articolo pubblicato su Il Foglio Quotidiano il 15 settembre 2015
Abbiamo un grande rispetto per il ministro Padoan e per quanti, come l’onorevole Yoram Gutgeld ed il professor Perotti e i loro colleghi, attendono ad uno dei compiti più ingrati e più difficili della politica, la riduzione e/o la qualificazione della spesa pubblica. Il ricordo di notti antiche passate in bianco sull’argomento ha lasciato un segno profondo nella nostra cultura politica da cui deriva, per l’appunto, la comprensione per alcuni e lo sdegno per altri che parlano senza conoscere e quindi senza capire. Detto questo, però, va subito ricordato ciò che non è saggio fare in questa opera complessa. Non lo è quantificare il gettito della lotta all’evasione per poi utilizzare quel gettito sperato come copertura finanziaria. Una pratica di questo genere porterebbe inevitabilmente ad aprire la porta a quel debito sommerso che è stato una delle caratteristiche degli ultimi venti anni e la cui cartina di tornasole è stato l’accumularsi in maniera spaventosa dei debiti della pubblica amministrazione verso i propri fornitori. Alla stessa maniera è utile nella previsione del gettito fiscale rimanere prudente come rimangono tutti i ministri finanziari perchè nella vita di un paese eventi straordinari e non previsti accadono sempre e mantenersi prudenti nella stima delle entrate è cosa, per l’appunto, molto saggia. Un tempo lontano era il PCI spesso a fare emendamenti di spesa coprendoli con un aumento della previsione delle entrate, ma il PCI non era al governo e quindi aveva una libertà “poetica” proprio di chi sta all’opposizione . Altro comportamento virtuoso è non ricoprire aumenti di spesa corrente o di minori entrate correnti con entrate straordinarie “una tantum” perchè puntualmente si finisce per schiantarsi contro il muro della realtà. Sul terreno del taglio della spesa va tenuto presente che tra la decisione di un taglio di spesa corrente e la sua effettiva realizzabilità c’è sempre un tempo di latenza (almeno 4-6 mesi) e quindi nel primo anno il beneficio del taglio sarà parziale. Non è un caso la spesa in conto capitale è più facile a tagliarsi perchè il suo effetto è immediato ma in una stagione di bassa crescita, nella quale gli investimenti pubblici già sono in parte crollati, fare tagli alla spesa in conto capitale è in netto contrasto con la più fondamentale esigenza del paese, quella di far crescere la propria economia ferma sostanzialmente dal 1995. Le agevolazioni fiscali su imprese e famiglie appartengono a quell’area dove il taglio è immediato anche se per i destinatari di quel taglio questo rappresenta un aumento delle tasse. D’altro canto le agevolazioni fiscali non vanno criminalizzate o benedette in generale perchè il loro valore va parametrato sui bisogni e sull’effetto prodotto sulla crescita economica del paese. Le cose dette presuppongono un piano triennale non solo programmatico ma descritto anche contabilmente per evitare, ad esempio, l’errore di finanziare una misura per un solo anno come è accaduto per gli 80 euro, perchè l’anno successivo si porterà dietro un beneficio già vissuto dalla società come permanente e che dovrà, invece, ritrovare una nuova copertura finanziaria. Il riferimento per il prossimo anno è al presunto gettito previsto dagli accordi internazionali per facilitare il rientro dei capitali il cui gettito è pura previsione. Ci rendiamo conto che chi governa avrebbe bisogno anche di suggerimenti su cosa fare. Per quanto ci riguarda lo abbiamo detto più volte anche nel dettaglio da queste colonne. Oggi ripetiamo solo la linea politica che si dovrebbe adottare. È tempo, forse, che anche la ricchezza nazionale faccia la sua parte visto e considerato che negli ultimi 15 anni l’onere delle correzioni dei conti pubblici è stato posto a carico del ceto medio e di quello medio basso. E le forme per far questo, esclusa la patrimoniale che è recessiva, possono davvero essere tante sia sul versante dei tagli che su quello delle entrate.
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