Il caso Sicilia. Beppe, il padrone che sta seppellendo gli altri padroni

Pubblicato su ” Il Tempo” il 03-11-2012

Qualcuno esulta per la nomina a governatore, qualche altro sottolinea il risultato dei propri amici siciliani sopra la media nazionale del suo partito, altri ancora maledicono le divisioni che hanno portato alla sconfitta ma nessuno tra i leader politici nazionali sembrano capire sino in fondo ciò che è veramente accaduto. Le forze politiche che siedono in Parlamento sono state tutte sconfitte dall’astensionismo (il 52% degli aventi diritto) e da Beppe Grillo il cui partito è risultato primo con il 14,9%. Una sconfitta per tutti, dunque, in uno scenario politico di Lilliput che renderà complicata la navigazione del nuovo governatore Rosario Crocetta. Nessuno, dicevamo, si accorge di questa sconfitta comune che getta un’ombra lunga sul futuro del paese. E quel che è più grave, al silenzio giulivo di quelli che si chiamano partiti ma tali non sono, risponde un analogo silenzio degli intellettuali italiani nello spiegare il perché di questo fenomeno che non ha precedenti nella storia unitaria del paese. Non è detto, naturalmente, che ciò che è accaduto in Sicilia avverrà anche nelle prossime elezioni politiche ma è molto probabile che lo scenario gli somiglierà moltissimo. Ed allora da dove cominciare per riprendere il bandolo di una matassa così ingarbugliata? Cominciamo col dire che venti anni fa intellettuali, opinionisti, leader politici di partiti storicamente falliti (Occhetto e Fini) e la grande informazione spiegavano che c’era bisogno di “rottamare” la classe dirigente rea di finanziamenti illegali ai partiti che in molti processi vennero trasformati in reati di corruzione. Sotto la spinta della piazza, dei magistrati e della grande informazione, nel corso di 24 mesi sparirono tutti i partiti dei primi 40 anni di vita repubblicana. Comunisti, socialisti, liberali, repubblicani e democristiani, come d’incanto, non esistevano più e mentre scomparivano alcuni politici colpiti da processi, le culture politiche di tutti venivano messe in soffitta aprendo la strada al nuovo che avanzava con il volto di Silvio Berlusconi e con la sua nidiata della società civile e del “bon vivre” (imprenditori, professionisti e vari famigli). Da quel momento l’Italia è stata l’unica grande democrazia europea ad avere un sistema politico “resettato” da ogni cultura politica e guidata da comitati organizzativi ed elettorali di tipo personale che per pigrizia culturale sono stati ancora chiamati partiti. A seguire una selezione di classe dirigente che definirla politicamente mediocre è quasi un complimento. Uno scenario siffatto non poteva che implodere come più volte, derisi e snobbati, abbiamo detto urlando in un silenzio assordante. Se qualcuno andasse a mettere sulla propria scrivania i discorsi parlamentari di Mussolini prima della marcia su Roma, quelli di Guglielmo Giannini nell’immediato dopoguerra, quelli di Berlusconi del 1994 e quelli di Beppe Grillo nell’ultimo anno, scoprirebbe, mutatis mutandis, un’assonanza di toni e di contenuti impressionanti. Con il che lungi da noi definire Giannini, Berlusconi e Grillo fascisti, ma la lettura di quei testi spiega esattamente cosa accade quando si apre un vuoto politico per la crisi dei partiti o quando, invece, esistono partiti di massa ricchi di cultura politica. La crisi dello stato liberale  e la giovinezza dei nuovi partiti di massa socialisti e cattolici aprì nel 1922 un vuoto politico occupato da Mussolini con tutto il suo tragico carico. Quando emerse il fenomeno Giannini (50 deputati) l’Uomo Qualunque fu rapidamente assorbito dai partiti di massa democristiano e socialista. La rottamazione e la successiva desertificazione culturale e politica del ’92–’93 aprì le porte ad un movimento populista “monarchico-anarchico” come lo definì anni fa Fabrizio Cicchitto in un quadro di partiti personali con filosofi e pensatori vari che indicavano nel leaderismo la modernità. Follia collettiva che ha portato il paese allo stremo. L’ultimo atto sarà quello del “cittadino Grillo” come lui definisce se stesso e i suoi seguaci parodiando, nel lessico, il giacobinismo di Robespierre e di Marat ma seppellendo l’intero sistema politico sotto una grande risata condita dai “vaffa” e dai nuovi concetti di democrazia liquida. In politica c’è sempre un puro più puro di te che ti epura, diceva Pietro Nenni, ma c’è anche sempre un padrone più padrone di te che ti azzera. E il padrone Grillo sta seppellendo i padroni di tutti i partiti.

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