Gufi o pazzi, il lento declino della società politica è davanti ai nostri occhi

articolo pubblicato il 6 novembre 2014 su Il Foglio Quotidiano

Questa volta siamo preoccupati per noi stessi perché guardandoci intorno abbiamo netta la sensazione di veder cose che altri non vedono e questo può essere il primo, segno di pazzia. Nel sistema politico di oggi vediamo cose di Sant’Uffizio. Un piccolo esempio per tutti. Un vecchio DC andreottiano come Beppe Fioroni viene traghettato dal PD nel partito socialista europeo mentre un’autorevole persona come Renato Brunetta che ha speso una vita per l’idea socialista viene traghettato da Berlusconi nel partito popolare nel quale il 70% e più son democristiani. È la modernità come alcuni sussurrano o siamo pazzi noi nel considerarla una stramberia? E che dire delle ultime parole del nostro amato Renzi che accusa non si sa chi (se fosse ancora tra noi Andreotti sarebbe certamente lui l’imputato) di voler spaccare il paese mentre ci è sembrato sentire proprio Lui che criminalizzava finanche un dissenso che votava definendo gufi ed iettatori quanti argomentavano in maniera diversa dal suo dolce pensare? È la democrazia moderna che impone la frusta, per il momento solo lessicale, per dare forza ai propri argomenti o siamo pazzi noi nel ritenere il tutto come un lento declino del vivere di un partito e di una società politica? E l’onda anomala di occupazione del potere da parte di uomini e donne della regione del divino poeta è una giusta valorizzazione delle identità locali o è un’anomalia ancestrale che affonda le proprie radici nella tradizione medicea? È giusto che sia così o siam pazzi noi a rilevare questa originale espansione toscana nella perdizione del potere? E che dire poi della situazione economica nella quale si rincorrono fantasmi giganteschi e superficialità lillipuziane in quadro impressionista  degno della migliore tradizione di quel filone pittorico di fine ottocento? Ma è davvero così o siamo noi a vedere ciò che forse non c’è? Qualcuno si chiedeva, ad esempio, se la lenta scomparsa dal nostro paese della siderurgia di Taranto e di Piombino, di Terni e di tante altre località imponesse il ritorno di una presenza  pubblica in un settore vitale della manifattura mondiale come ci dimostrano Germania e Francia. Una domanda che secondo alcuni evocherebbe il ritorno ad un passato da dimenticare. Ma a noi sembra di ricordare che il grande balzo in avanti dell’Italia verso una moderna democrazia industriale fu fatta proprio da quella grande industria pubblica rafforzata a sua volta da quell’universo di piccole e medie imprese che si alimentavano della loro ricerca e della loro innovazione dando  forza al paese ed al suo sistema produttivo con la propria flessibilità. E poi se gli stranieri quelle industrie le vogliono comprare tutte non è, forse, la dimostrazione per tabulas che quei settori, a cominciare dalla siderurgia, sono ancora vivi  e vitali  per la comunità nazionale ed internazionale? Queste considerazioni son vere o siamo noi diventati pazzi come i vecchi generali di cavalleria che ricordano la carica dei seicento contro i cannoni della modernità? E che dire della tassazione dei rendimenti dei fondi pensioni quasi che quei rendimenti andassero nelle tasche di qualcuno e non fossero destinate ad implementare il montante pensionistico per dare nel futuro una pensione integrativa capace di evitare la formazione di un disperato esercito di pensionati poverissimi? Siamo dei gufi spennacchiati che gettano ombre sul futuro o siamo definitivamente perduti nei meandri di una pazzia senza ritorno? E su questo terreno che dire dell’invito pressante di Renzi a rompere il salvadanaio del TFR per consumare oggi quel tanto che allevierebbe il domani? Siam gufi o siam pazzi? Ed infine perché nessuno sente quel silenzio assordante, un po’ ignorante e un po’ complice, che copre con la sua coltre il prossimo destino del nostro sistema bancario la cui proprietà, grazie alle politiche nazionali ed europee fatte di Basilea 2-3 e forse 4 e di una unione bancaria improvvida, sta passando di mano? L’altro ieri dello Stato, ieri delle fondazioni italiane e domani della finanza internazionale contrariamente a quanto avviene in Francia ma più ancora in Germania nella quale il mercato bancario per oltre il 60% è nelle mani delle “landesbanken” pubbliche. Il mondo finanziario, in particolare nella Eurozona, sta pericolosamente compattandosi sotto il comando di uno solo quasi a rinverdire su questo terreno il sogno di Carlo Magno senza avere un livello politico alto a cui dar conto. Sono le traveggole della nostra pazzia  o è il destino ineluttabile di una Europa politicamente sbrindellata e prigioniera della forza del denaro e del mercato? Forse siamo solo un po’ stanchi ma in un ritorno improvviso di serenità e di saggezza ci sentiamo di fare dopo tanti secoli di nuovo l’elogio della follia.

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