Fermare la recessione della civiltà napoletana

articolo pubblicato su Il Mattino il 1 ottobre 2015

La manifestazione de Il Mattino al San Carlo lo scorso lunedì alla presenza del Presidente Mattarella ci ha commosso non solo per la musica di una grande orchestra ma innanzitutto per l’impegno profuso dai ragazzi di Giffuni che descrivendo la storia del più autorevole giornale del Mezzogiorno hanno fatto una carrellata sulla dolente storia di Napoli, una delle città più affascinanti del mondo, e sul Mezzogiorno avviato ,forse, verso un crollo irreversibile. La crisi napoletana è talmente grave che quando si pensa che si sia toccato il fondo si scopre inorriditi che c’è un altro baratro in cui si rischia di precipitare rovinosamente. Due ultime cose, infatti, ci hanno sconcertato. La prima. A otto mesi di distanza dalle elezioni amministrative le cosiddette forze politiche sono tutte diventate “novelli Diogene” che, con la lanterna della furbizia, cercano un candidato credibile per guidare Napoli in un possibile sentiero di riscatto. Lo cercano, lo invocano, ma sinora tutto è vano. Il filone di una politica alta sembra esaurito da tempo. Ma come, in una città che appena sei mesi fa ha organizzato circa 20-22 liste per le elezioni regionali i cosiddetti partiti non hanno ancora chi proporre per la carica di Sindaco? Che liste erano, allora, quelle che sostenevano i vari candidati a presidente della regione Campania? Pallidi spettri da caravan-serraglio per raccogliere voti per simpatia, per amicizia, per clientela, per intimidazioni mascherate o scoperte, saliti su questo o su quel carro? Interrogativi che ci angosciano perchè, per antica cultura, non siamo portati nè alle generalizzazioni nè al catastrofismo ma sgomenta che un’intera classe dirigente non abbia qualche energia da mettere al servizio di questa città addolorata. Un sindaco non si improvvisa e dopo venti anni di amministrazioni diverse sulle quali è meglio sorvolare, purtroppo nessuno dei partiti ha un “parterre” di possibili sindaci che non abbiano già dato prove negative e che abbiano oggi una visione politica e una credibilità necessaria per un riscatto da troppo tempo atteso. In questo vuoto politico, purtroppo, la società napoletana affonda sempre più in un pantano di recessione e di invivibilità. La seconda cosa che ci lascia interdetti è l’ennesima vicenda del Gruppo Romeo. Dopo tre anni di sequestro cautelativo di una ingente somma su istanza del Comune di Napoli, Alfredo Romeo e il suo amministratore sono stati ancora una volta assolti addirittura in udienza preliminare dalle accuse di peculato e non so di quanti altri reati e le somme sono state dissequestrate. Sino a quando questo gruppo imprenditoriale che dà lavoro a centinaia e centinaia di persone dovrà subire ancora quella che appare sempre più come una persecuzione davvero incomprensibile? L’attuale amministrazione comunale nel 2012 interruppe la convenzione con il Gruppo Romeo che in 8 mesi aveva dismesso immobili comunali per 108 milioni di euro facendo respirare così i conti della città e da quella data l’amministrazione non è riuscita a vendere neanche un vano aggravando così i propri conti. Dinanzi a questo altro incredibile episodio non si è levata alcuna voce politica in difesa della dignità e della libertà di un gruppo industriale e di una persona più volte ingiustamente vilipesa. Due episodi che sembrano distinti e lontani tra loro e pure sono uniti da un filo di acciaio fatto di incompetenza e di inadeguatezza dei poteri tutti che lascia la società napoletana smarrita ed attonita. Cosa fare allora? Non ho certezze o verità da rivelare ma partendo da una città straordinariamente in sfacelo è giunto forse il momento per una iniziativa altrettanto straordinaria sul piano politico. Alcune personalità di diversa estrazione culturale e politica costituiscano una proposta nominativa di una giunta straordinaria guidata da una personalità terza rispetto alle forze politiche e si propongano alla città, ai partiti e a quanti volessero sostenerla con le proprie liste (solo per evitare fraintendimenti,noi siamo fuori per età e per salute). Forse è una follia politica, ma le condizioni di Napoli richiedono una follia creativa, una invenzione che da un lato abbia l’autorevolezza politica per dare una mano alla città e dall’altro offrire ad un sistema partitico sfarinato il tempo per riscoprire sentieri virtuosi per una diversa selezione della propria classe dirigente e per appropriarsi di una cultura amministrativa entrambe smarrite. Se così non sarà, vedremo ancora una volta inlanguidire personalità come quella del mio amico Raimondo Pasquino, grande rettore universitario,verso il quale ho un grande rimorso, quello di averlo convinto all’epoca di scendere in lotta guidando alcuni fantasmi dell’opera. In un tempo lontano fu questa trasversalità tra forze politiche diverse a dotare Napoli di alcune eccellenze industriali, infrastrutturali e di ricerca che restano ancora oggi a testimonianza di un fruttuoso sforzo comune.

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