Finanza speculativa: i rischi

 finanzaPubblicato sul Corriere della Sera il 23 giugno 2013 ” interviste e repliche”

Franco de Benedetti, nel Corriere del 9 giugno, ha contrastato la tesi di Salvatore Bragantini che chiedeva di “regolare la finanza” facendo una sfilza di esempi di economia reale che mai si sarebbero potuti realizzare senza l’essenziale apporto della finanza. De Benedetti enumera alcuni esempi di finanza virtuosa, una finanza, cioè, che svolge il suo ruolo naturale di  infrastruttura fondamentale al servizio dell’economia reale, ruolo che progressivamente sta perdendo diventando essa stessa un’industria a se stante in cui la materia prima sono i quattrini e il prodotto sono solo più quattrini, spesso anche di carta, utili fino a quando “la perversione” dei mercati finanziari reggerà. E’ finanza virtuosa, con effetti cioè, sull’economia reale, quella che trasferisce, invece, nei nuovi prodotti finanziari (vedi derivati) risorse immense attraverso i “futures”, una serie di vere e proprie scommesse su tutto, dai mutui americani ai contratti a termine su azioni, obbligazioni per finire a quelle su materie prime che rappresentano la vita del mondo, e poi diffonderli tra i risparmiatori nei mercati finanziari (oggi i derivati in circolazione sono 9 volte e mezzo il Pil mondiale)? Questa finanza non è un’infrastruttura al servizio della produzione di beni e servizi e delle nuove frontiere nella ricerca e nell’innovazione. Questa finanza è una idrovora che succhia valore economico proprio alla produzione, al lavoro ed al commercio per metterlo nelle mani di pochi sottraendo così alla massa delle imprese quell’elemento essenziale, i quattrini, per realizzare quelle cose che Franco de Benedetti porta ad esempio. Alla metà del secolo scorso Luigi Einaudi spiegava che la speculazione serviva all’economia di mercato perché metteva in evidenza i lati deboli del sistema. Oggi, invece, la finanza speculativa regna sovrana nei mercati finanziari deregolamentati (un esempio classico sono le vendite allo scoperto, cioè si vende ciò che al momento non si ha).  L’intreccio tra questo tipo di finanza con una parte elitaria dell’economia reale e più ancora con ampi settori dell’informazione, è diventato un potere fortissimo che mette in riga governi e parlamenti erodendo così i profili democratici che l’Occidente si è dato col sangue di milioni di persone nel secolo scorso. Guardate con occhio lungo questo stato di cose e, in assenza di misure, vedrete all’orizzonte rischi di continue crisi recessive, di rottura della coesione sociale e di rivolta popolare con desideri  di sistemi politici autoritari del tipo di quelli che ad Oriente sanno mettere la mordacchia alla finanza speculativa pur garantendo l’economia di mercato e la crescita. Iniettare liquidità nei mercati come fanno oggi gli Usa, il Giappone e la Gran Bretagna, può essere utile nel tempo breve ma nel tempo lungo sarà un disastro perché quella liquidità è anche l’alimento principale di quel nuovo mostro finanziario che sta facendo crescere disuguaglianze drammatiche nel mondo e che può essere battuto solo da una nuova disciplina dei mercati finanziari capace di dirottare l’enorme liquidità internazionale verso la produzione di beni reali, verso la ricerca e l’innovazione, verso l’ambiente e la salute. E’ questa la vera sfida che la politica, a livello europeo e del G20, ha drammaticamente di fronte a se stessa.

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