I primi tre mesi del governo

Interventi & Repliche- Pubblicato su il ” Corriere della Sera” il 28 aprile 2014
Nella seconda metà del novecento agirono in occidente,due grandi forze, il capitalismo industriale e la della democrazia politica che ebbero molto spesso obiettivi comuni come l’espansione dei Welfare nazionali con l’allargamento del ceto medio. Negli anni ottanta arrivò dagli Stati Uniti, con la politica reganiana, una mutazione del capitalismo industriale che prese rapidamente le sembianze del capitalismo finanziario che si scrollò di dosso ilpositivo bagaglio culturale che ne aveva caratterizzato l’azione nei primi 40 anni del secondo dopoguerra. Quel capitalismo finanziario sostenuto da un pensiero iperliberista assunse un profilo quasi ideologico basato sulla perversa invenzione, della capacità dei mercati finanziari di autoregolamentarsi mentre si poneva come unico obiettivo un profitto “irragionevole”da realizzare nel più breve tempo possibile aiutato, in questo, dalla globalizzazione del mercato dei capitali e dall’assenza di qualsiasi ordine monetario. I risultati sono sotto gli occhi in tutto l’occidente ed in particolare in alcuni paesi come l’Italia. Il ricordo di queste vicende ci fa porre una domanda di fondo: da quale parte si colloca il presidente del consiglio, dalla parte di un capitalismo finanziario distruttore di benessere e di democrazia o su di un versante alternativo? Nella speranza di essere smentiti diciamo con franchezza ciò che percepiamo. Un leader politico energico che dà ad una piazza arrabbiata perché impoverita ed avvelenata contro un nanismo politico profittatore tutto ciò che chiede. Ed allora giù con i simbolismi che pure hanno un loro fondo di verità. Via le auto blu, tetto agli stipendi pubblici confondendo salari con indennità di funzioni transitorie come quella del presidente della repubblica, a casa migliaia di politici con l’abolizione parziale delle province, via alla riduzione di pensioni che superano 3-4-5 mila euro lorde che certo non appartengono ad una piazza vociante,lotta ai burocrati dimenticando che governo e parlamento producono le norme appiccicose per imprese e famiglie, via al finanziamento pubblico ai partiti compensato da fondazioni ad personam come quella di big-bang dello stesso Renzi, quasi a testimoniare l’importanza di partiti poveri e segretari ricchi ed via alle nomine di donne al governo e nelle grandi aziende pubbliche, una sorta di rivoluzione rosa che non partorì nè la Merkel, nè la Tachter, nè la Iotti o la Anselmi nè Marisa Bellisario. Tre mesi di governo con provvedimenti popolarissimi, e molto spesso anche giusti come quello delle province, ma dà, però, l’impressione di perseguire una maggiore eguaglianza di tutti nella povertà, ed in particolare del ceto medio, senza spendere una parola sulla riforma dei mercati finanziari (non inganni il miliardo prelevato alle banche o l’aumento al 26% delle tassa sulle rendite finanziarie).I mercati deregolamentati sono i responsabili delle mostruose disuguaglianze fondate su profitti vertiginosi ed irragionevoli che il capitalismo finanziario ha prodotto negli ultimi 20 anni nel mondo ed in una Europa che non ha neanche più quel sistema monetario unico. Al silenzio sulle grandi questioni nazionali(debito e crescita) e internazionali(finanziarizzazione dell’economia)si contrappone una velocità supersonica nella riduzione degli spazi di democrazia con la decisione di non far votare più agli italiani i propri legislatori ed affidando il governo del paese ad una minoranza che rappresenterà poco più di un terzo degli elettori. Sembra quasi, nella nostra percezione onirica della quale chiediamo scusa in anticipo, una esperimento in un paese border line tra grandezza e povertà in cui si andrebbe a consolidare la vittoria di un capitalismo finanziario a danno dell’economia reale, difesa dal vecchio capitalismo industriale, e della democrazia dei partiti che fece grande l’Italia repubblicana e l’Europa comunitaria. Ecco la visione che percepiamo e vorremmo veder smentita perché le radici culturali di Renzi sono le stesse nostre, quelle di un cattolicesimo politico che difese con la vita l’economia di mercato ed è avversario irriducibile di quel capitalismo finanziario nemico di un benessere diffuso e della tenuta democratica degli Stati.

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