Meditazioni leopardiane d’un vecchio dc sulla politica in pantaloni corti

leopardiArticolo pubblicato su “il Foglio” il 04/07/2013

Grillo, Monti, Renzi, Casini, Santanchè e via via tanti altri protagonisti della politica nostrana dichiarano così tanto quotidianamente da ricordarci quella splendida poesia leopardiana che racconta la solitudine di un passero nel mentre “primavera d’intorno brilla nell’aria e per li campi esulta sì ch’ a mirarla intenerisce il core. Odi greggi belar, muggire armenti, gli altri augelli, contenti a gara insieme per lo libero ciel fan mille giri”. Sì, ci inteneriamo molto quando sentiamo parlar di politica da parte di tanti amici come se ne avessero dimenticato i profili della sua forma e della sua sostanza. L’insulto quotidiano di Grillo cosa mai è se non l’urlo disperato di chi non sa cosa fare del consenso ricevuto e discetta, per distrarsi, sulla democrazia diretta, la nuova frontiera di una catarsi domestica e mondiale? Alla offensiva autoreferenziale della Santanchè che si autonomina “pitonessa” (donna ispirata da forze soprannaturali e capace di predire il futuro) risponde il caro Mario Monti che volendo, dopo il disastro, imparar di politica si affretta a minacciare anche lui il governo Letta non si sa a nome di chi e con una improvvisazione che “intenerisce il core”. Un po’ ingrato, quel simpatico bocconiano, visto che Enrico Letta quando Monti presentò il suo governo alla Camera gli scrisse un biglietto ricco di “ amorosi sensi” e di assoluta disponibilità. E’ poi un vecchio socialista come Guglielmo Epifani a dover spiegare allo spumeggiante Matteo Renzi che un partito non è un taxi neanche per andare a Palazzo Chigi e che le funzioni di segretario politico e di primo ministro sono profondamente diverse. E così, in questo dibattito che sembra surreale a fronte delle drammatiche difficoltà del paese, l’esperienza di un antico militante socialista come Epifani batte la prorompente giovinezza di un giovane democristiano nel mentre sembra “desaparecida” la stirpe diessina ex comunista. E come non intenerirsi nel leggere il vecchio e sempre giovane Pier Ferdinando Casini che dopo aver azzerato ogni speranza di riportare in Italia quella cultura cristiano-democratica che governa il centro – Europa pur essendo nientepopodimenoche il presidente dell’internazionale democristiana interviene anch’egli , forte di una decina di parlamentari superstiti, nel dibattito politico per prendere le distanze dal nulla, al secolo la scelta civica di Monti? Non sembra anche a voi sentire e vedere “d’in su la vetta della torre antica greggi belar , muggire armenti , gli altri augelli contenti che fan mille giri” ? La nostra non è un’irriverenza verso alcuni politici in gran parte amici e men che meno la volontà di offenderli. E’ solo stanchezza verso una politica che si esaurisce nelle parole spesso incomprensibili e negli insulti. Una stanchezza che fa svanire anche un’indignazione antica lasciando il passo ad un sorriso amaro che si consola ricordando liriche antiche che contrassegnarono la nostra giovinezza e nelle quali collocare i protagonisti della vita pubblica di oggi. Ma è solo un momento, una transitoria “défaillance” di un anziano osservatore della politica che ben presto recupererà la voglia di capire ciò che vede e ciò che sente. Un titolo per tutti : cosa significa il ritorno a “Forza Italia” di Silvio Berlusconi ? Un nome, quello di Forza Italia, che fu capito nell’emergenza del 1994 quando tutto sembrava sepolto sotto le macerie di Tangentopoli e serviva, per l’appunto, una bandiera di resistenza e di coraggio e niente più del grido “Forza Italia” poteva servire alla bisogna. Ma oggi a che serve? A quale cultura politica fa riferimento? Vuol forse spingere le diverse culture presenti nel PDL ad una consensuale separazione legandole poi con il vincolo federativo o che altro? Il paese affanna sempre più in una recessione che travolge famiglie e imprese da sei anni e che sembra non avere mai fine e che invoca, ancora a bassa voce, una impennata di coraggio e di contenuti rivolta al governo ma più ancora alle cosiddette forze politiche e a quel parlamento che nei momenti di difficoltà politica ha sempre trovato, nel passato, l’orgoglio della sua sovranità con un pensiero e con proposte capace di farlo uscire dalla palude. E’ la nostra speranza e il nostro invito, rivolto innanzitutto ai presidenti di quelle commissioni che hanno più delle altre nelle proprie mani il filo delle riforme economiche e costituzionali. Un invito a far presto prima che il tempo utile si consumi definitivamente.

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