maria Teresa Principato, autorevole consorte del neo senatore Roberto Scarpinato già procuratore generale della procura di Palermo, il computer con le pendrive relative che contenevano l’intero dossier in una unica copia di tutte le indagini su Messina Denaro.
Le chiavi di quella cassaforte erano solo due, come racconto’ Paolo Mondani di Report, una l’aveva la Principato, naturalmente, ed un’altra il suo assistente finanziere Calogero Pulici indagato e poi assolto. Pulici aveva come avvocato Antonio Ingroia che si oppose alla archiviazione perché voleva vedere un po’ più chiaramente quella inquietante vicenda.
L’autore del furto non era certamente un collezionista di computer ma, secondo la logica, qualcuno interessato a tutelare la latitanza di Messina Denaro.
Chissà se con questa nuova guida della procura di Palermo non si possa far luce anche su questo aspetto che lascia in giro inquietanti sospetti.
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