Non si può affidare a tecnici autorevoli il compito di salvare l’Italia. Serve una stagione di serietà dopo 20 anni di follie interessate.
Siamo nel periodo natalizio e gli uomini di buona volontà dovrebbero riscoprire il linguaggio della verità mentre in queste ultime settimane abbiamo sentito solo il linguaggio delle banalità o, se volete essere più carini, il linguaggio dell’ovvietà.
Ha cominciato, in verità, il nostro primo ministro, uomo serio ed operoso, dichiarando con una certa enfasi che il suo governo si sarebbe mosso su tre direttrici, il rigore, lo sviluppo e l’equità. Avete mai visto un governo che desidera puntare invece al lassismo, alla recessione e all’iniquità? Parole al vento, come si vede, perché in politica la differenza non la fanno gli obiettivi (tutti vogliono rigore, sviluppo ed equità) ma gli strumenti con i quali quegli obiettivi possono essere raggiunti.
Nel caso della manovra governativa gli strumenti scelti, forse, ma proprio forse, potranno garantire il rigore e il pareggio di bilancio nel 2013, ma non si intravede né la crescita né l’equità. A dire il vero di crescita non se ne parla proprio e l’Italia, come stiamo dicendo da almeno due mesi, prima, cioè, del varo dello stesso governo Monti, andrà nel 2012 in una recessione grave (-3 -4 punti di PIL). La responsabilità sarà in parte dell’Europa sempre più bloccata nell’affrontare i nodi che la travagliano e in parte della manovra che rischia di mancare drammaticamente tutti e tre gli obiettivi sbandierati e cioè il pareggio di bilancio, la ripresa economica e un’equità socialmente sostenibile. Davvero qualcuno può pensare che liberalizzando taxi, farmacie, accesso ad alcune attività professionali, l’economia italiana parta a razzo per una nuova stagione di crescita? Via, siamo seri.
A prescindere che vorremmo vedere nel merito alcune di queste liberalizzazioni di settori regolamentati sul terreno dei prezzi (vedi le tariffe dei taxi) per cui l’utente rischia di essere un domani in balia della volontà del tassista per il prezzo di una corsa in particolare in alcune ore e in alcuni giorni, ma non c’è dubbio che alcune liberalizzazioni, aiutando la concorrenza, potranno far scendere i prezzi (vedi la telefonia mobile) e aiutare un po’ di investimenti. Saremmo, comunque, nel recupero di margini di efficienza in alcuni settori ma certo non determineremmo quella spinta verso una ripresa economica che manca da troppo tempo. Anzi, ad onor del vero, manca da quando l’economia italiana (diciannove anni) è stata messa nelle mani di autorevolissimi tecnici che hanno ridotto gli investimenti pubblici e fatto crescere la spesa corrente. Non è una sciocca polemica la nostra anche perché, sin da quando è nato, abbiamo difeso e difendiamo ancora oggi il governo Monti. Se annotiamo queste contraddizioni è solo per richiamare la politica ai suoi doveri da troppi anni dimenticati nel gioco tattico delle ridicole contrapposizioni nell’altrettanto ridicolo bipolarismo all’italiana. Tranne dichiarazioni di un genericismo sconcertante non abbiamo sentito, infatti, dai leader politici un indirizzo, un orientamento cui costringere un governo fatto da persone probe ed autorevoli ma prive di quella visione politica che non si può avere né per eredità né nello spazio di un mattino. Si confonde da tempo professionalità e politica in un Paese che ogni sera nei telegiornali ci propina dichiarazioni generiche uguali e contrarie con l’aggiunta di qualche insulto dipietrista. Così non si va avanti. Né al riordino del sistema possono contribuire quanti invocano una nuova stagione d’impegno politico dei cattolici genericamente intesi. In parlamento non ci sono mai stati tanti cattolici come adesso ed anzi tutti i leader, con l’eccezione di Bersani, si dichiarano cattolici ma questo resta solo un fatto privato com’è appunto il proprio credo religioso. C’è bisogno, al contrario, di un pensiero politico organizzato e di una cultura di riferimento per trasformare le buone volontà di uomini e donne in un partito politico in grado di guidare la società e non di seguirla solleticando le sue vanità, i suoi umori più profondi e più grezzi e i suoi interessi particolari.
C’è bisogno, insomma, di una nuova stagione di serietà fatta di pensiero politico ed azione dopo vent’anni di follie un po’ frou-frou e un po’ disinvolte ed interessate. Così si salva l’Italia e il compito è tutto della politica non certo dei cari amici tecnici chiamati a servire il Paese alla men peggio. Ciò che diciamo è testimoniato in questi giorni dal crollo dei consumi e sarà testimoniato ancora di più il prossimo anno dalle tantissime crisi aziendali che si annunciano. È tempo che la politica esca dal suo pluriennale letargo e riassuma la guida del Paese fosse anche attraverso lo stesso governo tecnico.
Pubblicato su ” Il Tempo” il 28 dicembre 2011
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