E ora sull’intesa mafia-Stato chiedo spiegazioni a Violante

Il 10 aprile  su queste colonne scrivemmo un lungo articolo sulla trattativa Stato-mafia a seguito delle bombe del ’93 titolando “ se trattativa ci fu chiedetelo a sinistra e giudici”. Quel giudizio si poggiava su alcuni banali considerazioni. Le bombe del ‘ 93 erano inserite nel seguente scenario politico-istituzionale. Il centro-sinistra al governo del Paese era guidato da un autorevole tecnico, Carlo Azeglio Ciampi, figlio di una filiera antica e forte, e aveva come ministro della giustizia Giovanni Conso, altro tecnico, messo lì sempre dalla stessa filiera di relazioni e convincimenti. Tutto il resto della politica, dai socialisti ai democristiani del Caf, era in rotta di collo, fuori, cioè, da tutte le responsabilità di governo piccole e grandi. Alla stessa maniera le forze dell’ordine,  a cominciare dai carabinieri, che  comunque continuarono imperterriti la loro lotta alla mafia tentando di immettere infiltrati nelle sue file o convincere qualcuno dei mafiosi a pentirsi. In questo sforzo i Ros di Mori tentarono di convincere a collaborare Vito Ciancimino e la sua audizione fu comunicata alla Commissione antimafia dal suo presidente Luciano Violante nell’ ottobre ‘92. Pochi giorni prima della sua convocazione, guarda caso, Ciancimino venne arrestato e il presidente Violante, pur potendolo interrogare in stato di detenzione, decise di non proporre alla commissione il suo interrogatorio. Questo lo scenario politico-istituzionale con una aggiunta non di poco conto e cioè che Oscar Luigi Scalfaro si apprestava a sciogliere le Camere pur avendo il governo Ciampi un’ampia maggioranza parlamentare e senza nemmeno ascoltare i pareri dei presidenti delle due camere, Spadolini e Napolitano ( in una sua lunga lettera inviataci l’Onorevole Michele Zolla amico e collaboratore di Scalfaro sostiene il contrario ma le  parole della missiva dell’epoca a firma dello stesso Scalfaro  confermano in pieno la nostra tesi). Ricapitolando, dunque, il Psi, un pezzo grande della Dc, il Pli, il Pri e il Psdi erano fuori gioco e il governo era pieno zeppo di tecnici sempre dello stesso stampino  ( tra gli altri anche Paolo Savona e Piero Barucci ) mentre il Pci di Occhetto si apprestava a cogliere i frutti di Tangentopoli organizzando la famosa e gioiosa macchina da guerra e le elezioni anticipate. Questi i fatti. Logica vorrebbe, allora, che la trattativa non poteva che essere fatta da quelle forze non politiche ma “tecniche”, tutte dello stesso profilo e tutte al governo del Paese, insieme alla loro musa ispiratrice, cioè quella parte del Pci che faceva riferimento a Luciano Violante. Le bombe, a nostro ripetuto giudizio, altro non erano che un richiamo mafioso ai propri compagni di viaggio a fare ciò che dovevano fare. E lo fecero. Più volte abbiamo ricordato che mafia e parte della sinistra politica  pur essendo sino a prova contraria distinte e lontane tra loro avevano gli stessi obiettivi ( disarcionare il governo di centro-sinistra) nonché gli stessi nemici  nella politica e nella magistratura, Craxi, Andreotti e Falcone. Non ripetiamo cose già dette e stranote come la guerra della sinistra politica e giudiziaria contro la nomina di Falcone alla guida della direzione nazionale antimafia. Convergenze oggettive, dunque, ancorché non concordate ( almeno sino a prova contraria) ma pur sempre convergenze. Altri protagonisti furono alcuni procuratori della repubblica per ciò che diremo tra poco. In quell’articolo dell’aprile scorso ci fermavamo qui non avendo ancora conosciuto ciò che aveva fatto il “tecnico” Conso che nel corso dell’anno ’93 tolse dal 41 bis circa 300 mafiosi. Ma non è tutto. Dopo quella iniziativa se ne avviò in maniera significativa un’altra ben più massiccia  e cioè l’inserimento nei programmi di protezione di centinaia e centinaia di mafiosi che ben presto uscirono dalla galera con una nuova identità e un po’ di quattrini realizzando così  un riciclo della criminalità organizzata che in 10 anni   portò alla liberazione di circa 4 mila appartenenti alla criminalità organizzata e spinse le Camere a mettere un freno. Dopo Conso e i programmi di protezione  le bombe finirono, i mafiosi uscirono e noi ancora oggi non conosciamo nel dettaglio chi gestì i programmi di protezione, quanti criminali ogni anno usufruirono dei suoi benefici e il perché Violante e la sua commissione antimafia non vollero più sentire il detenuto Ciancimino. Il sospetto doveroso è che quell’eventuale interrogatorio nel novembre-dicembre 1992 avrebbe fatto conoscere molte verità a cominciare dalla liberazione dal 41 bis di quei trecento mafiosi e probabilmente avrebbe evitato le bombe  e i morti. In tutti questi anni le nostre analisi hanno sempre anticipato la verità e, pur con la necessaria prudenza, ci sentiamo ancora una volta di sostenere che quelle forze che avevano ispirato Tangentopoli sono le stesse che furono chiamate dalle bombe al “ redde rationem” e gestirono poi le iniziative di Conso e dei programmi di protezione.

Pubblicato su ” Libero” il 02-12-2010

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