Piccoli passi

piccoli passiPubblicato su ” il foglio” il 22 giugno 2013

Chi ben comincia è alla metà dell’opera dice un vecchio proverbio popolare. I provvedimenti varati sabato scorso dal governo Letta rispondono a questo profilo di buon inizio. Le misure che mitigano le vecchie e oppressive norme che imponevano ad Equitalia di essere una sorta di esattore da medio-evo al servizio di uno Stato che non paga i suoi creditori ma che vessa il contribuente che non paga confiscandone la casa, è un segnale molto positivo così come lo è l’allungamento della rateizzazione possibile sino a 120 mesi e non perderne il diritto se si saltano sino ad 8 rate. I segnali positivi, però, sono anche verso imprese e famiglie. Riduzione delle bollette energetiche (vedremo poi nel dettaglio di quanto), il fondo di 5 miliardi per prestiti agevolati per le piccole imprese (leggeremo se c’è un appesantimento burocratico che le vanifica) la riedizione della vecchia legge Sabatini per l’acquisto di nuovi macchinari industriali, sblocco di 3 miliardi per cantieri minori in capo agli enti locali, l’abolizione della tassa sui natanti sino a 14 metri, costituiscono un complesso di norme il cui valore, oltre a quello economico, è di un cambio di direzione di marcia. Senza ritornare al “benaltrismo” di sinistra memoria, questi provvedimenti, però, sono davvero solo un piccolo passo nella direzione  giusta. In questa settimana, infatti, il piano per l’occupazione giovanile e il provvedimento sulla semplificazione burocratica saranno altri due test fondamentali per far uscire l’Italia da una crisi recessiva che dura ormai da quasi sei anni. Ma anche dopo questi provvedimenti il grosso da fare per il governo è ancora tutto da venire. La riduzione delle tasse (IMU, IVA) e del costo del lavoro, essenziale per  rilanciare la competitività delle imprese insieme ad un forte finanziamento per la ricerca e l’innovazione e ad una riduzione della spesa corrente, sono, infatti, obiettivi di ben altra portata rispetto a quelli centrati con questi iniziali provvedimenti. Per realizzarli vi sono tre pre-condizioni : 1) i tagli della spesa pubblica saranno reali ed effettivi se si riducono le funzioni dello Stato sia in chiave autorizzativa che in quella effettiva. Se le funzioni, infatti, restano le stesse, ogni taglio produrrà solo debito sommerso come hanno dimostrato gli ultimi anni ; 2) l’aggressione del debito pubblico più che mai necessario per liberare risorse dalla spesa per interessi  e  per dare un segnale forte ai mercati tale da riportare lo spread a 100-120 punti base in più sui bond tedeschi cosi come avveniva sino ai primi mesi del 2011; 3) la vendita di quel patrimonio immobiliare dello Stato facilmente collocabile sul mercato come, ad esempio, gli immobili utilizzati dalla pubblica amministrazione, e cioè messi a reddito, puntualmente estromessi dalle dismissioni varate dal governo Monti tanto che sino ad oggi non si è ricavato un ragno dal buco su quel versante. Senza queste pre-condizioni, un progetto triennale di sviluppo per una robusta ripresa economica non potrà decollare perché privo della necessaria “benzina”. Naturalmente tutto quanto descritto sortirà il massimo degli effetti sulla crescita se anche l’Europa capirà che quel “fiscal compact” scioccamente imposto da alcuni e subìto da altri, potrà più facilmente essere raggiunto quanto più rapida e robusta sarà la crescita economica. Se su questo versante l’Europa dovesse essere sorda, rimarrebbero in piedi quelle gravi asimmetrie tra le economie dei paesi membri che travolgerebbero ben presto l’euro e metterebbero in fibrillazione la ratio e il comune sentire della costruzione europea degli ultimi 50 anni. Ma c’è qualcosa in più che noi aspettiamo dal governo Letta ed è quello di porre al prossimo consiglio dei capi di Stato e di governo del 27 giugno prossimo i due temi di fondo all’origine dell’attuale crisi mondiale e cioè una diversa disciplina dei mercati finanziari e un nuovo ordine monetario per evitare che l’Occidente si trovi disarmato allorquando la Cina e le nuove economie ricche di valute pregiate, decideranno di regolare i propri debiti con le proprie monete nazionali come già hanno cominciato parzialmente a fare. Il silenzio dell’ultimo G8 su questo argomento è un segnale, purtroppo, decisamente negativo.

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