Non si può vivere con l’elmetto

La guerra di tutti  contro tutti rischia di avvelenare definitivamente i pozzi della democrazia italiana. Da sempre abbiamo invocato una politica dialogante e non muscolare, un’offensiva di persuasione reciproca e non reciproci insulti. Addirittura nel 2006, mentre eravamo in ospedale, scrivemmo all’allora presidente della commissione di vigilanza Rai Mario Landolfi e a Gianni Riotta, direttore del TG1, per mettere fine a quell’abuso di trasmettere nel telegiornale delle 20, tre minuti di presunta “politica” con una carrellata di dirigenti che in pochi secondi si lanciavano sempre e solo accuse  di ogni tipo. Il nostro appello cadde nel vuoto così come caddero nel vuoto i continui allarmi sul fatto che ogni violenza chiama altra violenza. Un paese, insomma, non può vivere con l’elmetto in testa ogni giorno e forse siamo all’ultimo giro utile per fermarci come ha giustamente scritto Ferruccio de Bortoli attaccato oggi da destra e da sinistra. Fermarci tutti non significa nascondere le notizie, né significa porre nel cassetto le critiche ai partiti, ai singoli leader, ai giornali, agli imprenditori e via di questo passo. Diceva il conte di Buffon, letterato francese del ‘700, che è il tono che fa la musica e una cosa è la critica dura e motivata ed altra cosa è una catilinaria accompagnata da insulti. Noi siamo stati tra i primi a gettare, sin dalla metà degli anni novanta l’allarme sulla involuzione autoritaria del nostro sistema politico e non abbiamo avuto difficoltà a scriverlo sul giornale della famiglia Berlusconi. Ed è per questo che restiamo stupiti quando sentiamo Eugenio Scalfari, nella trasmissione di Gad Lerner dell’altra sera, dire che Berlusconi governa solo grazie al premio di maggioranza. Ha ragione ma dimentica che proprio lui, la repubblica e l’intera sinistra, vollero la democrazia maggioritaria con una campagna furibonda contro il sistema proporzionale e contro le maggioranze fatte nel parlamento. Un veleno maggioritario che ha dato al paese, per 15 anni,  governi tutti sorretti da  maggioranze parlamentari che  erano minoranze nel Paese. Noi amiamo la strada di Damasco non fosse altro che per il nostro nome di battesimo, ma scoprire oggi l’autoritarismo del sistema mettendolo sulle spalle del solo Berlusconi significa praticare un’altra faccia dell’autoritarismo, quello della falsità e dell’imbroglio visto che ancora oggi quasi tutti i partiti sono partiti leaderistici privi di democrazia interna con l’eccezione del PD che si sta sfarinando. E poi chi, se non gli intellettuali di sinistra, da Salvati a Guzzetta ha sostenuto la virtù del maggioritario introdotto nel nostro sistema quando Berlusconi non c’era ancora? Se dobbiamo cambiare, e dobbiamo farlo, mettiamo allora sul banco degli accusati quanti continuano a non scegliere tra una vera democrazia parlamentare e quella presidenziale, come quella, però, di tipo americano, con pesi e contrappesi forti a cominciare da un parlamento eletto con sistema proporzionale e con le preferenze. Per poter cambiare nell’interesse del paese, dunque, diventa essenziale che ciascuno critichi innanzitutto se stesso e l’area di appartenenza. Noi, ad esempio, non abbiamo difficoltà a dire che quanti pensano che sul lodo Alfano ci sia stato un patto non scritto tra il Presidente della repubblica e il Presidente del consiglio dovrebbero chiedere le dimissioni di entrambi perché entrambi avrebbero violato in quel caso la nostra Costituzione. Il lodo Alfano era incostituzionale e noi lo abbiamo sempre denunciato così come abbiamo denunciato i blitz di alcuni magistrati inquirenti e le omissioni di altri. Fermarsi e mettere ordine nella casa comune è dunque un dovere urgente perché ne va della vita e del benessere di tutti. Sul versante di questo dovere, però, la responsabilità dell’informazione non è inferiore a quella della politica. Se qualcuno avesse ancora qualche dubbio ci consultasse perché potremo ricordargli oltre alle nostre  responsabilità, quelle del Corriere di Paolo Mieli e della Repubblica di Eugenio Scalfari, dei giornali e delle Tv di Berlusconi e quelle di di Pietro o di quel nodo scorsoio mostrato in parlamento dalla Lega mentre riceveva il finanziamento di Enimont. Ma tutto questo non servirebbe che a gettare stupidamente benzina sul fuoco. Dobbiamo, invece, tutti girare pagina ma il primo a doverlo fare resta, come è d’obbligo, il partito di maggioranza relativa e per esso,  Silvio Berlusconi. E a seguire, naturalmente, tutti gli altri.

Pubblicato su ” Libero” il 15 ottobre 2009

 

Be the first to comment on "Non si può vivere con l’elmetto"

Lascia un commento

Il tuo indirizzo e-mail non sarà pubblicato.


*