Se politica e burocrazia avessero coraggio, a che servirebbe Cottarelli?

pubblicato il 2 agosto 2014 su Il Foglio Quotidiano

È ormai un decennio, e forse più, che la legislazione italiana è diventata sciatta nella forma e approssimativa nella sostanza. Per quest’ultimo aspetto è sufficiente ricordare che da alcuni anni a questa parte la norma di copertura finanziaria ad un provvedimento trova nel suo ultimo articolo la seguente espressione “le norme contenute nel presente provvedimento non devono comportare nuovi e maggiori oneri per la finanza pubblica”. Gli ultimi legislatori forse dimenticano che un provvedimento legislativo può anche avere, figurativamente, “un’anima” ma certo non ha una propria volontà o una propria capacità di decisione. Per cui quel “non devono comportare maggiori oneri” a chi è rivolto dal momento che le norme non sono organismi pensanti? Ai burocrati, forse, o ai politici? I burocrati hanno il triste destino di essere i capri espiatori di norme pasticciate che da un lato obbligano a fare certe cose e dall’altro non danno le risorse necessarie. Insomma quel verbo “non devono” non può essere inserito in un provvedimento legislativo che dovrebbe, al contrario, chiudersi con la seguente espressione “le norme di cui eccetera eccetera non comportano nuovi o maggiori oneri per la finanza pubblica”. Tanto per intenderci è il legislatore che si deve assumere la neutralità contabile delle norme ove essa esiste e non gli esecutori. L’esempio riportato non è una furbizia dolosa, è solo una sciatteria di dilettanti che, ahimè, restano tali anche dopo anni di impegno parlamentare. Il dramma è che questa approssimazione spesso, per non dire sempre, è sostenuta anche dai governi che si succedono. E allora una domanda. Ma dove è finita la gloriosa tradizione della ragioneria generale dello Stato senza il cui bollino nessuna norma potrebbe essere approvata? E, sul versante parlamentare, i presidenti delle commissioni bilancio di Camera e Senato, che pure sono parlamentari culturalmente attrezzati, perchè tacciono? Il coraggio è una virtù propria della politica senza la quale nulla può andare avanti. Alla metà degli anni ’80 la Commissione bilancio della Camera alla unanimità sospese ogni legislazione di spesa per oltre due mesi perchè il governo non dava chiarimenti certi in ordine agli andamenti erratici di finanza pubblica. E alla guida di quel governo c’era un certo Bettino Craxi che proprio debole non era. Questa sciatteria e questa approssimazione sono esplose ora con il decreto legge sulla pubblica amministrazione in cui, tra le tante anomalie di cui abbiamo già parlato su queste colonne, sono stati previsti prepensionamenti di insegnanti e di dirigenti con spese previdenziali per oltre 1,5 miliardi e con la relativa copertura messa sulle spalle di questa mitica “spending review” che non è stata ancora adottata e sulla cui efficacia nutriamo molti dubbi. Il disastro è che i legislatori di oggi non sanno neanche mettere una norma di salvaguardia che è una delle cose più semplici che all’epoca si insegnavano ai “peones”. Una norma diventa efficace solo se nel corso di uno o due anni si trovano coperture certe (in termini tecnici si tratta di apportare un fondo negativo di 1,5 miliardi di euro che attiva la norma solo se le risorse diventano certe e stabili nel tempo). Cottarelli è una persona seria e non può che prendere atto che la sua storia finisce qui. Ad onor del vero sin dall’inizio la istituzione di un team per la riduzione della spesa pubblica era una cosa ridicola senza che suoni offesa per nessuno. Se dobbiamo chiamare ieri Bondi ed oggi Cottarelli con i suoi tecnici, cosa ci stanno a fare la ragioneria generale dello Stato e le strutture burocratiche delle amministrazioni dello Stato e gli stessi ministri se non sanno individuare quali spese possono essere ridotte o eliminate? Una ovvietà disarmante eppure questo mitico team ha trovato spazio leggendario nella grande informazione televisiva e sulla carta stampata. Siamo da qualche tempo in balia di un dilettantismo impressionante che peraltro ha il vizio della bulimia legislativa. Una volta le leggi finanziarie (oggi leggi di stabilità) erano di 80-90 pagine di norme che diventavano 110-115 dopo il passaggio parlamentare. Oggi partono da 200-250 del governo e superano, alla fine del percorso parlamentare, le 300 pagine di norme con centinaia di decreti attuativi che non vengono mai emessi (ad oggi sono oltre 500). Pochi si accorgono che stiamo scivolando in un ridicolo paese dei balocchi nel quale arrivano tanti gatti e volpi per prendere e portare via molti gioielli nazionali e con essi la speranza di un paese messo da tempo nelle mani di dilettanti allo sbaraglio, ieri tecnici e anziani oggi giovani belli e pimpanti.

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