Governare non e’ roba da tecnici

Pubblicato su ” Il tempo” il 29/01/2013
Più si guarda da vicino l’ anno del governo Monti, più si scoprono buchi, inadempienze ed errori madornali. Cominciamo dalla mancata emanazione dei cosiddetti decreti attuativi dei provvedimenti varati da Monti in 14 mesi di governo. A conti fatti, mancano all’appello oltre 300 adempimenti attuativi dei 34 decreti legge approvati con la fiducia dalla più larga maggioranza parlamentare degli ultimi 30 anni. Tanto per fare un esempio, i due decreti legge per favorire la crescita, lo sviluppo e la semplificazione prevedeva il primo ( D.l. n. 83/2012) 27 adempimenti attuativi e ad oggi, ne sono stati fatti appena due mentre il secondo( decreto legge n. 5/2012 con disposizioni urgenti di semplificazioni e di sviluppo) di adempimenti attuativi ne prevedeva 22  e ne sono stati fatti zero. Zero, avete letto bene. Per non parlare di altre decine di decreti i cui adempimenti attuativi sono rimasti in larghissima parte fermi al palo delle buone intenzioni. Questi dati ci evitano l’ingrato compito di dare un giudizio sul governo dei professori perché da soli ne bocciano l’azione ma lasciateci dire che non abbiamo mai visto nella storia della repubblica un governo che fa decreti legge a go-go e non emana i relativi decreti attuativi di guisa che le norme restano sulla carta. Diventa, allora, fin troppo facile capire perché l’Italia è precipitata in una recessione selvaggia nel 2012 ( -2,5% del Pil) e perché anche nel 2013 la recessione continuerà a mordere redditi e potere d’acquisto delle famiglie e fatturati delle imprese con un aumento della disoccupazione il cui tasso supererà l’11,5%. D’altro canto è sufficiente guardare gli stessi obiettivi programmatici che Monti ha indicato per l’Italia nel prossimo triennio (2013-2015). Il nostro amato professore ci spiega con sussiego e un pizzico di cinismo che continuando la sua cura  l’Italia nel 2015 avrà un deficit annuale ancora dell’1,3% ( 20 miliardi di euro), una crescita di appena dell’1,3% e un debito del 120%, un punto in più, cioè, di quanto era nel 2010, con un tasso di disoccupazione superiore al 10%. Un quadro drammatico che giustamente la Confindustria respinge proponendo azioni alternative che consentano una crescita di almeno il 2% senza la quale non si forma nuova occupazione e né si risanano i conti pubblici. Insomma secondo l’autorevole bocconiano Monti, dopo 4 anni con la sua cura nel 2015 saremmo ancora al palo di partenza. Anzi, a ben vedere, questi modesti obiettivi di Monti allegati all’ultima legge di stabilità ( la ex finanziaria) già da ora sono diventati irraggiungibili perché tutti gli organismi internazionali  ( FMI e Ocse) ci dicono che l’Italia nel 2013 avrà una riduzione della ricchezza nazionale ( il Pil) di un punto mentre il governo dei professori aveva previsto solo lo 0,2% in meno. E meno male che abbiamo un governo di tecnici. In coda a queste cifre, che sono fatti e non opinioni, va detto che la riduzione dello spread, la differenza, cioè, tra i tassi di interesse dei nostri BTP decennali e gli analoghi bond tedeschi  è merito esclusivo della Bce di Mario Draghi che ha interrotto la spirale speculativa dicendo con forza ai mercati che l’euro sarebbe stato difeso con risorse illimitate. Ciò nonostante, però, grazie al dilettantismo del governo tecnico che dimentica come i mercati guardano molto più alle aspettative di crescita di un paese che non al suo debito ( vedi Usa e Giappone) il nostro attuale spread con i bond tedeschi è ancora il doppio di quello che era all’inizio del 2011, quando la crisi internazionale, cioè, già imperversava in Europa e nel mondo da quasi 4 anni. Tutto quanto detto sinora ci fa capire come un paese non possa essere governato da tecnici. L’Italia, infatti, è l’unico paese dell’Europa comunitaria in cui la politica è letteralmente fuggita dal suo primo dovere, quello di governare. E la sua fuga è avvenuta nel momento più difficile per il paese, lasciandolo, così, nella mani di persone totalmente prive di esperienza politica tanto che definirli dilettanti si rischia di  offendere i dilettanti veri. Sinanche la Grecia, la cui condizione non è neanche lontanamente paragonabile a quella italiana, ha chiamato a guidare il governo del paese nel momento più convulso della storia nazionale il tecnico Papademos, già vice presidente della BCE, ma nel governo sono entrati tutti i partiti e cioè l’intera politica. E così è accaduto in Irlanda, in Spagna e in Portogallo, i paesi cioè più colpiti dalla crisi negli ultimi anni. In Italia è avvenuto il contrario. La politica è scappata con la coda tra le gambe tentando di contrabbandare quella fuga dal governo come un senso di grande responsabilità nazionale. Di qui la nascita del governo Monti che non ha, come abbiamo visto, né professionalità parlamentare, né visione d’insieme e che sta introducendo elementi di autoritarismo strisciante nella vita democratica del Paese. Una democrazia efficiente ed efficace non è un lusso che possono permettersi solo paesi che stanno bene in salute ma, da che mondo è mondo, è la democrazia la vera forza vitale che un Paese può attivare per uscire da una crisi drammatica mobilitando tutte le proprie migliori energie. Purtroppo l’orizzonte che vediamo da lontano non ci fa ben sperare né sul piano economico, né sul terreno democratico.

 

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