GUERRA ALL’ULTIMO SANGUE PER UN POSTO IN MOBILITA’

articolo di Adriano Bonafede pubblicato il 7 luglio 1989 su la Repubblica

Roma. Per molti dei dodicimila dipendenti pubblici che hanno presentato domanda di mobilità, Paolo Cirino Pomicino è una sorta di liberatore: è infatti il primo ministro che abbia dato una chance di cambiare lavoro a chi non ne può più di stare a vegetare in un posto dove ormai non è utile né alla collettività né a se stesso. Per centinaia di Comuni e di enti statali e parastatali, il ministro della Funzione pubblica è invece uno che disturba il tranquillo tran tran quotidiano e sottrae loro la possibilità di gestire direttamente le assunzioni, cosa di cui sono molto gelosi. La storia della mobilità dei dipendenti pubblici, avviata con una legge dello scorso anno, è racchiusa tutta qui, in questi due estremi che sintetizzano bene i termini della questione. Ma è soprattutto la storia di un’ accesa partita di poker fra Paolo Cirino Pomicino da una parte e i ministeri e gli enti pubblici dall’altra, in cui la posta è la sistemazione del personale in esubero in certe branche dell’ amministrazione statale (in particolare nella scuola) in altri comparti dove invece c’ è richiesta. Una partita che non è ancora terminata e in cui entrambe le parti non disdegnano di ricorrere di tanto in tanto al bluff. L’ idea della grande mobilità si fa strada proprio un anno fa. Sul tavolo del ministro giacciono domande di nuove assunzioni, in deroga al blocco deciso con la legge finanziaria, per 40 mila dipendenti. Le domande provengono da tutte le branche della pubblica amministrazione, ma soprattutto dai Comuni. Concedere la deroga a tutti, con la conseguente immissione nei ruoli di questa massa di impiegati, vorrebbe dire mandare in tilt i già disastrati conti dello Stato, facendo saltare il piano di rientro predisposto dal ministro del Tesoro, Giuliano Amato. D’ altro canto si sa che il calo delle nascite, e forse anche di più le assunzioni ope legis, hanno creato un surplus di insegnanti nella scuola. Si pensa così di far incontrare la domanda e l’ offerta di personale interno della pubblica amministrazione. L’ operazione deve però avvenire senza costrizioni: e infatti si parla di mobilità volontaria, confidando nel desiderio di molti dipendenti in eccesso di cambiare aria. Al massimo si può far balenare l’ ipotesi di usare, oltre alla carota, anche il bastone: cosa che viene fatta con una seconda legge che minaccia l’ uso della mobilità d’ ufficio per quegli impiegati che, pur risultando in esubero, non presentano domanda. La legge sulla mobilità non trascura neppure le difficoltà che possono nascere sul fronte degli uffici pubblici, restii per principio a cedere ad altri le prerogative sulle assunzioni. E così il ministro della Funzione pubblica fa inserire nella Finanziaria ‘ 89 una norma che impedisce a qualunque ufficio pubblico di indire concorsi se prima non ha fatto una ricognizione delle carenze o degli esuberi di organico e non li ha comunicati alla Presidenza del Consiglio per la partecipazione alle procedure della mobilità. Una norma a cui qualche branca della pubblica amministrazione tenta di sottrarsi non comunicando la propria situazione di organico. La segreta speranza è che la legge rimanga inapplicata o che il governo prima o poi cada trascinando nel dimenticatoio anche la norma sulla mobilità. Intanto piovono le domande di trasferimento: sono ben 30 mila, che riguardano però circa 12-13 mila dipendenti (ogni persona può infatti presentare più richieste), quasi tutti insegnanti. Gli esuberi comunicati finora al dipartimento della Funzione pubblica della Presidenza del Consiglio sono poco più di 30 mila, mentre le carenze sono 160-170 mila e promettono di arrivare a 250 mila alla fine dell’ operazione. La maggior parte dei buchi di organico sono negli enti locali (quasi 90 mila nei tre bandi pubblicati finora). Poi ci sono le aziende autonome, soprattutto le Poste, con 40 mila carenze complessive. Infine i ministeri, con 27 mila. Ma all’ appello mancano ancora le Ferrovie e molte altre amministrazioni, che saranno coperte con un quarto e forse ultimo bando. A spedire la domanda è un esercito di dipendenti timorosi di subire il trasferimento d’ autorità e di non poter scegliere neppure in parte la propria destinazione futura. Ma ci sono anche moltissimi impiegati scontenti della propria situazione che cercano un riscatto in altri settori della pubblica amministrazione. E poi sorpresa tante persone che non risultano in esubero ma che desiderano ugualmente cambiare aria. A termini di legge la loro domanda non può essere accolta, ma Paolo Cirino Pomicino ha promesso che cercherà una soluzione anche per loro. A Palazzo Vidoni, sede del dipartimento della Funzione pubblica, comincia un pellegrinaggio di insegnanti e di impiegati che desiderano chiarimenti. Un concentrato di varia umanità che spesso avanza richieste poco ortodosse. Come quell’insegnante che, pur di avvicinarsi al luogo di residenza della famiglia, chiede se può occupare il posto di cuoco vacante in un ente locale. Altri, sempre con lo scopo di avvicinarsi alla famiglia, sono disposti ad accettare di essere degradati e di perdere parte dello stipendio. Sul fronte degli impiegati, comunque, la mobilità funziona. Per la prima volta commenta Paolo Cirino Pomicino si spezza il modello di organizzazione della pubblica amministrazione per feudi separati. Sul fronte degli enti pubblici, invece, le resistenze non mancano. Si cerca nella legge qualche appiglio per non partecipare o per vanificare l’ operazione. E qualche occasione si trova: i pubblici impiegati, infatti, sono divisi in circa 450 profili professionali e anche se molti di questi si assomigliano, in quanto prevedono lo stesso titolo di studio e un’ analoga preparazione, queste diversità formali facilitano chi vuole boicottare la legge. Il caso più eclatante è quello del ministero dell’ Interno. Con il capo di Gabinetto ci siamo presi a male parole racconta Cirino Pomicino perché lui voleva sostenere che i ragionieri di quel ministero fossero diversi da quelli delle altre amministrazioni. Un’ assurdità che si commenta da sola. Alla fine ho vinto, ma sono convinto che i posti vacanti siano molti più di quelli dichiarati. Ovviamente in molti casi la resistenza è logica e ben motivata, in quanto l’ amministrazione cerca precise figure professionali che non corrispondono minimamente a quelle di chi ha chiesto la mobilità. La guerra tra Paolo Cirino Pomicino e gli enti pubblici non è affatto finita, anche se il primo round l’ ha vinto il ministro. Il rischio è che le amministrazioni anche se sono state costrette a comunicare le proprie carenze per non perdere la facoltà di indire nuovi concorsi boicottino le domande o con il silenzio o con risposte negative, con la motivazione che i profili professionali non sono simili anche quando in effetti lo sono. Ma il ministro è lì che aspetta qualche mossa falsa per tirare fuori e far approvare qualche nuova norma di legge. Perché lui non accetta di perdere, anzi vuole raggiungere a tutti i costi qualche risultato politico ben visibile. Intanto ha fatto sapere che darà a tutti coloro che hanno presentato domanda un’ assistenza in caso di rifiuto immotivato da parte delle amministrazioni. Senza contare che gli interessati hanno sempre l’ arma dei ricorsi al Tar.

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