Il “montismo”sta diventando l’autoritarismo del Terzo millennio

Pubblicato il 12 settembre 2012 su “Il Foglio”

Siamo un paese decisamente strano. Sorgono come  funghi, infatti, nuove categorie politiche che  sono solo  nuovi nominalismi espressione di gruppi di potere. E’ il caso del “montismo” termine usato con insistenza da qualche tempo da alcuni grandi organi di informazione e che offendono il paese e  Mario Monti come lui stesso ha dichiarato. Tutti, anche i peggiori critici del governo, riconoscono il recupero di credibilità internazionale che l’Italia ha avuto con l’arrivo di Monti ma coniare un termine come “montismo” significa riconfermare la crisi profonda in cui è precipitato il nostro sistema politico. La crisi, infatti, c’è ed è grave come da anni ripetiamo ma non ne usciremo mai se rincorriamo o invochiamo altri ridicoli liderismi che non hanno dietro di sé né cultura politica né sentimento popolare. Addirittura alcuni parlano di pressione delle cancellerie internazionali per un nuovo governo Monti dopo le elezioni del 2013 senza che nessuno, in questa nostra cara Italietta, si senta appena appena risentito da queste interferenze internazionali semmai ci fossero. Certo, anche nell’ultima sfida tra Sarkozy e Hollande c’erano preferenze nelle cancellerie europee come c’erano nella sfida tra il socialista spagnolo Rubalcaba e Rajoy ma, vivaddio, in Francia e in Spagna si scontravano non solo due leader ma due culture politiche nelle quali si riconosceva la stragrande maggioranza dei francesi e degli spagnoli. L’alta personalità di Monti è, invece, una personalità solitaria  inserita appieno in un sistema di interessi economici e finanziari. La sua credibilità nasce dalle proprie capacità professionali,  dall’essere stato un buon commissario europeo e dall’essere stato  non solo consulente importante di alcune potenti ancorchè chiacchierate banche d’affari ( Goldman-Sachs) e agenzie di rating ( Moody’s) ma innanzitutto dall’essere presidente europeo della commissione “ trilateral”, organizzazione inventata nel 1973 da David Rockefeller che riunisce industriali, finanzieri e uomini d’affari dell’Europa, dell’Asia e degli Stati Uniti. Inoltre il nostro presidente del consiglio è anche autorevole membro del più esclusivo club della finanza europea e angloamericana, il famoso Bildeberg. Se questo, dunque, è il suo retroterra culturale e di appartenenza dargli un valore politico significa chiedere che il governo del nostro Paese venga affidato a questi club finanziari di cui Monti è espressione diretta. Piaccia o no, è questa l’operazione in corso. Noi non abbiamo  nulla contro queste organizzazioni finanziarie internazionali nelle quali, peraltro, è utile che vi sia anche la presenza italiana ma questa presenza non può diventare una sorta di piattaforma politico- culturale capace di sostituire il ruolo imprescindibile dei partiti. Se ciò avvenisse  anche grazie all’intreccio finanza-informazione l’Italia inizierebbe un cammino pericoloso sotto la guida di un autoritarismo nuovo e diverso da quelli del ‘900, inodore e invisibile ma capace di produrre effetti altrettanto devastanti sulla tenuta culturale, economica e sociale del paese. Non è un caso che le grandi democrazie europee si guardino bene dal trasformare in movimenti politici di massa gruppi  di potere economico-finanziari. Pierferdinando Casini e la sua Unione di Centro hanno fatto a Chianciano una splendida festa con la carrellata di personaggi noti del mondo dell’industria,  del volontariato, del sindacato e del governo Monti. E’ stato eliminato nel logo di quel partito il nome del suo presidente avviando, forse, una trasformazione democratica dell’Udc sottraendolo, così, ad una diffusa deriva padronale dei partiti. E’ un passo importante ma il  profilo politico del partito è ancora indefinito ed è, forse, quello più esposto al rischio di assumere come elemento costitutivo quel “montismo” che, si dica quel che si vuole, finisce per essere il nuovo autoritarismo del terzo millennio che trova nella crisi del nostro sistema politico il terreno più fertile per aggredire lentamente l’intera Europa democratica. In altra occasione parleremo anche dei risultati dell’azione di governo di Monti ma oggi ci preme richiamare l’attenzione di tutti su questo inquietante rischio politico  alimentato dall’italico vizio del “servo encomio”. Non è un caso che in una intervista alla Maggioni nel programma Tv 7, una voce dal sen fuggita ha fatto dire a Monti con chiarezza che la sua forza nasce dal fatto di non dovere essere sottoposto al voto. E non a caso il grande Guido Carli diceva che il governo tecnico o era una suggestione o un fatto eversivo.

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