Ecco come Alitalia può restare italiana

Articolo pubblicato su ” Il Giornale ” il 05-04-2008 con lo pseudonimo di Geronimo
La telenovela sulla vicenda Alitalia continua con colpi di teatro quotidiani. Qualche giorno fa l’abbandono, poi definito elettoralistico, di Angeletti della Uil, l’altro ieri quello di Spinetta, amministratore delegato di Air France-Klm. Una mossa tattica, hanno fatto filtrare i francesi, cui è seguita una cauta riapertura dei sindacati. In questa trattativa piena zeppa di montagne russe mozzafiato ciò che manca è la guida ferma e intelligente del ministro del Tesoro Padoa-Schioppa. Non sappiamo come non si riesca a capire che se uno si siede al tavolo delle trattative dicendo al compratore o mi acquisti o fallisco, si pone scientemente in una posizione di debolezza tale dalla quale inevitabilmente si esce con le ossa rotte. Eppure Padoa-Schioppa non lo capisce. Ma c’è di più. L’ineffabile ministro del Tesoro continua a parlare di vendita di Alitalia mentre in realtà si tratta di un’offerta pubblica di scambio (OPS) per cui, una volta accettata, lo Stato italiano con il suo 49% e passa di azioni Alitalia diventerebbe un azionista dal 2% al 3% della nuova compagnia Air France-Klm-Alitalia di cui lo Stato francese rimarrebbe l’azionista di riferimento con il 15%. Questa non è solo una precisazione pettegola ma è la testimonianza della mancanza di qualunque strategia di medio lungo periodo. E ci spieghiamo. Dal momento che nella proposta di Air France c’è una ricapitalizzazione di Alitalia per un miliardo di euro la controproposta più intelligente da parte del nostro Governo sarebbe quella di sottoscrivere esso l’aumento di capitale di guisa che il Tesoro italiano non sarebbe domani un piccolo azionista con il 2-3% della nuova compagnia ma sarebbe il secondo azionista della più grande compagnia aerea del mondo per trasporto merci e tra le prime per il trasporto passeggeri con il 6-8% del capitale. Questa presenza significativa in Air France-Klm offrirebbe, più ancora dei vincoli contrattuali, quelle garanzie che da più parti si chiedono in ordine al mantenimento del logo «Alitalia» e delle altre accessorietà. Insomma ci troveremmo a essere protagonisti di un processo di internazionalizzazione attiva del nostro trasporto aereo mantenendo in mani italiane una parte significativa del capitale della nuova compagnia aerea Air France-Klm-Alitalia.
Per quanto riguarda l’esborso del miliardo di euro per ricapitalizzare Alitalia niente impedisce al Tesoro di trasferire il suo 49% in una neweco aprendo la stessa ad alcuni autorevoli imprenditori italiani secondo la linea illustrata da Berlusconi per cui l’impegno «statale» sarebbe minimo o pressoché nullo ma l’Italia manterrebbe, così, nelle sue mani private o pubbliche questa parte del capitale azionario della nuova grande compagnia aerea. In parole povere garantiremmo ad un tempo una internazionalizzazione attiva del nostro trasporto aereo e una privatizzazione parziale o totale della presenza pubblica dentro Alitalia. È difficile comprendere una strategia flessibile come questa capace di difendere un pezzo di «italianità» e il valore della nostra compagnia di bandiera? Eppure questa tesi illustrata da noi in commissione bilancio della Camera Padoa-Schioppa non l’ha capita o, se volete, non ha voluto comprenderla. Resta naturalmente il piano industriale e l’assenso dei sindacati. Ma con una strategia finanziaria e societaria di questo tipo gli stessi sindacati sarebbero più tranquilli e più facilmente accetterebbero quei tagli senza i quali non c’è alcun futuro per Alitalia.

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