Intervista pubblicata su ” Il Piccolo”

INTERVISTA CIRINO POMICINO – di Alberto Alfredo Tristano. Pubblicata su ” Il Piccolo” il 25 agosto 2013

Paolo Cirino Pomicino ha democristianamente attraversato la politica degli ultimi quarant’anni in ogni posizione: parlamentare italiano ed europeo, presidente della potente commissione Bilancio, ministro, anzi ‘o ministro con delega ai conti dello Stato, macinatore di campagne elettorali all’ultimo voto, capocorrente dc a fianco del mai abbandonato maestro Andreotti, il Divo Giulio. Oggi assiste, da osservatore animato da fluviale e totalizzante passione per la politica, l’ennesimo atto del consueto spettacolo dell’ultimo ventennio: il dibattito pubblico interamente assorbito dalla figura di Silvio Berlusconi. Dopo la condanna in Cassazione, sono giorni di fuoco ad Arcore e nel Palazzo.

Presidente Cirino Pomicino, che dovrebbe fare il Cavaliere?

Ritengo che Berlusconi, come qualsiasi leader politico che volesse incarnare il ruolo dello statista, abbia il dovere di difendere la sacralità della legge, legge che peraltro lui stesso ha approvato, e del Parlamento. E quindi dovrebbe dimettersi. Dopodiché è assolutamente legittimo gridare alla faziosità di chi l’ha giudicato. Ma uno statista deve arrestarsi davanti all’ordine. Gli resta la possibilità di continuare a guidare il suo partito, che io credo mantenga il suo appeal presso una grossa fetta dell’elettorato italiano, e con quell’incarico può esercitare il suo impegno a sostegno di questo governo e delle necessarie riforme nell’economia e nella giustizia che al Paese occorrono. Alternative non ne vedo.

Lei ha profondamente la legge Severino, che contiene le norme sulla incandidabilità.

Sono assolutamente convinto dell’anticostituzionalità di quelle norme, perché si viola un principio della Carta sull’elettorato passivo: cioè si impedisce a un cittadino di esercitare il diritto di essere eletto, cosa che può essere impedita, a mio giudizio, solo dalla magistratura con un provvedimento giudiziario. Lo dico non nel mio interesse, avendo subito condanne per complessivi 1 anno e 10 mesi nelle inchieste di Tangentopoli, e quindi essendo escluso dalla mannaia della Severino. Ma facciamo il caso di chi ha una condanna di due anni e dieci giorni: le sembra giusto che sia fuori dalla politica per una questione di contabilità del calendario? E meno male che questa legge porta la firma di un’eccellente figura nel campo del diritto come l’avvocato Severino… Ma che ci vuol fare? I tecnici sono tecnici e i tecnici devono fare.

Nella legge Severino ha contato molto la politica, non può attribuire tutto al governo dei tecnici…

Lo so bene. Purtroppo questa legge ha avuto un’incubazione lunga, i cui inizi risalgono addirittura al 2007, ed è figlia del giustizialismo ridicolo di quel periodo e dello scandalo che ha riguardato i fondi pubblici dei gruppi regionali, pensiamo al caso Fiorito ma non solo. Mi stupisce e mi inquieta un’altra cosa.

Quale?

L’inadeguatezza assoluta dei parlamentari del centrodestra. Ma come si poteva non accorgersi che la prima vittima di questa sarebbe stato il loro leader? E’ una cosa che non mi spiego, se non con la stoltezza. Altrimenti dovrei pensare che sono stati complici dei giustizialisti. Il che sarebbe assai più grave. Meglio stolti, lo dico per il bene loro. Nella prima Repubblica assai difficilmente sarebbe stati lì.

Nostalgia?

Non ho nostalgie di alcun tipo. Mi limito a dire che con la preferenza il popolo davvero controlla chi lo rappresenta. Ma oggi siamo in tempi di Porcellum, che a tutti fa comodo perché rispecchia perfettamente la politica odierna. Un mostro a tre teste.

La prima testa?

La mancanza di culture di riferimento di stampo europeo. In nessun posto, a parte l’Italia, mancano le quattro famiglie della politica continentale: la cristiano-democratica, la socialista, la liberale e l’ambientalista. Da vent’anni inseguiamo Forza Italia, Margherite, la Querce, fratelli d’Italia, ci mancano solo le sorelle Bandiera e abbiamo completato.

La seconda?

Il leaderismo. Alla cultura di partito si è sostituito il carisma del comandante. E allora via con i vari Berlusconi, Grillo, Di Pietro, Vendola… Il punto è che finito il leader finisce anche il partito. E questo conduce al terzo punto, il più delicato.

Quale.

La selezione della classe dirigente. Un tempo la selezione era darwiniana, oggi è cortigiana. Basta essere fedeli. Ammetto che l’inquinatore dei pozzi è stato Berlusconi, e questa è la sua colpa storica. Ma non va dimenticato che le culture sono state uccise dalla sinistra, che non potendo continuare a essere comunista, ha preteso che anche le altre smettessero di essere quel che erano. Però la politica trova sempre il modo di vendicarsi. Ora col mio amico Berlusconi, pregiudicato e ormai circondato solo da iracondi e fascisti. E presto anche con la sinistra.

A che si riferisce?

Semplice: chi saranno i capi del Pd del futuro? Due ex democristiani come Enrico Letta e Matteo Renzi. Con loro i comunisti si estingueranno, bisognerà chiamare il Wwf…

Da democristiano duro e puro, come giudica Letta e Renzi?

Hanno indubbia personalità, però anche loro ragionano secondo la logica dell’uomo solo al comando: il quale, mi creda, funziona solo con i carri armati per le strade. Diceva il vecchio Andreotti a chi gli chiedeva cosa avrebbe fatto se avesse avuto tutti i poteri: “Qualche sciocchezza in più”. Dovrebbero avere un po’ più senso del gruppo, ricercare un minimo comune denominatore tra compagni di strada, e inseguire meno il ruolo. L’autorevolezza ti deriva dalla personalità, non dalla funzione: altrimenti finisce che è autorevole il ministero, non il ministro.

E del centro cosa ne pensa, dopo l’avventura montiana di Scelta civica?

Scelta civica è un aborto da me largamente preannunciato a Casini, che ha però mostrato ancora una volta la dimensione soltanto tattica della propria visione politica. Povero Monti, non c’entra nulla con la politica: me lo ricordo quando era mio consulente al ministero, aveva molte qualità, ma qualità tecniche, che vanno politicamente gestite, sennò si perdono.

Come crede che si possa uscire da questa crisi del sistema politico?

Solo con un recupero delle singole identità politico-culturali. Ho notizie di cantieri aperti in questo senso. Ma veda, la tempistica in politica è fondamentale: occorre vedere se ci saranno le condizioni perché alcune operazioni possano essere fatte. Altrimenti se si corre al voto, salta tutto. E saremmo qui a ripeterci le stesse identiche cose.

Il presidente Napolitano ha mostrato netta contrarietà allo scioglimento delle Camere.

Napolitano sta facendo di necessità virtù. E ammetto che è a lui che si deve la tenuta del Paese: e lo dice uno che nel 2006 da deputato non lo votò per la presidenza della Repubblica. Oggi sarebbe ozioso chiedersi se ci sia invasione di campo in altri poteri dello Stato. Il sistema va salvato. Punto. E Napolitano lo sta facendo.

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