Il (brutto) sogno di un vecchio democristiano

La lettera Pubblicata su “l’Unità” il 02-04-2014
Caro direttore da qualche tempo sono confuso, tremendamente confuso. Le scrivo perché la sua Unità è rimasto l’ultimo giornale di un sistema politico scomparso e perché nei suoi decenni di vita è stato sempre il principale punto di riferimento della sinistra politica e democratica. Questo splendido e lussureggiante riformismo messo in campo da un allievo di don Mazzolari e di Giorgio La Pira mi inorgoglisce e ad un tempo mi lascia perplesso. D’altro canto i grandi del cattolicesimo politico mi hanno insegnato che è molto meglio coltivare la saggezza del dubbio che non l’orgoglio delle certezze spesso inquinato dalla cultura “dell’ipse dixit”. Per spiegare meglio la mia confusione devo raccontarle un sogno di qualche giorno fa. Ero in un’assemblea di giovani e illustravo gli effetti del combinato disposto delle due principali riforme oggi in discussione, la legge elettorale e quella del Senato. La camera alta, dicevo ai ragazzi, non sarà più composta da donne ed uomini eletti dal popolo ma da sindaci e presidenti di regioni e da una rappresentanza delle assemblee regionali e comunali definita dagli accordi che faranno i gruppi, da Palermo a Milano, da Torino a Napoli. A questi rappresentanti locali si aggiungerebbero 21 componenti scelti dal Capo dello Stato. Questa eliminazione del voto popolare determinò qualche smorfia dei ragazzi in prima fila che, dopo un po’,strabuzzarono gli occhi sentendo che il futuro Senato regional-comunale perdeva le sue funzioni principali, dalla legislazione ordinaria al voto di fiducia al governo. Una sorta di Camera dei Lord senza i Lord, mi interruppe una ragazza impertinente in prima fila. Feci finta di non sentire e cominciai a parlare del nuovo Made In Italiy, l’italicum, originalità di stampo latino. Questa nuova legge elettorale, dissi, garantisce la governabilità perché dà alla coalizione che raggiunge il 37% la maggioranza assoluta dell’unica camera rimasta, quella dei deputati, grazie al premio di maggioranza del 15%. Il governo, aggiunsi, ha recuperato tutte le culture europee perché mentre i tedeschi hanno un solo elemento maggioritario, la soglia di accesso al 5%, gli spagnoli le circoscrizioni piccole e gli inglesi i collegi uninominali maggioritari, il governo li ha messi tutti e tre insieme e non volendo i collegi uninominali, fonti di sorprese non sempre piacevoli, ha messo al loro posto le liste bloccate ( però quelle piccine, piccine piccio’) e un premio di maggiorana del 15%! E subito quell’antipatica in prima fila insorse” ma come, ancora le liste bloccate? Cioè non votiamo nemmeno per i deputati? Ma questa non è la cultura del “senatus populusque romanus”, questa è la tradizione velenosa dei Borgia che fece grande Firenze e rovinò il papato!. Ancora una volta feci orecchie da mercante e continuai sostenendo che poiché all’appello mancavano i francesi fu recuperata la loro cultura elettorale mettendo un secondo turno di ballottaggio qualora nessuna delle coalizioni avesse raggiunto la soglia premio del 37%. Grande lungimiranza italica. Nelle altre democrazie europee le maggioranze di governo si fanno in parlamento con le forze elette dal popolo sovrano(vedi Germania, Gran Bretagna, Spagna) noi invece col ballottaggio di fatto abbassiamo la soglia per dare quel premio che ci piace tanto, tanto! Ma chi fa le liste bloccate? Domandò la simpatica rompina in prima fila. Il segretario con la sua direzione, risposi subito, e quella di contro “ma la vita democratica dei partiti non è stata ancora disciplinata secondo l’articolo 49 della costituzione e quindi può esserci la dittatura del 51% senza che gli elettori possano essere il contrappeso democratico con il proprio voto”. Ragazzi basta, siamo dinanzi ad un grande processo riformatore, riformatore, riformatore…mi svegliai madido di sudore e ricordai. Una camera sola, il governo dato, ora e sempre, ad una minoranza del paese, il voto popolare abolito per i legislatori e lasciato solo per i tanti Fiorito e i suoi compagnucci sotto tutte le latitudini, il tutto condito da cortesi ultimatum temporali dati al parlamento della repubblica. Diciamo la verità, dissi, tra me e me, il vecchio onorevole Acerbo non ebbe questo coraggio e mentre riflettevo mi risuonavano nelle orecchie “senatus populusque romanus, il veleno dei Borgia e il manicomio di San Salvi a Firenze” dove mi specializzai in malattie nervose e mentali tanto tempo fa. Ecco, caro direttore, la grande confusione. E’ in campo una modernizzazione del paese o una nuova stagione autoritaria visto e considerato che si potevano più facilmente ridurre il numero dei senatori lasciando il voto popolare, modificarne le funzioni costringendo camera e senato a legiferare nelle commissioni in sede redigente per accelerare le decisioni legislative, introdurre la sfiducia costruttiva per la stabilità ed evitare che a governare fosse sempre una minoranza così modesta sapendo che è tanto più saggio che la maggiorana parlamentare sia, generalmente, anche maggioranza del paese. Grazie dell’ospitalità sperando che intellettuali e senatori ritrovino quella sapienza e quel coraggio antichi per decidere in piena libertà ciò che davvero è meglio per l’Italia.

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