articolo pubblicato il 29 ottobre 2014 su Libero Quotidiano
Viste le reazioni ho bisogno forse di spiegare meglio di quanto abbia fatto nella mia intervista la proposta di cui peraltro ho scritto più volte in questi anni. La mia proposta è partita da un dato drammatico e cioè che dal 1995 l’Italia non cresce più e quando l’economia della Eurozona è cresciuta il nostro paese è stata la cenerentola per tasso di sviluppo con due conseguenze drammatiche, la disoccupazione crescente e l’impoverimento del ceto medio. Insomma una povertà dilagante a cui fa riscontro una elite sempre più piccola e sempre più ricca. Ma non è tutto. Quando ho letto il documento finanziario che accompagna la nuova legge di stabilità triennale mi son cadute le braccia perché ho visto che gli obiettivi programmatici che il governo si è dato e che spera di raggiungere sul terreno della crescita sono un tasso di sviluppo che nel 2015 sarà dello 0,6% per arrivare lentamente nel 2018 (ben oltre i mille giorni dunque) ad un aumento del pil di 1,4%. Bene, con questi tassi di crescita l’Italia non uscirà dal tunnel in cui si è infilata dal 1995 e lo dimostra lo stesso governo che sempre nel documento finanziario prevede al 2018 una disoccupazione oltre il 10%. A fronte di questi fatti tutti, ma proprio tutti, dicono di volere abbassare la pressione fiscale su famiglie ed imprese, ridurre il costo del lavoro, fare investimenti pubblici di vario ordine e grado (assetto idrogeologico, trasporto su ferro e su gomma, banda larga e via di questo passo) accompagnando la nuova riforma del lavoro con grandi ammortizzatori sociali. Come si sa la politica non si divide sugli obiettivi ma sugli strumenti per raggiungerli. Ebbene tutti vogliono far ripartire l’economia italiana ma nessuno si sforza di pensare con quali risorse le cose che tutti chiedono si possono fare. Finanche Obama chiese la stessa cosa al mio amico Letta e non ottenne risposta mentre gli americani per far ripartire la produzione automobilistica, a cominciare dalla Chrysler, hanno riempito di soldi pubblici le aziende del settore che in capo ad alcuni anni li hanno restituiti all’erario americano. Dovendo far ripartire l’economia italiana, dunque,vanno trovate risorse adeguate per un piano quadriennale di sviluppo secondo le linee prima descritte. I soldi vanno trovati la dove ci sono secondo l’insegnamento di monsignor de La Palisse ma non con folli tassazione. Io infatti, contrariamente a quanto mi accusa l’amico Feltri, sono contro ogni patrimoniale per i suoi effetti recessivi. Penso invece che la ricchezza nazionale (il 10% degli italiani ne controlla il 45% e cioè oltre 4mila miliardi di euro) debba essere chiamata a dare una mano al paese perché salvandolo salva anche se stessa. Un contributo volontario, ripeto volontario, tra 30mila e 5mln di euro a secondo del reddito o del fatturato da versare in due annualità alla banca d’Italia per abbattere il debito pubblico darebbe un gettito secondo le mie stime accurate di almeno 120mln di euro con un abbattimento del debito di 8 punti di pil e con un risparmio tra 7-10 mld di euro nella spesa per interessi in ragione d’anno. In quattro anni 40 mld al servizio della nostra economia reale piuttosto che darli alla finanza nazionale e internazionale. Ma il “volontariato” va incentivato ed allora ai contribuenti che volontariamente danno un contributo a fondo perduto allo Stato per quattro anni non avranno accertamenti fiscali dallo Stato a condizione che La loro massa imponibile aumenti dell’1,5% in ragione d’anno. Insomma uno scambio virtuoso dando fiducia e credibilità a quanti in questo momento tragico da economia di guerra dovessero dare altrettanta fiducia la paese. Ma queste risorse non sarebbero, a mio avviso, ancora sufficienti per gli obiettivi che tutti vogliono raggiungere. Ed allora potrebbe essere messo un vincolo di portafoglio alle casse previdenziali pubbliche e private che hanno investito 200mld di euro e che ogni anno ne investono e reinvestono alcune decine di mld perchè comprino immobili pubblici utilizzati dalla PA e messi a reddito per almeno dieci miliardi annui per 4anni e chiedendo, nel contempo, all’Europa di utilizzare i fondi europei per i primi 4 anni senza cofinanziamento nazionale viste le condizioni della nostra finanza pubblica. Avremmo con queste tre misure una somma di oltre cento miliardi di euro da immettere nella economia reale senza necessità di tagli che vanno pure fatti, ma quando l’economia cresce non quando è in recessione. Ho detto un cumulo di sciocchezze? Se qualcuno mi argomenta in tal senso e fa proposte che hanno uguali effetti di liquidità verso l’economia reale io non mi offendo e sarò anzi il primo ad applaudire.
Buongiorno Onorevole,
Amo svegliarmi presto, l’aria che si respira al mattino ha un sapore migliore é più fresca, é più pulita.
Le Sue proposte non sono banali anzi hanno quella parvenza di fresco e di pulito che a me tanto piace.
Onorevole mi dispiace dirlo ma sono banali questi i politici dei tempi moderni. “Mezzi uomini,ne buon e ne malament, micciariell!(mio nonno ex partigiano cosi li definisce)”che vanno in giro per i tolk show a dire sempre le stesse cose, meno tasse sulla casa, meno tasse sulle imprese, gl’ immigrati rubano e hanno l’Ebola…queste sono Banalità!
Mi chiedo: quale scuola politica hanno intrapreso? Mah…Di sicuro sono stati rinchiusi a lungo nelle loro sezioni e in qualche salottino illustre.
La politica é idee, é coraggio, é onore, é l’arte di vedere dove gl’altri non vedono.
Mi permetto di chiudere con una frase di Gramsci:
Istruitevi perché abbiamo bisogno di tutta la vostra intelligenza.
Organizzatevi perché abbiamo bisogno di tutta la vostra forza.
Un saluto di cuore.
Carmine (un ventisettenne qualunque)
In particolare, relativamente al primo aspetto, chi svolge un attivita lavorativa specialmente di tipo operativo, necessita per lavorare sui cantieri del Durc o certificato di regolarita contributiva; ma se risultano contributi Inps o Inail insoluti, gli enti previdenziali bloccano il rilascio del certificato, paralizzando l’attivita e impedendo la partecipazione a qualsivoglia gara d’appalto.